Milan Kundera, autore ceco conosciuto per “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, è morto ieri all’età di 94 anni.
Nato a Brno durante il regime dell’URSS, Kundera studiò musicologia, letteratura e cinema. Dopo un’intensa e tumultuosa attività politica volta a riformare il partito comunista, dal quale fu anche espulso, fu costretto a emigrare in Francia nel 1975 per aver criticato l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Gli venne tolta la cittadinanza, e anche i suoi libri vennero banditi dal regime.
Inizialmente scrittore molto politico, soprattutto nelle sue opere poetiche, da “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, pubblicato nel 1984, la sua scrittura si è concentrata sempre più su tematiche filosofiche. Il titolo stesso del romanzo deriva da un concetto filosofico: opponendosi all’idea dell’eterno ritorno, il libro postula l’idea che ogni fatto e ogni azione della nostra vita – soprattutto le storie d’amore – avvengano in modo casuale, irripetibile ed effimero, e che quindi l’esistenza stessa sia “insostenibilmente leggera”.
In un’intervista alla RSI del 1969, parlando del suo primo romanzo (“Lo scherzo", 1969) l’autore sosteneva di essere infastidito dal fatto che i lettori consideravano politiche le sue opere. Scopo dei suoi romanzi, sosteneva Kundera, sarebbe invece indagare la condizione umana in determinate situazioni storiche.