«La “pagliacciata” è che siamo coinvolti in sistemi, e reti, da cui dipendiamo totalmente in termini professionali ed esistenziali. E ci stressano, come i social. Eppure siamo tutti lì ad assecondarli, perché siamo asserviti a quelle corporazioni. È una questione politica. È assurdo e clownesco. Ci stiamo dirigendo verso l’abisso col sorriso stupido in faccia, pienamente consapevoli. Sai che le cose vanno a rotoli, ma fai buon viso a cattivo gioco».
Nadja Zela è tornata. Cinque anni dopo Greetings To Andromeda è arrivato Clowns, pubblicato sempre con la sua label Patient Records.

In cinque anni le cose cambiano. Cambia il mondo dentro di te e si trasforma anche quello attorno a te, che oggi è diventato molto, troppo rumoroso. È il rumore delle opinioni che tutti quanti mettono in piazza come se fossero esperti tuttologi, in un sistema di reti sociali e corporative dalle quali siamo dipendenti. E mentre siamo coscienti d’essere attori o spettatori di una deriva che ci porta alla rovina, sorridiamo e danziamo, distratti dall’effimero: «Ogni posizione è difficile oggi, ma quelli che detesto di più sono quelli che dal palco, con arroganza, guardano dall’alto in basso lo spettacolo, la miseria del presente, e giudicano» spiega Zela, «La maggior parte della gente è già sul ring, lavora fino alla morte, è coinvolta in processi esistenziali. Peggio ancora dove ci sono guerre. Non possono rinunciare al circo, a stare al centro del ring, a recitare la loro parte e a trarne il meglio. Noi, nella privilegiata Svizzera, siamo seduti nella loggia e commentiamo tutto come i due vecchietti brontoloni del Muppet Show. Non è un periodo facile, ma dovremmo riflettere di tanto in tanto e chiederci in che misura siamo coinvolti in tutto questo. Come voglio essere coinvolto? E con cosa? Con quale vibrazione? Cosa voglio metterci dentro? O voglio tirarmi fuori? Ma se sto fuori allora devo stare zitto, e non commentare tutto quello che gli altri cercano di fare. Molte persone cercano di smuovere le cose, ed è facile metterle in difficoltà, criticarle senza fare nulla di intelligente».
Siamo noi i pagliacci, i “Clowns” protagonisti dell’assurdo circo globale 3.0. Nadja Zela ce lo racconta in 10 canzoni, con il suo pop sperimentale intriso di blues e brute folk. Clowns ha un suono più essenziale che racchiude sottigliezze da cogliere. È corale e parlato, un grido musicale per la riconciliazione, per ritrovare, nella tenerezza, la vera libertà.

Abbiamo incontrato Nadja Zela in occasione della presentazione del suo nuovo album a El Lokal, a Zurigo.
