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Gotthard: E sono 30! 

Gian Luca Verga riassume trent'anni di carriera, tredici album in studio e un'alchimia rock unica che continua ancora oggi. Una personale Stairway to Heaven percorsa un gradino alla volta

  • 11 ottobre 2022, 11:47
  • 24 giugno 2023, 00:19
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  • Manuel Schütz Photography

30 anni dall’esordio discografico “Gotthard”, album eponimo che svela al mondo la band e le coordinate artistiche: chiare, precise, granitiche. Steve, Leo, Hena e Marc non hanno ancora 30 anni, sono cresciuti a pane e rock, con una voglia infinita di cavalcare quel sogno che coltivano da sempre. In Ticino Leo e Steve son già conosciuti per animare la scena rock in band e progetti di un certo rilievo. La seconda parte degli anni Ottanta è effervescente per la scena regionale, che vanta una miriade di gruppi, locali dove suonare, piccoli e grandi festival affamati di musica. Palchi da cui dispiegare le ali e spiccare il volo. Senza bruciarsi. I capelli sono folti e lunghi, i jeans strappati, le borchie luccicano. Si mettono di buzzo buono, lavorano sodo cercando di far quadrare vita professionale e inclinazioni artistiche, che ormai premono, rivendicano una centralità maggiore. E accade il miracolo, che poi di arcano non ha proprio nulla. È la somma di molti fattori, tra i quali l’indubbio talento sempre e comunque da arare e affinare, la cocciutaggine, la coerenza, l’istinto di scegliere e attorniarsi delle giuste persone. Ma è un’alchimia che se fosse orfana della passione infinita per la musica, il vero propellente che ancora oggi li muove, non garantirebbe quelle magie che invece e ha generato copiosamente. Non avrebbe loro permesso di licenziare 13 album in studio oltre a una serie di raccolte e dischi dal vivo e di infiammare i palchi del globo. E soprattutto di proseguire sulla strada del rock lastricata anche da immani sofferenze.

La loro è davvero una storia virtuosa, conosciuta e già tramandata ai posteri. Che si è arricchita e nutrita di volti e voci e nuovi compagni di viaggio, Nick Maeder in primis. A lui, romando d’Australia, l’onere e l’onore di raccogliere un’eredità ingombrante e vestire le canzoni con la sua voce. Ed è un compito svolto a meraviglia. E come ogni poema epico che si rispetti racconta 30 anni di gioie e dolori, di luci (molte) e qualche ombra. In sostanza è la vita che si manifesta compiutamente e con potenza. Che spesso è madre benevola ma a volte matrigna, beffarda e irrispettosa. In cui si intrecciano affetti e passioni, tournée internazionali, concerti-evento, premi e addii dolorosi. Decenni da incorniciare per la scrittura musicale fedele al verbo dell’amato rock muscoloso e viscerale, che non disdegna di sperimentare un catalogo di suoni e stilemi per respirare al passo coi tempi. Senza scordare l’assoluta maestria nel regalarci ballate intense che toccano le differenti corde dell’anima. Se la musica è un ponte per comunicare e facilitare la comprensione i Gotthard sono dei provetti ingegneri capaci, soprattutto dal vivo, di colpire dritto al cuore.

Steve Lee, la voce gentile del Rock

Ricordando Steve
“Noi crediamo nella vita, nella sua bellezza, nella sua potenza.” Steve me lo ripeteva spesso, con la luce negli occhi, perché era così: solare, ma con annidati grappoli di nuvole, ottimista, goloso e rispettoso della vita; attento al prossimo e alla cura costante della propria anima. Lo era agli inizi della sua carriera, lo è stato fino all’ultimo. Lo frequentai come molti dall’epoca dei Forsale e del loro splendido concerto in piazza Grande a Locarno. E non sapeva ancora Steve che in quella piazza sarebbe tornato anni dopo per registrare con l’affetto di una folla oceanica e l’ugola siderale di Montserrat Caballé, “Defrosted”. Anzi da prima ancora, dall’avventura coi Trouble quando allora percuoteva piatti e tamburi e supportava la voce di Flavio. Poi la genesi dei Gotthard e la possibilità finalmente di esprimere compiutamente la propria anima musicale attraverso una straordinaria vocalità; che andava a irrobustirsi, caricandosi di colori e di un’energia dirompente che gli permetteva di vincere alcune leggi della fisica. E delle intime frizioni esistenziali.

I primi programmi, il primo disco presentato in assoluta anteprima alla nostra radio e di cui conservo ancora una “lacca” autografata, i primi concerti. Ed eccoli spiccare il volo. E tra i mille ricordi e chiacchierate, le condivisioni fradice di musica, vita, ambizioni e speranze uno tra i più vividi risale al dicembre del ’92, al loro primo tour inglese quale supporto dei Magnum. Mi invitano a Londra per il concerto finale. 3 giorni e tre notti a spiluccare parmigiano e affettati ticinesi su quel bus che era stato la loro casa tra concerti, servizi fotografici, interviste e i loro sguardi stupefatti e luccicanti, spalancati sul mondo e sulla strada che le loro vite stavano percorrendo. Mi invento una diretta, con loro, dagli studi della BBC di Whitehall. Ciò che successe tra i corridoi, gli uffici e le segreterie dei paludati funzionari britannici che ci ripresero per la nostra “esuberanza latina” appartiene ormai alla leggenda. La notte la consumammo fino alle prime luci dell’alba in un club a far festa, a parlar di musica, anima e vita. E di come i loro sogni, coltivati con impegno e sacrifici si stavano materializzando. Ed era uno spettacolo osservarli ed ascoltarli avvolti dall’adrenalina, dal sudore e dalle lacrime di gioia. Un altro, importante gradino della loro personale “stairway to heaven” era scalato.

Ricordi indelebili, emozioni che attraversando il tempo ancora riverberano. Mischiandosi a successive altre condivisioni, concerti, incontri, interviste, chiacchiere banalmente quotidiane. Fino al veloce sms che ci scambiammo nell’agosto del 2010, dopo l’incidente autostradale in Toscana, quando l’angelo del rock allora gli venne in soccorso. E fu davvero beffardo il destino che ci tolse poco dopo una persona buona davvero, affabile, rispettosa della vita altrui. Sempre in prima fila quando lo si chiamava per aiutar i più bisognosi. Rispettoso e grato alla musica e a ciò che la musica gli aveva e gli stava dando. Un dono, una voce, un lungo brivido che fortunatamente noi ancora possiamo condividere.

(Gian Luca Verga)

La grande festa “Gotthard #30”

Una serata di festa, musica, ospiti e sorprese per celebrare i 30 anni dei Gotthard!
Lugano, Auditorio RSI, 12 ottobre 2022, ore 20:00.
Presentano Sandy Altermatt e Gian Luca Verga

Nel 1992 col loro primo omonimo album la loro musica, la musica di Leo, Steve, Hena e Marc entrava con prepotenza nelle nostre vite per non lasciarle più. Trent’anni in cui la formazione pur mutando pelle ha firmato canzoni, concerti e “meraviglie” confermando sull’arco del tempo una qualità artistica cristallina avvallata dai premi e dai riconoscimenti anche interazionali. Ma ciò che più conta è quell’affetto popolare che non cessa di manifestarsi da trent’anni. Una festa era quindi doverosa per ringraziarli e godere una volta ancora delle loro canzoni, molte delle quali sono ormai dei “classici” senza tempo che ben si prestano alle differenti interpretazioni che gli artisti inviati proporranno. Un cast artistico importante, con ospiti a sorpresa e immagini d’archivio per una festa dedicata ai nostri beniamini: auguri Gotthard, buona e lunga vita!

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