Filosofia e Religioni

In principio Dio era donna?

Appunti su mondi femminili e monoteismi

  • 21 gennaio, 08:42
  • 28 marzo, 10:31
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Di: Romano Giuffrida

«La donna è fisicamente e spiritualmente inferiore (…) è addirittura un errore di natura, una sorta di maschio mutilato, sbagliato, mal riuscito».
«La donna è una creatura egoista, eccessivamente gelosa e che tenta di rovinare l’impegno morale di suo marito e di sedurlo per delle imposture continue».
«Ammonite quelle donne di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, picchiatele» .

Considerazioni pronunciate al bar da qualche maschilista irriducibile?
No, queste parole hanno origini molto più antiche: la prima frase è di San Tommaso d’Aquino, frate domenicano oltreché teologo e filosofo vissuto nel 1200. La seconda è la convinzione espressa da Filone di Alessandria, filosofo ebreo vissuto tra approssimativamente tra il 20 a.C. e il 45 d.C. La terza è tratta invece dalla Sura IV del Corano.

A questo punto, diciamolo: tra il mondo delle donne e le religioni monoteiste non è mai corso buon sangue. Non correva nel passato remoto, ma, a quanto pare non è idilliaco neanche nel presente.

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Ricordiamoci delle donne aggredite a Gerusalemme da ebrei ortodossi nel 2019 quando tentarono di pregare al Muro del Pianto fuori dalla sezione a loro riservata.

Non dimentichiamoci poi delle donne uccise o frustate brutalmente in Iran perché non indossano, o non lo fanno correttamente, l’hijab, il velo a copertura dei capelli, causa quest’ultimi di “istinti peccaminosi” nei maschi.

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Prendiamo atto anche del fatto che, nonostante gli spunti di rinnovamento introdotti in vari ambiti della vita sociale, papa Francesco, per quanto riguarda il rapporto della Chiesa con il mondo femminile, sia stato e sia al centro di numerose polemiche. Ad esempio, dopo molteplici dichiarazioni che nel tempo le donne gli hanno contestato (come quella espressa nel 2019: «Il femminismo è machismo con la gonna»), nel 2021 la rivista femminista tedesca EMMA addirittura lo nominò «misogino dell’anno».

Ma perché le tre fedi monoteiste hanno da sempre un difficile rapporto con le donne?

Per colpa di una donna… Scherziamo naturalmente, ma una delle ipotesi più discusse tra storici delle religioni, archeologi e antropologi, ruota comunque attorno alla figura della Grande Madre.

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Conosciuta con nomi diversi (ad esempio, per i Fenici era Ashtoreth, in Mesopotamia era Ishtar; gli Egizi la chiamavano Iside mentre per i Greci era Afrodite), la Grande Dea ha attraversato un’epoca che va approssimativamente dal 30.000 al 3.000 a.C. 

Per oltre venticinquemila anni (ma molti storici sostengono che il culto a lei dedicato non solo sia più antico, ma che si sia protratto fino ai primi secoli dopo Cristo), la Grande Madre in tutto il bacino del Mediterraneo, così come in Asia, in Cina, in Africa e in Australia, venne ritenuta la dea che aveva generato l’umanità e dalla quale dipendevano i cicli delle stagioni, della Luna e della maree, del flusso mestruale e dell’alternarsi di nascita, morte e rinascita alla base della vita.

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Non a caso, le numerosissime statuette di pietra e avorio, databili tra i 25.000 e i 15.000 anni a.C., la rappresentano simbolo di fertilità con seni e ventri enormi, incinta o nell’atto di partorire. Detto in altre parole, secondo la corrente di pensiero che sostiene questa ipotesi, «in principio Dio era donna», il che avrebbe rappresentato un monoteismo primordiale femminile.

Da tutto ciò sarebbe derivata la natura divina di tutte le donne in quanto la loro capacità di generare vita le dotava di un potere fondamentale, dal quale i maschi erano totalmente esclusi… almeno fino al momento in cui fu stabilito un nesso tra l’atto sessuale e il concepimento. Fino a quel momento la gravidanza era considerata l’esito della capacità fecondatrice delle acque o del vento. Questo immaginario era destinato a scomparire.

Alla fine, infatti, maturando la consapevolezza del rapporto causa-effetto, i maschi compresero il loro ruolo nella procreazione: c’è da dire che per capirlo impiegarono qualche millennio (e ciò non mette in bella luce la loro capacità deduttiva… ).

A quel punto, della superiorità divina delle donne, rimase però ben poco, anzi: i maschi convinti di essere stati “imbrogliati” per millenni e comprendendo il potere determinante del loro sesso, ribaltarono le regole del gioco proclamandosi “dominatori”. Naturalmente la consapevolezza del ruolo maschile nel generare vita, per quanto importante, fu solo un elemento che si inserì in un mutamento sociale e culturale già in atto da secoli e che derivava, ad esempio, da una società tribale in crescita dove si aveva bisogno di strutture organizzative sempre più complesse. Così è avvenuto che, nelle società sino ad allora dette a “trazione femminile”, i maschi progressivamente si sostituissero alle donne nella “linea di comando” gerarchica. «Ottenendo il potere, l’uomo cominciò ad ambire al segreto del dominio e, volgendo lo sguardo (…) trovò un signore più potente, un padrone più grande: Dio.».

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E’ la storica e attivista inglese Rosalind Mines, nel libro Chi ha cucinato l’ultima cena? – Storia femminile del mondo (Fandango Libri, 2021), a sintetizzare così quel passaggio epocale che nei millenni e con modalità ovviamente diverse a seconda delle culture diffuse sulla Terra, portò prima al depotenziamento del potere della Grande Madre, poi all’egemonia delle divinità antropomorfe maschili e infine al dio unico. In questo modo, con l’avvento del monoteismo/dei monoteismi, si affermarono anche e definitivamente i principi della cultura patriarcale.

«Un monoteismo non è semplicemente una religione, è un rapporto di potere» scrive ancora Mines e infatti, per esempio, ebraismo, cristianesimo e islamismo che via via si imposero, venendo presentati come l’esito di ispirazioni divine trasmesse dal “dio maschio” a maschi “eletti”, giustificò loro l’attestazione di supremazia e, conseguentemente, l’inferiorità e l’assoggettamento delle donne al loro ordine.

Quale ordine? e con quali conseguenze? Prossimamente cercheremo di capirlo più nel dettaglio.

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