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I dischi del mese di aprile 2023

Rassegna stampa musicale internazionale con: Blanco, Jessie Ware, Susanne Sundfør, The National, Everything but the girl

  • 01.05.2023, 23:29
  • 14.09.2023, 09:01
blanco innamorato

Blanco

  • Ph. Chilldays

Ogni mese guardiamo alle uscite degli ultimi trenta giorni, lasciandoci guidare dalle recensioni delle testate specializzate. Dalle star affermate all'underground, ecco gli album che meritano ascolto e attenzione.

Italia: Blanco, Innamorato

Innamorato non è, diciamolo, nulla di trascendentale, né tantomeno un rilancio ambizioso come quello intrapreso da Madame con L’amore, ma è un lavoro consistente che introduce i caratteri più classici della canzone italiana all’interno dell’estetica sonora dell’artista. Blanco non è quindi un rapper, un trapper, o un cantautore. Non è nemmeno un cantante classico, né qualcosa di estremamente moderno. È bensì un ibrido di tutto questo, la soluzione fluida della Gen Z alle iper-categorizzazioni che l’hanno preceduta. Gli urlatori sono una cosa d’altri tempi, certo, ma Blanco ne inaugura una versione 2.0, tradotta per la Gen Z, con la legittimazione ufficiale di Mina.
(Rollingstone.it)

UK: Jessie Ware, That! Feels Good!

What's Your Pleasure? del 2020 è stato l’album della trasformazione, per Jessie Ware: una spettacolare esplosione di autostima. Tra gli album di musica dance, pochissimi – oltre a Renaissance di Beyoncé – sono stati in grado di camminare sulla linea sottile tra omaggio alla disco e autentica innovazione. Nel caso di Jessie, entrambi gli ultimi album sono più che album “da discoteca”, ma riassumono la storia della musica dance nel suo complesso, mettendo insieme funk, Hi-NRG e new wave in un mix patinato e decisamente adatto al XXI secolo. That! Feels Good! Cementa lo status della Ware come una delle più importanti artiste dance oggi in attività.
(Glidemagazine.com)

NORVEGIA: Susanne Sundfør, Blómi

La musica di Susanne è difficile da etichettare. È certamente - e profondamente - influenzata dalla cultura pop europea, ma esplora anche l'elettronica, il folk e altri generi. C’è davvero un po' di tutto nella sua musica. Per questo disco, però, si è fortemente orientata verso il folk: non nel senso più tradizionale del termine, ma in quello di creare un'atmosfera familiare, le mani sporche, il sale della terra. Quest'album sembra un messaggio, per sua figlia e per tutti gli altri che ama.
(Theprogmind.com)

USA: The National, First two pages of Frankenstein

Non sarebbe stato realistico pensare di eguagliare la qualità di I am easy to find del 2019: quell'album, con la sua ambizione cinematigrafica, sembra un'esplosione di luce, un momento unico in una carriera. Non sorprende quindi che Frankenstein segni un ritorno ai fondamentali. È invece un po' più sorprendente quanto suoni stantio. Ci sono momenti piacevoli, certo: i crescendo in Grease In Your Hair e Eucalyptus, il pacifico minimalismo di Send For Me o le chitarre scintillanti di Ice Machines, che riportano alla mente il recente lavoro di Aaron Dessner con Taylor Swift. Ma anche per le canzoni più efficaci, l'impatto non va oltre una sensazione di piacevole familiarità.
(Undertheradarmag.com)

UK: Everything but the girl, Fuse

In un certo senso, il disco nella sua interezza potrebbe essere letto come un viaggio attraverso la notte, dall'uscita all'abbandono disordinato nel club, avanti fino alla ricostruzione, alla riscoperta di sé, alla mattina. Lost ad esempio cattura un momento in cui l'onda positiva crolla, e i pensieri ossessivi si intromettono. Thorn canta di cose perdute ("Ho perso la testa la scorsa settimana... le mie borse... il mio cliente più importante... il lavoro perfetto... la trama"), le parole pronunciate con indifferenza zen, accentuate da note di sintetizzatore ripetute. Finché non arriva una perdita più profonda e significativa, ripetuta tre volte nella frase finale: "Ho perso mia madre".
(mojo4music.com)

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