In Ticino si andrà al voto sul referendum finanziario obbligatorio, strumento che prevede la chiamata alle urne per ogni spesa di oltre i 20 milioni di franchi, ma anche su un controprogetto. Il Gran Consiglio ha infatti approvato martedì sera il testo di compromesso con 42 voti favorevoli e 38 contrari, ma l’iniziativa non è stata ritirata.
Il coinvolgimento automatico del popolo sulle spese approvate in Parlamento è uno strumento finanziario già in vigore in 18 cantoni svizzeri, in particolare quelli germanofoni. In altri 4 cantoni è invece stata introdotta la cosiddetta variante indiretta, che è pure quella scelta per il controprogetto ticinese: i deputati sono in questo caso chiamati a votare sulla referendabilità di fatture che superano i 30 milioni di franchi (o di almeno 6 milioni all’anno per 4 anni). Per approvare la referendabilità basterebbe un terzo di favorevoli tra i presenti, con un minimo fissato a 25 parlamentari favorevoli.
Morisoli: “Chi paga comanda”
A sostenere l’iniziativa costituzionale che chiede il referendum finanziario obbligatorio, depositata nel 2017 e corredata da oltre 12'000 firme, è stato il promotore e primo firmatario, il democentrista Sergio Morisoli, che lo aveva già proposto 6 anni fa, quando fu poi bocciato per pochi voti. Secondo Morisoli i conti del Cantone non tornano e “tra 4 anni il debito pubblico sfiorerà i 3 miliardi, in aumento del 56%. Una situazione drammatica, sfuggita ad un controllo tecnico e politico. Per questo dobbiamo rivitalizzare il sano principio svizzero ‘di chi paga comanda e chi comanda paga’, perché è bene che certe spese elevate non le decidano solo Governo e Parlamento, ma anche i cittadini che dovranno sostenerne la copertura”.
Il controprogetto, sempre a firma UDC
Sul tavolo dei parlamentari oggi c'era però anche un controprogetto proprio a firma UDC. Lara Filippini, relatrice del rapporto di maggioranza, si è infatti spesa per trovare un compromesso con i promotori dell’iniziativa che potesse convincere anche la maggioranza delle forze politiche. Il testo alternativo è stato - come scritto - approvato, ma Morisoli ha confermato l’intenzione di non ritirare l’inziativa originale. Da qui il doppio voto previsto, con il popolo che dovrà esprimersi sul referendum obbligatorio finanziario “tout court” e quello smussato dalla proposta nata in Commissione Costituzione e leggi.
Liberali, sinistra e Più Donne contrari; destra, PPD e MPS favorevoli
Tra le forze politiche che si sono espresse contrariamente al controprogetto, e di riflesso all’iniziativa, PLR, PS, Comunisti e Più Donne, preoccupati di vedere delegittimato il ruolo del Parlamento, ma anche dall’esplosione del numero di votazioni e dal rischio dell’imporsi di regionalismi su investimenti milionari che riguardano il territorio.
Lega, UDC e MPS sono invece favorevoli all'iniziativa, con la destra disposta a sostenere anche il controprogetto, spinto in particolare dal PPD.
Vitta: “Compromesso debole e rischio disaffezione dalla politica”
Il Governo, la posizione era nota, è fermamente contrario al principio del referendum finanziario obbligatorio, in quanto provocherebbe il rischio di “un'inflazione democratica”, con troppe votazioni che a loro volta rischiano di generare disaffezione verso la politica. Inoltre secondo l’Esecutivo la parsimonia e l'economicità della politica finanziaria è già garantita dal vincolo del freno ai disavanzi.
Per il direttore del DFE Christian Vitta inoltre il controprogetto non ha raggiunto il suo scopo: “Sono rimasti punti di divergenza ad esempio sul numero minimo di deputati necessari per far scattare il referendum, così come sulla soglia degli importi finanziari. Non si è quindi arrivati a un compromesso allargato”.
L’ultima parola, sia sull’iniziativa sia sul controprogetto, spetterà quindi al popolo.