Ticino e Grigioni

"La teoria del genere? C'è troppa confusione"

Il neurobiologo Giovanni Pellegri mette ordine nella polemica sollevata dall'agenda scolastica: "È un'occasione d'oro per discutere cose che ci disturbano"

  • 5 settembre 2023, 05:45
  • 22 aprile, 14:02

Cosa è la teoria di genere?

SEIDISERA 04.09.2023, 18:39

  • iStock
Di: SEIDISERA/Spi

Voltiamo pagina sull’agenda scolastica, per riaprirla sul tema scatenante la polemica, la cosiddetta “teoria di genere”. Tema complesso che il neurobiologo Giovanni Pellegri, intervistato a SEIDISERA, sviscera nei diversi suoi aspetti.

Ma prima, il direttore de L’ideatorio dell’USI torna sulla recente diatriba : “A me sembra che abbiamo davanti un’occasione d’oro per parlare di cose, come l’identità di genere o la sessualità, che ci disturbano e facciamo sempre un po’ fatica ad affrontare”.

Quanto alla “teoria del genere”, continua Pellegri, “l’aspetto divertente è che non esiste. In molti hanno confuso una presa di posizione in ambienti molto conservatori americani, ossia i 'gender studies' che cercavano di capire quale ruolo attribuire al maschile e al femminile nella nostra società. Si chiedevano cioè, se è vero che i maschi fanno i muratori e non lavano i piatti, le donne fanno le infermiere e stendono il bucato…”.

Al di là della battuta, continua il neurobiologo, “la domanda è profonda. Tutto ciò è scritto nei nostri geni oppure sono semplicemente atti culturali? Oggi noi sappiamo qual è la risposta, ma questi studi hanno cercato di identificare come la biologia va ad intrecciarsi con la cultura e la società per creare poi i ruoli maschili e femminili. Ma questo non c’entra nulla con la teoria del 'gender', perché questa non esiste ed è stata definita così da ambienti conservatori. Tradotta in italiano, è giunta a noi ed è stata una bella confusione”.

Nella radicalizzazione dello scontro sono state portate delle tesi e contro-tesi scientifiche. La biologia c’entra, ed eventualmente quanto, nell’identità di genere?

“Siamo esseri culturali, sociali e biologici. Quindi certo che c’entra, davanti ad una nascita la prima domanda - se è nato un maschietto o una femminuccia – ci si va subito a infilare in uno di questi due cassetti. A scuola lo si fa ancora, tutti i maschi a destra e le femmine a sinistra. Però dimentichiamo che, in verità, la questione è molto più complessa. Quando parliamo di sessualità, di teoria del gender, confondiamo quattro cose distinte”.

Quali?

“Innanzitutto c’è il sesso, quello biologico. Abbiamo dei cromosomi e degli ormoni, delle caratteristiche sessuali maschili e femminili, ma già qui incontriamo dei problemi perché la biologia non ha i cassetti stretti e ha molta più fantasia. Come ci sono diversi colori della pelle o livelli di colesterolo. Anche sulla questione biologica del maschile e femminile abbiamo tante situazioni diverse”. Quindi, prosegue Pellegri, “c’è il secondo elemento, l’identità di genere, ovvero una persona deve potersi collocare in un ruolo e qui è un miscuglio tra biologia e società”. Terzo, “c’è il ruolo di genere, citato prima, cioè i maschi fanno certe cose e le femmine altre e infine c’è l’orientamento sessuale. Quattro aspetti complessi, ma l’esercizio è muoversi all’interno di essi e discuterne in maniera tranquilla”.

Di cosa, secondo lei, hanno paura i no gender e i pro gender quando difendono le loro posizioni?

“Una giusta preoccupazione dobbiamo averla tutti. I genitori devono essere i primi educatori dei figli senza delegare unicamente allo Stato il compito di parlare di sessualità e affettività. Questa paura della supremazia della politica in ambiti intimi mi sembra un giusto timore. Non possiamo semplicemente delegare. Poi vi è evidentemente l’altra paura della crisi dei valori. Sappiamo che certi modelli classici stanno sgretolandosi e quindi ci si attacca in maniera più forte quando ci sono delle crisi. Però secondo me c’è un punto che è centrale…”.

L’aspetto cardine, continua Pellegri, “è che le due posizioni hanno qualcosa in comune. Di fronte alla complessità dell’essere umano i pro gender negano l’esistenza di un maschile o femminile, semplificando in un neutro generico. E questo non è vero, perché c’è un maschile e c’è un femminile. Ma la stessa cosa fanno i no gender, quando negano l’esistenza di questa paletta di grigi tra i due estremi, che esiste”.

Qual è quindi la conclusione?

“Le differenze e la diversità sono sempre qualcosa di scomodo. Facciamo fatica, quindi preferiamo avere un generico o due cassetti, magari politicamente corretti, piuttosto che affrontare la fantasia e la diversità del fenomeno umano”.

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