Un ritorno alla collegialità e, in qualche misura, alla normalità. È questo il segnale che Papa Leone XIV sembra voler lanciare con la convocazione di un concistoro straordinario per il 7 e 8 gennaio 2026, all’indomani della chiusura della Porta Santa del Giubileo della Speranza. Una scelta che segna una certa discontinuità rispetto alla prassi del pontificato precedente, quando Papa Francesco aveva istituito nel 2013 il cosiddetto “Consiglio degli otto”, un gruppo ristretto di cardinali incaricati di assistere il Pontefice nel governo della Chiesa universale.
All’epoca, Jorge Mario Bergoglio aveva voluto imprimere una svolta decisa alla macchina curiale, ancora strutturata secondo l’impianto centralizzatore voluto da Paolo VI. Il cuore del potere era rimasto saldamente ancorato alla Segreteria di Stato, mentre molti dicasteri risultavano marginalizzati. Il Consiglio ristretto, nelle intenzioni di Francesco, avrebbe dovuto snellire i processi decisionali e rendere più efficiente la governance vaticana. Tuttavia, non mancarono le perplessità: diversi cardinali, soprattutto tra quelli esclusi dal nuovo assetto, lamentarono una perdita di collegialità e una marginalizzazione del Collegio cardinalizio.
Leone, pur non rinnegando l’eredità del suo predecessore, sembra voler correggere la rotta. Il suo stile, più sobrio e istituzionale, punta a ricucire il tessuto della collegialità episcopale, restituendo al Collegio cardinalizio un ruolo centrale nel discernimento e nella guida della Chiesa. La convocazione del concistoro straordinario, che non prevede la creazione di nuovi cardinali, è un chiaro invito alla corresponsabilità, alla riflessione condivisa, all’ascolto delle diverse voci che compongono la cattolicità.
Tra i temi che saranno messi sul tavolo: la riforma della Curia Romana, il ruolo del Sinodo dei Vescovi, la missione della Chiesa nei contesti secolarizzati, la valorizzazione delle Chiese locali e il rapporto tra centro e periferie. In un momento decisivo per la Chiesa, Leone sembra voler riaffermare il principio che il governo non può essere appannaggio di pochi, ma deve scaturire da un confronto ampio, franco e radicato nella tradizione.
Il concistoro, del resto, ha sempre rappresentato un momento cruciale nella vita della Chiesa. Basti ricordare che fu proprio durante un concistoro, l’11 febbraio 2013, che Benedetto XVI annunciò la sua storica rinuncia al pontificato. Oggi, a distanza di tredici anni, un altro concistoro potrebbe segnare un nuovo inizio. Non si tratta tanto di una rottura, quanto di una ricomposizione. Un gesto che, nella sua sobrietà, restituisce dignità al Collegio cardinalizio e rilancia l’idea di una Chiesa che decide insieme, cammina insieme, prega insieme.
Il ritorno della messa in latino
Alphaville 06.11.2025, 11:45
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