Economia e Finanza

La crisi delle big tech

I giganti della tecnologia corrono ai ripari con i licenziamenti - L'economista Sergio Rossi: "Settore alimentato dalla speculazione durante la pandemia"

  • 11 febbraio 2023, 06:53
  • 8 febbraio, 12:14
Alphabet, la casa madre di Google, è tra le molte aziende che di recente hanno annunciato tagli

Alphabet, la casa madre di Google, è tra le molte aziende che di recente hanno annunciato tagli

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Di: Patrick Stopper

I colossi della tecnologia sono in difficoltà. Tanto che da diversi mesi le cosiddette big tech - giganti come Microsoft, Meta e Alphabet - stanno tagliando migliaia di posti di lavoro. Sono dodicimila i licenziamenti annunciati da Alphabet, la casa madre di Google. Undicimila quelli in seno a Meta, l'azienda di Facebook, Instagram e WhatsApp. E ristrutturano anche Microsoft, Amazon e Zoom, per citarne soltanto alcune.

Sono tutte aziende che negli ultimi anni hanno approfittato della pandemia. E che ora devono fare i conti non solo con il ritorno alla normalità, ma anche con la crisi energetica e i problemi legati alle catene di fornitura nell'industria elettronica, come spiega Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria all'Università di Friburgo, interpellato dalla RSI.

Sergio Rossi

Sergio Rossi

  • UNIFR/Maurizio Solari

Le big tech "avevano assunto molti nuovi collaboratori all'inizio della pandemia da Covid-19, quando per molte attività economiche esplose la necessità di lavorare da remoto e, perciò, di far capo alle moderne tecnologie della comunicazione, il cui utilizzo è aumentato in modo notevole anche per numerose attività svolte nel tempo libero" osserva l'economista.

La "bolla" delle big tech

Ora - dopo oltre due anni di restrizioni Covid - la situazione è cambiata. La stessa Microsoft, che a metà gennaio ha annunciato la soppressione di circa diecimila impieghi, parla di un provvedimento "in risposta alle condizioni macroeconomiche e alle mutate priorità dei clienti". Insomma, sono venute a mancare tutte le necessità che fino a poco tempo fa ruotavano attorno al telelavoro. "Ciò comporta un forte calo della domanda di servizi offerti dalle aziende tecnologiche, che devono ristrutturare le loro attività e pertanto ridurre il loro personale, anche a seguito del calo delle loro quotazioni in borsa" sottolinea Rossi, ricordando che le quotazioni "erano aumentate in maniera vertiginosa con l'impennata della domanda di telelavoro durante la pandemia".

La borsa di New York

La borsa di New York

  • Immagine d'archivio Keystone

E l'aumento delle quotazioni ha portato, negli ultimi tre anni, al rigonfiamento di una "bolla" nel ramo delle big tech. "Una 'bolla' alimentata dal comportamento speculativo di numerose istituzioni finanziarie - osserva l'economista - che hanno acquistato e fatto acquistare i titoli di queste aziende nei mercati borsistici, creando aspettative esorbitanti da parte degli acquirenti dei titoli, rispetto alle reali capacità di realizzare profitti in maniera crescente da parte delle aziende tecnologiche". E ora, di fronte a un notevole calo delle quotazioni in borsa, le big tech sono portate a operare licenziamenti di massa.

Quali sono le prospettive per il settore? Oltre al ridimensionamento in atto, bisogna aspettarsi fusioni e acquisizioni, sia negli Stati Uniti che in Europa. "A maggior ragione vista l'elevata incertezza che prevale nelle scelte aziendali sul piano globale a seguito delle tensioni geopolitiche tra le principali potenze mondiali, con riferimento sia alla guerra in Ucraina e alle sue conseguenze macroeconomiche sia alla rapida evoluzione tecnologica nel campo delle monete digitali e della finanza globale, a seguito della frammentazione della globalizzazione" afferma ancora Rossi.

Meta in difficoltà

Telegiornale 04.02.2022, 12:30

Nel post-pandemia, in difficoltà anche lo streaming

Le difficoltà si riscontrano anche in seno a quelle aziende tecnologiche attive nello streaming video e audio: Spotify ha annunciato il licenziamento di 600 persone, Disney Plus di settemila. "Crediamo che il lavoro che stiamo facendo per trasformare il nostro business intorno alla creatività, riducendo al contempo le spese, porterà a una crescita sostenibile e alla redditività della nostra attività di streaming" ha detto, negli scorsi giorni, l'amministratore delegato della Disney, Bob Iger. Netflix e Disney Plus hanno di recente registrato un calo degli utenti iscritti.

E anche in questo caso - sottolinea Rossi - le difficoltà sono da ricondurre all'uscita dalla pandemia, durante la quale anche queste aziende "avevano aumentato molto la loro forza lavoro per dare seguito alla domanda di contenuti audio e video da parte delle numerose persone che non volevano o non potevano più uscire di casa per recarsi al cinema o a un concerto musicale dal vivo a causa del confinamento e delle misure adottate contro la pandemia". Ora le prospettive future di queste aziende "replicano quelle delle aziende tecnologiche nella misura in cui opereranno nei prossimi anni delle ristrutturazioni che comporteranno numerosi licenziamenti".

La Disney prevede il taglio di settemila impieghi

La Disney prevede il taglio di settemila impieghi

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"Il taglio dei costi non aumenta i profitti"

In generale, i tagli di personale che le big tech stanno effettuando per ridurre i costi non permetteranno comunque di aumentare i profitti, "vista la loro necessità di investire in modo rilevante nella ricerca e nello sviluppo tecnologico per restare competitive nei mercati globalizzati" spiega il professor Rossi, che conclude: "Ci sarà comunque un certo miglioramento della loro situazione finanziaria, nella misura in cui i licenziamenti operati riguardano il personale dirigenziale o amministrativo. La forza lavoro impegnata nella ricerca e nello sviluppo tecnologico potrebbe anche aumentare e sarà essenziale per i risultati aziendali, oltre che per risollevare questo settore economico”.

La sfida delle intelligenze artificiali (e un errore che costa caro)

Sul fronte dello sviluppo tecnologico, la web economy sta ora percorrendo la strada dell'intelligenza artificiale. È su questa tecnologia che si basa per esempio ChatGPT, la piattaforma online in grado di ascoltare domande e dare risposte su praticamente qualsiasi argomento. Una piattaforma, sviluppata da OpenAI, che nelle ultime settimane ha registrato un vero e proprio boom di iscrizioni.

Ora ci prova anche Google, che intende sfidare ChatGPT con una sua intelligenza artificiale. Si chiama Bard ed è pronta per la fase sperimentale, come di recente annunciato dalla casa madre Alphabet. Nelle prossime settimane è poi previsto il lancio al pubblico.

Ma nel frattempo Bard ha già commesso un primo errore, che non ha mancato di pesare sul valore delle azioni Alphabet. È successo poco dopo la presentazione della piattaforma: in un video dimostrativo del suo funzionamento, è stata fornita una risposta sbagliata.

Secondo Google, Bard sarebbe in grado di elaborare testi anche su temi d'attualità. Ecco cos'è però successo alla richiesta di spiegare il telescopio James Webb a un bambino di nove anni: l'intelligenza artificiale - come si evince dal video - ha affermato che il telescopio ha fornito le primissime immagini di un pianeta esterno al sistema solare. Ma non è vero: le prime foto di un esopianeta sono state scattate nel 2004 dallo European Southern Observatory in Cile.

La conseguenza di una risposta sbagliata sul valore delle azioni Alphabet

La conseguenza di una risposta sbagliata sul valore delle azioni Alphabet

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Un errore che all'azienda è costato caro: dopo la diffusione del video dimostrativo, le azioni di Alphabet sono scese del 7%. E questo nonostante Google avesse comunque annunciato che al momento il sistema può ancora fornire delle risposte errate.

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