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La musica artificiale è già qui, e sono tutti preoccupati

I casi Fake Drake e Aisis hanno portato sotto i riflettori le nuove frontiere dell’AI applicata alla musica. E i problemi legali, etici e creativi appaiono per ora senza soluzione

  • 20 April 2023, 21:18
  • 14 September 2023, 07:01
  • POP & ROCK
  • MUSICA
Drake - Views

Ecco l’ennesimo articolo sull’argomento più sfruttato dal giornalismo mondiale nell’anno di grazia 2023: l’intelligenza artificiale. Che per carità, rispetto ad altre bolle tecno-culturali, sembra destinata ad avere davvero un impatto importante sulle nostre vite e sul nostro futuro. L’intelligenza artificiale non è Clubhouse, certo. E tuttavia di AI si parla davvero troppo, in questi giorni. Personalmente, ne avrei fatto anche a meno. Ma poi.
Poi, nell’arco di pochi giorni, ecco online pezzi virali di Drake e The Weeknd, perfino un nuovo disco degli Oasis. Falsi. O meglio, verosimili. Creati con l’AI. E allora, anche il mondo della musica non può più limitarsi semplicemente a ignorare l’argomento.

Lo scorso weekend, l’utente di TikTok Ghostwriter977 ha caricato sulle piattaforme di streaming Heart On My Sleeve, una canzone canata da due voci incredibilmente simili a quelle di Drake e The Weeknd: secondo il creatore, sintetizzate grazie all'intelligenza artificiale. Non è chiaro se l'intera canzone sia stata creata con software AI (caso che renderebbe la notizia molto più preoccupante, in un certo senso) o solo le voci. Ma in ogni caso tra Youtube, Spotify, Apple Music, Tidal e TikTok (che rappresenta la fetta maggiore) il brano -o alcuni suoi frammenti- era stato ascoltato più di 15 milioni di volte, e subito soprannominato Fake Drake. Martedì è stato rimosso da tutte le piattaforme (anche se, ovviamente, trovarlo ancora in rete non è difficile).
La Universal, casa discografica sia di Drake che di The Weeknd, ha dichiarato che questo tipo di canzoni viola il copyright e anche gli accordi tra etichette e servizi di streaming, e che “le piattaforme hanno la fondamentale responsabilità legale ed etica di impedire l'uso dei loro servizi in modi che danneggiano gli artisti”.
Fin qui, la cronaca. Rimangono però molte domande.

Hit create con l'AI: chi ci guadagna?

La prima riguarda i soldi, come sempre. Heart on My Sleeve è stata un successo, con circa tre milioni e mezzo di stream sulle piattaforme musicali (questo numero invece esclude i social network). Facendo un calcolo di massima, alcune testate specializzate hanno calcolato che questi ascolti valgono circa 17.000 dollari in diritti d’autore. Ma i servizi come Spotify utilizzano attualmente un modello di royalty cosiddetto “pro-rata”, in base al quale la maggior parte del denaro pagato dagli abbonati viene messo insieme, e poi partendo dalla somma totale ogni artista/etichetta riceve una percentuale corrispondente alla sua percentuale di stream rispetto al totale. Ciò significa che il denaro pagato da un singolo abbonato viene regolarmente versato ad artisti che non ha mai ascoltato, ma anche che le royalty guadagnate da Heart on My Sleeve sono soldi che non saranno pagati ad altri artisti. Quindi una componente AI sottrae effettivamente un compenso a musicisti umani. Il che non significa che questo succederà: le royalty per lo streaming sono generalmente pagate su base mensile, lasciando dunque alle piattaforme tempo per individuare violazioni del copyright e altri tentativi di frode. Ma questo, lo è effettivamente?

Più radicalmente: canzoni costruite con la tecnica del deepfake potrebbero essere considerate illegali? Tornando al caso di Heart On My Sleeve, rimane una composizione originale, che copia solo lo stile di Drake e The Weeknd (se volessimo riassumere in un altro modo: è pop contemporaneo), quindi la violazione di diritto d’autore è impossibile. L’imitazione delle voci però potrebbe rappresentare una violazione del diritto di controllare il modo in cui la propria identità individuale viene sfruttata commercialmente da altri. Sono diritti che ci proteggono dal furto di identità in generale, ma possono estendersi alla voce di qualcuno se quest’ultima è particolarmente nota. D’altra parte l'anonimo autore Ghostwriter977 non ha fatto riferimenti a Drake e The Weeknd sulle piattaforme di streaming, e su TikTok ha dichiarato chiaramente di essere lui il creatore della canzone, pur se con l’aiuto (quanto?) dell'intelligenza artificiale.
Quindi, Heart On My Sleeve è solo una canzone cantata da due voci che suonano come quelle di Drake e The Weeknd. E non ci sono leggi contro qualcosa del genere, non potrebbero essercene: se un cantante ha una voce molto simile a quella di Stevie Wonder e volesse fare un pezzo con il suo stile, nessuno potrebbe impedirglielo. Già da molto tempo vengono prodotte cover di canzoni famose, cantate da voci molto simili a quelle originali – che però hanno il pregio di costare meno in diritti, quando vengono usate come sottofondo per negozi e ristoranti.

L'addestramento musicale delle intelligenze artificiali

Al contrario di quella umana, però, l’imitazione di un software nasce più direttamente dal materiale originale, che viene analizzato e riprodotto in modi molto più approfonditi di quelli umani. Per questo la Universal aveva già chiesto ai servizi di streaming impedire alle società che si occupano di intelligenza artificiale di accedere ai brani protetti da copyright usati allo scopo di "addestrare" le loro macchine.
Le piattaforme di intelligenza artificiale imparano infatti a produrre materiale originale analizzando e “digerendo” grandi quantità di opere esistenti. Niente di nuovo, insomma: per ottenere un output, c’è bisogno di molti input. Oggi sono in molti, nell’industria musicale, a sostenere che bisognerebbe bloccare gli input, e quindi l’addestramento delle macchine, se vogliamo proteggere le opere. Si tratta più o meno dello stesso approccio di Getty Images, che ha intentato una causa contro le società di intelligenza artificiale che avrebbero passato al setaccio il suo database per ottenere input utili all’addestramento dei software che creano immagini.
Forse però è già troppo tardi per preoccuparsi di questo, perché la musica è disponibile anche al di fuori delle principali piattaforme. Inoltre, milioni di composizioni sono già state date in pasto alle intelligenze artificiali, e nessuno – tranne i programmatori – sa esattamente quali e quante.
Dunque, potrebbe essere il caso di preoccuparsi del problema successivo, cioè di capire come proteggere i diritti degli autori umani “usati” dai software per comporre nuove forme musicali, un po’ come è successo con i campionatori: un tempo qualsiasi pezzo poteva essere campionato senza problemi né pensieri, oggi le cose sono cambiate.
Ma ecco arrivare la domanda conseguente: se l’uso dei campionatori ha portato la musica verso una nuova rivoluzione grazie alla creatività di produttori e DJ, succederà lo stesso con l’intelligenza artificiale? Arriverà musica nuova e sorprendente? O ci sarà al contrario una crisi che ci porterà a sentire musica sempre uguale a sé stessa? E sarà peggio della mortale omogeneizzazione della musica pop a cui siamo già arrivati oggi, anche senza l’aiuto dell’intelligenza artificiale?

Liam Gallagher e gli Aisis

Dubbi e domande, martellanti per un’intera industria. E che tuttavia non sembrano preoccupare molto Liam Gallagher.
È infatti recentissima la notizia che racconta come i Breezer, una band inglese finora sconosciuta, abbiano scritto otto canzoni con lo stile degli Oasis di fine anni Novanta, le abbiano incise e poi abbiano clonato la voce di Liam Gallagher tramite l’impiego dell’intelligenza artificiale, per cantarci sopra. Il risultato si chiama Aisis, ed è stato piuttosto apprezzato dai fan della band. Ma anche da Liam, che sollecitato sul suo seguitissimo profilo Twitter, ha risposto lapidario: “I sound MEGA”.
Forse abbiamo trovato la soluzione: saranno le stesse rockstar, ormai invecchiate, a ringiovanire la propria voce grazie all’AI, per suonare sempre forti come a vent’anni. Eccola, l’immortalità a portata di mano. E se vi sembra inquietante anche questo, aggiungetelo pure alla nostra lunga lista di dubbi.

Che si chiude con l’ultimo: e se anche il Fake Drake di Heart On My Sleeve fosse una trovata di marketing della Universal, e in ultima analisi di Drake stesso?

Michele R. Serra

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