«Adversa coronant!». Attraverso le difficoltà si raggiunge il successo! Sul caratteristico frontone del grande edificio principale si legge questo motto della famiglia Cima, che svolazza in un cartiglio sopra lo stemma di Torre: si tratta di un invito alla resilienza e alla perseveranza. È un messaggio che ben rappresenta la storia della Cima Norma. Le vicissitudini dell’edificio - allagato, bruciato, abbandonato e riconvertito - il coraggio dei fondatori, i fratelli Cima e Giuseppe Pagani, e la storia del cioccolato che si produceva al suo interno, il marchio Cima Norma, che dopo anni di sonno da qualche tempo è rinato e ben presto tornerà a produrre nel suo luogo d’origine.
Un gruppo di uomini davanti alla stazione elettrica Cima ed alla fabbrica Cima Norma
La tradizione dei cioccolatai della Valle di Blenio
La Valle di Blenio ha un’antica tradizione di pasticcieri, gelatai, cioccolatai e cuochi, emigrati nei secoli in tutta Europa. Il più famoso è Maestro Martino da Torre, chef degli Sforza, Duchi di Milano e autore di un fondamentale ricettario di cucina di epoca rinascimentale. Un altro importante ambasciatore della tradizione dolciaria bleniese è stato Carlo Gatti, emigrato a Londra e considerato un pioniere nella creazione dei gelati. Questa tradizione si è particolarmente consolidata tra il Sette e l’Ottocento e ha portato, tra gli altri, i fratelli Cima a fare i cioccolatai a Nizza e i Pagani i ristoratori (di successo) a Londra.
Si tratta di famiglie bleniesi, che avendo fatto fortuna e riconosciuto le grandi possibilità offerte dalla nuova industrializzazione, decidono di rientrare in patria e investire nella produzione in valle. Una visione coraggiosa e positivista, che ha spesso accompagnato l’euforia della novità tecnica ed economica di questo cambiamento epocale. Questo spirito ha tra l’altro fatto nascere alcune interessanti realtà industriali nelle valli del Ticino: oltre alla fabbrica di cioccolato di Dangio-Torre, possiamo citare anche la fabbrica di orologi Challet-Manzoni di Arogno.

Un futuro senza industria
RSI Archivi 02.08.1968, 00:00
Nascita e storia della Cima Norma
I quattro fratelli cioccolatai, Rocco, Clemente, Ernesto e Bernardino Cima, aprirono nel 1903 la Fabrique de Chocolat Cima, presso il torrente Soia, che divideva Dangio e Torre. Grazie all’acqua che scendeva dall’Adula, si assicurarono una forza motrice per alimentare i macchinari e una componente fondamentale per la lavorazione industriale del cioccolato. Come sappiamo però, la vicinanza a un torrente in caso di forti nubifragi può portare anche distruzione, e così è stato per la nuova fabbrica, investita da una piena nel 1908.
In loro aiuto arrivò il bleniese Giuseppe Pagani, rientrato da Londra con mezzi finanziari e spirito imprenditoriale. Il suo ruolo diventò sempre più centrale: investì capitali, acquistò all’asta merce e macchinari dalla fabbrica di cioccolato Norma di Zurigo (da poco fallita) e creò una Società Anonima. Per facilitare gli spostamenti verso la sua amata Valle, Pagani promosse anche la costruzione della ferrovia Biasca-Acquarossa. Il progetto iniziale prevedeva che i treni proseguissero oltre Acquarossa, passando da Torre e giungendo fino a Olivone. Ma fino alla dismissione della linea, avvenuta nel 1973, i binari arrivarono solo fino a Acquarossa.
La fabbrica di cioccolato s’installò a Torre (sulla sponda sinistra del torrente), e aprì le sue porte alle persone della valle che volevano e dovevano lavorare. Diventò inoltre un importante acquirente di latte prodotto nelle fattorie della zona. Offrì una grande opportunità e crebbe di anno in anno. Gli anni d’oro furono quelli dal 1950 al 1960: le circa 350 maestranze impiegate in fabbrica producevano fino a 1500 tonnellate di cioccolata.
Tra i clienti della Cima Norma si contava l’esercito: il cioccolato infatti, si sa, è un alimento molto nutriente quindi utile per i soldati. Ma il cliente principale era l’Unione svizzera delle cooperative, che acquistava il 65% della produzione. Quando quest’ultima nel 1966 rescisse il contratto, scoraggiata tra le altre cose dagli alti costi di trasporto, la fabbrica si trovò in gravi difficoltà. Il 31 luglio 1968, anche i poco più di 60 operai rimasti persero il lavoro e la grande fabbrica chiuse i battenti.
La cioccolata della Cima Norma, 50 anni dopo
RSI Shared Content DME 04.02.2005, 18:00
Una grande fabbrica in una piccola valle
Il comparto che vediamo oggi è frutto di diversi ampliamenti realizzati negli anni. Il primo tra tutti fu necessario già pochi anni dopo l’alluvione del 1908: nel 1915 infatti, un incendio scaturito dal reparto di tostatura distrusse gran parte della fabbrica. Giuseppe Pagani fece ricostruire l’edificio ma soprattutto lo fece costruire molto più grande. L’architetto mantenne però la parete rimasta in piedi, riconoscibile ancora oggi per la differente conformazione delle finestre: se tutte le nuove aperture sono formate da bifore, le quattro aperture antiche presentano un unico arco.
Durante gli ultimi restauri (2025) voluti dai nuovi proprietari, sono state recuperate anche le decorazioni e la scritta “Fabrique de Chocolat Cima”, oggi ben visibili sulla facciata principale. Nell’archivio del famoso fotografo bleniese Roberto Donetta si trovano alcune preziose immagini della fabbrica poco dopo l’incendio e bellissimi scatti che ritraggono la Valle nei primi decenni del Novecento.
Dopo la ricostruzione, avvenuta nel 1916, la fabbrica includeva anche la cappella di san Giuseppe, il pensionato per le operaie, vari depositi, la ciminiera del locale caldaie e le officine meccaniche e artigianali per la costruzione e manutenzione dei macchinari. Un altro aspetto interessante da sottolineare è la presenza, sin dalla prima manifattura (1906), di una centralina elettrica adiacente la fabbrica, alimentata dall’acqua del torrente Soia.
Nuovi orizzonti per la Cima Norma
RSI Shared Content DME 12.10.2002, 19:00
Rinascita: loft, arte e finalmente torna il cioccolato
Non è facile far rinascere uno spazio così grande in una valle così lontana. Ma non si riesce nemmeno a resistere di fronte al fascino di questi ambienti dalle mille potenzialità d’uso, di fronte ai dettagli architettonici e decorativi che ricordano una storia gloriosa o ascoltando i racconti della gente che ha visto in questa fabbrica la porta miracolosa verso un benessere economico. E infatti negli anni la Cima Norma si è popolata di differenti attività: ha ospitato soldati, artigiani, fiere, atelier e residenze di artisti e, per diversi anni, esposizioni d’arte e performance interdisciplinari con il Cima Norma Art Festival.
La fabbrica ha però voglia di mostrare la sua storia, di sentire di nuovo il brulichìo degli operai, lo sfrigolio delle fave di cacao grigliate, il peso delle conche che lavorano e il profumo della miscela assemblata secondo la ricetta segreta di casa. E presto sarà accontentata!
La FoodYoung SA, che qualche anno fa ha acquisito il marchio Cima Norma e al momento produce a Balerna, sta preparando il rientro a casa e la fabbrica si sta facendo bella per questo momento importante! Il cioccolato Cima Norma sarà nuovamente prodotto nella fabbrica di Torre, e la sua storia verrà ripercorsa attraverso un museo del cioccolato, che aprirà nel 2026. Gli archivi della fabbrica sono stati studiati e hanno rivelato molte affascinanti pagine di storia bleniese che s’intreccia con la storia nazionale e internazionale.
Di grande fascino si è poi dimostrato essere il bellissimo dossier grafico della ditta: un’elegante grafica artistica al servizio di uno dei prodotti industriali per cui la Svizzera è famosa in tutto il mondo. Ma il progetto di Abouzar Rahmani non finisce qui. La visione è più ambiziosa e prevede di valorizzare il comparto e di chiamare in campo l’ospitalità e la bellezza della Valle del sole.

La fabbrica di cioccolato
RSI Archivi 01.01.1920, 00:00
Bibliografia
https://maestro-martino.ch
https://foodyoung.com
https://cimanorma.com
https://www.vallediblenio.ch
Valeria Frei, Ticino industriale. Una guida architettonica, con fotografie di Tonatiuh Ambrosetti, Casagrande, 2024.
Dominik Flammer, Schweizer Schokolade. Alpen, Milch und Pioniere, AT Verlag, 2025.




