Storia

Guerre dei contadini

Una storia di rivolta longeva anche in Svizzera

  • 5 febbraio, 07:43
  • 22 febbraio, 09:40
vecchio trattore e vecchie macchine in campagna

Foto artistica raffigurante un vecchio trattore e delle vecchie macchine in campagna.

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Di: Elizabeth Camozzi

L’anno 2024 è iniziato in protesta. Una forte protesta agricola che, partita dalla Germania con la sua marcia di trattori verso Berlino per opporsi alla decisione del governo tedesco di ridurre i sussidi statali al settore, si è poi estesa velocemente anche ad altri Paesi europei; protagoniste le centinaia di migliaia di contadini che manifestano con veemenza il loro dissenso nei confronti, in particolare, della transizione energetica decisa in seno alla Commissione europea, le cui politiche e misure (in primis la Politica Agricola Comune -PAC- e di rimando il Green Deal europeo) si traducono anche in vincoli ambientali, restrizioni di vario genere, così come differenti modalità e strumenti di lavoro per gli agricoltori. Il problema per il settore primario, già sotto stress a causa di maggiori situazioni estreme di alluvioni e siccità, non starebbe tanto negli obiettivi formulati in queste misure, ma nel modo in cui esse vengono applicate dai singoli governi, che non terrebbero in giusto conto l’impatto diretto e indiretto sul tessuto sociale, e soprattutto non metterebbero a disposizione fondi adeguati per supportare la transizione voluta da Bruxelles. Preoccupato e arrabbiato, il mondo agricolo manifesta dunque invadendo le strade di mezza Europa con i trattori e, dopo Germania, Grecia, Romania, Polonia, Italia e Francia, il 25 gennaio la protesta (pacifica) sbarca anche nella Svizzera francese, per poi arrivare a Ginevra e Basilea con la giornata Giornata dei trattori, fino a giungere nel Canton Ticino; anche i contadini svizzeri insorgono per testimoniare le sempre maggiori difficoltà del settore e, di rimando, per essere da subito supportati concretamente dallo Stato.

Contadini svizzeri in protesta

Telegiornale 03.02.2024, 20:00

Bisogna sottolineare che i contadini non hanno mai costituito una categoria sociale e professionale omogenea, con un distinguo tra i contadini industriali e l’industria agro-alimentare, che rappresentano probabilmente la parte più agiata del settore, rispetto ai piccoli contadini, ai contadini di montagna e agli agricoltori biologici; categorie nelle quali si costituiscono dei fattori di differenziazione interna, e ciò non solo ai nostri giorni, ma ad esempio anche nel periodo precedente alla Rivoluzione francese, quando lo status aveva un influsso determinante sulla posizione assunta all’interno della gerarchia sociale. Fu poi grazie all’alleanza con le forze borghesi e all’”ideologia del ceto contadino”, che nel corso del 1900 gli agricoltori esercitarono una notevole influenza sul sistema politico svizzero, diminuita leggermente verso la fine del secolo e infine giungendo ora di nuovo ad una situazione più critica.

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Con o senza stivale: i cartelli con i nomi delle località sono girati a testa in giù

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In Romandia grazie alla “Révolte agricole suisse”, almeno 200 cartelli con i nomi delle località sono stati capovolti a rappresentare appunto un mondo che non va per il verso giusto (lo stesso accade poi via via anche negli altri cantoni), sui quali viene poi spesso appeso uno stivale, con un possibile rimando storico molto forte alla Lega della scarpa (in tedesco Bundschuh): la coalizione dei contadini rivoltosi della Germania meridionale guidata da Jos Fritz , attiva nel periodo tra il 1493 e il 1517, che venne denominata in questo modo per il tipico calzare contadino allacciato sopra la caviglia che divenne il vessillo dei contadini e dei cittadini che avevano sconfitto le truppe francesi del conte d’Armagnac lungo il corso superiore del Reno nel 1439, 1443 e 1444. Le principali richieste della Lega prevedevano ad esempio la restituzione dei demani, delle terre collettive, dei boschi, dei pascoli e delle acque, ossia dei beni considerati di proprietà dei Comuni e non della nobiltà o del clero, richieste che furono in seguito fonte di ispirazione per la guerra dei contadini tedeschi scoppiata negli anni dal 1524 al 1526, estesa poi a tutte le terre soggette o influenzate dal Sacro Romano Impero, tra cui pure quelle elvetiche. 

Carta della Guerra dei Contadini, 1525

Carta della Guerra dei Contadini, 1525

Il grande sollevamento “dell’uomo comune”, questo il nome del movimento che nel 1525/26 toccò vaste aree della Germania meridionale e della Svizzera, traducendosi nel più violento scontro dallo scoppio della grave crisi economica che pesava dal XV secolo sulla Germania. In effetti, sebbene normalmente le numerose rivolte avvenute del tardo Medioevo difficilmente superavano i confini regionali, all’insurrezione del 1525 parteciparono appunto praticamente tutte le terre soggette e, a differenza delle precedenti rivolte contadine i cui movimenti collettivi di protesta e ribellione rimanevano generalmente circoscritti a livello locale o regionale, in questa occasione vi erano dei chiari obiettivi di principio: i “Dodici articoli” programmatici dei contadini dell’alta Svevia, che non si esaurivano nella protesta contro degli oneri feudali eccessivi e una prassi iniqua del potere, ma che prendevano le mosse da una critica che si basava sulla teologia della Riforma, specialmente su quella di impronta zwingliana che andava in contro ad idee molto diffuse, prospettiche di una società di ispirazione cristiana, egualitario-collettiva. Quest’ultima, infatti, conduceva a una ‘defeudalizzazione’ del diritto, dello Stato e della Chiesa, e i ribelli mettevano in questione radicalmente il monopolio del potere detenuto dai nobili e dal clero, in quanto in un ordinamento sociale comunalistico-corporativo non vi poteva essere posto per un potere esclusivo di queste due classi. Non solo però, poiché la crescente agitazione tra i contadini veniva inasprita anche dagli avvenimenti politici di quei tempi, dalle guerre degli Ussiti e degli Svizzeri, dai cattivi raccolti, dalle carestie e dalle epidemie; già negli ultimi decenni del Quattrocento erano appunto scoppiate delle rivolte precorritrici in diversi luoghi e soprattutto nella parte meridionale germanica del Sacro Romano Impero, la più nota delle quali fu appunto messa in atto dalla “Lega della Scarpa”; sollevamenti poi soffocati nel sangue, cosicché le esigenze dei contadini rimasero senza alcun effetto. L’odio e l’agitazione continuarono pertanto ad essere covati nel profondo, fino ad esplodere nel 1524 con la sollevazione di giugno dei contadini di Stühling nella Foresta Nera, i quali ricusarono le insopportabili prestazioni di servizi e di tasse dovute al loro conte. A questa protesta si unirono i contadini dei distretti vicini, e nell’agosto 1524 si diressero tutti, sotto il comando di un lanzichenecco, nella vicina città austriaca di Waldshut, dove il predicatore Balthasar Hubmaier aveva diffuso idee religiose radicali. In questo luogo si congiunsero il movimento rurale e quello cittadino, il sociale e l’evangelico, e il governo asburgico -impedito dalla grande politica- non fece alcun passo energico, cosicché l’insurrezione poté diffondersi a macchia d’olio. Ad inizio del 1525 tutta l’Alta Slesia era in fiamme.

Thomas Müntzer

Thomas Müntzer, La conoscenza del XX secolo di Christoph van Sichem, 1961

Un personaggio centrale fu Thomas Müntzer, nato a Stolberg nel 1489, pastore protestante che divenne un punto di riferimento per i ribelli nella guerra dei contadini del 1525. Qualche anno prima, nel 1519 a Lipsia, Münzer conobbe Lutero (che si opponeva al mercato delle Indulgenze ed alla corruzione della Santa Romana Chiesa) e decise di staccarsi anch’egli da Roma, sviluppando sempre più stretti legami con gli strati più umili dell’ambiente artigianale dove reclutava gli adepti per una sua comunità di «ispirati»; la sua amicizia con il predicatore Nicola Storch lo resero poi ufficialmente sospetto alle autorità ecclesiastiche e a quelle civili, cercando rifugio tra gli hussiti di Boemia; tuttavia anche a Praga dovette ancora una volta rinunciare alla fondazione di quella Nuova Chiesa di cui egli si dichiarava il profeta, raggiunse così nel 1523 Nordhausen (Allstedt) e ricevuto il secondo battesimo, poté finalmente dare inizio a riforme liturgiche con il culto interamente in tedesco, ispirate al suo pensiero religioso. Poco dopo si trasferì a Mühlhausen e poi a Norimberga dove attaccò con grande violenza Lutero (celebre lo scritto polemico “Hochverursachte Schutzrede und Antwort wider das geistlose sanfftlebende Fleysch zu Wittenberg”), per ritornare nuovamente a Mühlhausen per trasformare il governo cittadino in una sorta di teocrazia comunista. Nel 1525, in unione con gli anabattisti, si pose allora a capo degli insorti e mosse su Frankenhausen; il 15 maggio 1525 l’esercito contadino fu tuttavia battuto da quello del langravio Filippo d’Assia, e Münzer cadde prigioniero nella battaglia, per morire decapitato il 27 maggio.

Sempre nella primavera del 1525, i contadini decisero di dividersi in bande, esponendo le loro esigenze e aspirazioni nei suddetti “Dodici articoli”, formulati inizialmente con moderazione, per poi diventare espressione radicale nelle mani dei ribelli. L’insurrezione si estese con grande rapidità su mezza Germania: l’Alsazia e i paesi alpini, i paesi sul Neckar, sul medio Reno, la Franconia, l’Assia, la Turingia e la Sassonia e, dove il governo era forte come nel nord-ovest, nella Baviera o nelle grandi città dell’Impero, la rivolta non avveniva o veniva rapidamente repressa. Ovunque però fecero causa comune coi contadini anche i proletari cittadini, gli artigiani e i piccoli commercianti, ottenendo rinforzi pure dal basso clero e da alcuni nobili dell’Impero. Al movimento mancava invece una direzione unica, e ben presto le bande dei contadini non poterono più reggere i corpi di cavalleria dei Principi tedeschi. Le tendenze radicali si fecero comunque via via più importanti e i Dodici Articoli non bastarono più, poiché insieme alla libertà religiosa ed economica, i contadini rivendicarono anche quella politica. In effetti, l’ampiezza della base sociale su cui poggiava questa guerra si rivelò di enorme portata, poiché il sollevamento non fu affatto una ribellione della sola popolazione rurale, ma coinvolse anche la società urbana, e gli stessi partecipanti si definivano una “fratellanza cristiana”, indicando nella centralità della figura dell’ “uomo comune” il motore del loro agire.
Un movimento politico a tutto tondo, antesignano degli odierni populismi, che mirava a sostituire i rapporti di potere e le strutture giuridiche esistenti, creando un nuovo ordinamento sociale. Una realtà talmente propulsiva da coinvolgere in breve tempo quasi tutti i territori, sia le signorie nobiliari che quelle ecclesiastiche, poi le zone dipendenti dalle libere città imperiali nell’area compresa fra la Turingia e la Lorena a settentrione e nel meridione tra il Tirolo e la Svizzera.

La guerra dei contadini in Germania terminò definitivamente nel 1526, quando la ribellione fu soffocata nel sangue e il numero complessivo delle vittime si attestò ad oltre 100.000 persone. I documenti descrivono le atrocità commesse dai contadini come di molto superiori agli atti di vendetta dei signori, senza tuttavia ottenere davvero grandi miglioramenti, se non in pochi casi. Irritati ed abbattuti da quella catastrofe, i contadini tedeschi vennero esclusi da qualunque partecipazione alla vita politica e culturale della nazione, per una guerra che ebbe profondi effetti tanto sullo sviluppo economico-sociale della nazione, quanto su quello politico; non fu l’Impero a vincere questa rivoluzione, ma i principi territoriali, che accrebbero ancora di più la loro potenza regionale rispetto alle istanze centralizzatrici dell’Impero.

Scontro tra contadini del Bundschuh e un cavaliere

Scontro tra contadini del Bundschuh e un cavaliere.

Al contrario, nell’area della Confederazione svizzera i conflitti risultarono sin dall’inizio circoscritti, non venendo mai veramente interrotto il dialogo tra autorità e sudditi, e soltanto in poche occasioni vi furono contrapposizioni brutali. Le idee dei riformatori cominciarono ad essere recepite nel 1523 nel contado di Zurigo, dove i sudditi contestavano soprattutto i diritti di decima esistenti. Nel 1525, quando si era già sviluppato il conflitto nella fascia di confine tra Zurigo e Turgovia dopo il Sacco di Ittingen del 1524 (nel quale l’esacerbata passione religiosa e il malcontento sociale dei contadini portarono alla distruzione del convento omonimo) si ebbero poi incursioni contadine anche nei conventi di Rüti e di Bubikon; la dinamica dei riformatori con forte spinta anticlericale si estese rapidamente ai vicini territori sciaffusani e turgoviesi, dove i comuni rivendicarono non solo il controllo locale sulle chiese, ma anche il diritto delle campagne all’autonomia politica. I sudditi del contado sangallese e del Toggenburgo contestarono radicalmente la signoria del principe abate di San Gallo, mentre nelle campagne di Basilea e in area bernese i temi in primo piano furono l’abolizione della servitù della gleba e la libera circolazione dei sudditi. Al contrario, nei Grigioni l’influsso della guerra dei contadini fu particolarmente spiccato, affermandosi in modo deciso il principio di estendere la Riforma a interi Comuni, e allo stesso tempo con l’approvazione degli articoli di Ilanz del 1524 e 1526, fu possibile abolire praticamente del tutto le pretese del vescovo di Coira in materia di potere secolare.

Potentissimæ Helvetiorum Reipublicæ Cantones Tredecim

Potentissimæ Helvetiorum Reipublicæ Cantones Tredecim: cum Foederatis et Subjectis Provinciis exhibiti. Carta geografica dell’antica Confederazione di Johann Baptist Homann, Norimberga, 1732.

In Svizzera però, la più profonda rivolta contadina fu quella avvenuta oltre un secolo dopo, denominata la Grande Guerra svizzera dei Contadini. Esplose nel 1653 dopo il sollevamento della popolazione rurale nell’Entlebuch (soggetta a Lucerna), nell’Emmental (suddita a Berna) e in alcune parti dei cantoni di Soletta e Basilea. Ad essa precedeva la guerra dei Trent’anni, un interminabile e devastante conflitto continentale e insieme una guerra civile tedesca, nonché in un certo senso l’ultima delle grandi guerre di religione provocate dalla rottura luterana dell’unità cristiana nel 1517. Questo ultradecennale conflitto europeo fu tuttavia per la Confederazione un periodo economico florido, in quanto fornitrice per eccellenza dei beni e dei servizi mancanti nei confinanti territori dilaniati dalla guerra, e ciò valse anche per molti contadini. Malgrado questo, nella fase finale del conflitto, iniziarono le rivolte dei Paesi soggetti rurali che protestavano contro l’inflazione e le imposte elevate riscosse dai Cantoni urbani per la difesa nazionale della neutralità, per poi, con la fine della guerra, vedere crollare la congiuntura favorevole e con questa anche i prezzi, cosicché i contadini svizzeri che rifornivano di grano i territori tedeschi in guerra, si ritrovarono repentinamente oberati dai debiti. Una situazione che raggiunse il culmine quando le autorità bernesi, solettesi e friburghesi svalutarono la moneta nel 1652 (i Batzen, da cui anche il nome di “guerra dei Batzen”), annullando dunque molti dei risparmi dei contadini che si ritrovarono dunque con grandi quantità di denaro deprezzato senza essere indennizzati per le perdite subite. La sommossa si estese allora fino alla vicina regione lucernese dell’Entlebuch, precisamente il 9 gennaio del 1653, quando una delegazione della comunità di valle si presentò al Consiglio cittadino di Lucerna chiedendo una compensazione per la perdita o in alternativa la revoca della svalutazione. I cantoni responsabili si rifiutarono però di assumere i danni monetari subiti dai sudditi altrui, cosicché all’inizio di febbraio, l’autorità lucernese respinse la richiesta dei membri della comunità dell’Entlebuch e da lì, il 10 febbraio, prese il via la ribellione e di rimando l’avvio ufficiale della sommossa. Al di là delle divisioni confessionali, i contadini lucernesi, bernesi, solettesi e basilesi si riunirono in un’unica Lega, e nella prima settimana di marzo del 1653 si unirono anche i territori soggetti alla signoria di Berna, poi quelli sudditi delle città di Soletta e Basilea. I ribelli, guidati da grossi contadini benestanti, non solo puntavano, come nelle precedenti rivolte dei contadini, al ripristino del vecchio ordinamento, ma anche a cambiamenti costituzionali nei loro Cantoni. I governi di Lucerna e Basilea si videro quindi costretti a chiedere aiuto e mediazione ai cantoni riformati, a cui seguirono delle concessioni ai ribelli soprattutto in ambito economico; furono invece fermamente respinte le rivendicazioni politiche, soprattutto il diritto a tenere assemblee politiche, negato fin dalla Convenzione di Stans (1481), e l’istituzionalizzazione del diritto di essere consultati nei processi legislativi decisi dalle autorità. In maggio il conflitto si inasprì ulteriormente e non solo i sudditi organizzarono comunque una Landsgemeinde, ma da essa scaturì una terza “Lega contadina”, con la speranza che presto vi aderissero anche tutti gli altri sudditi dei cantoni confederati. Una decisa formulazione di potere, che rafforzò (da entrambe le parti) i preparativi militari, con la successiva apertura delle ostilità da parte dei sudditi per costringere le autorità cittadine a soddisfare le richieste politiche rimaste senza risposta. Tra il 21 e il 23 maggio, svariate migliaia di ribelli assediarono quindi le città aristocratiche di Lucerna e Berna, bloccando i rifornimenti alimentari. Quando però a Zurigo si radunò un esercito della Dieta federale, e dal Paese di Vaud (non insorto) cominciò ad avvicinarsi un secondo esercito fedele a Berna, i rivoltosi si mostrarono concilianti e il 29 maggio Niklaus Leuenberger, il capo dei ribelli bernesi, firmò una pace separata e un compromesso con le proprie autorità (patto del Murifeld), nel quale sottoscrisse che i sudditi rinunciavano alle loro richieste politiche rivoluzionarie, e in cambio Berna confermava le concessioni fatte a suo tempo dai mediatori riformati.

Ritratto di Niklaus Leuenberger

Ritratto di Niklaus Leuenberger.

A distanza di qualche giorno lo stesso patto fu messo in atto anche dai capi del secondo esercito contadino, che a Mellingen si era opposto alle truppe zurighesi inviate dalla Dieta federale e il 4 giugno fu sottoscritta la cosiddetta pace di Mellingen, che prevedeva condizioni analoghe a quelle del patto precedente. I sudditi non potevano prevedere, tuttavia, che non appena le loro truppe si fossero sciolte, il governo aristocratico bernese avrebbe sfruttato cinicamente la nuova situazione militare, annullando i patti e scagliando le sue truppe -ancora mobilitate- in una brutale campagna di repressione. Le altre autorità coinvolte nella guerra dei contadini, e in particolare il governo lucernese, non si spinsero fino al punto di annullare l’accordo di pace, ma sfruttarono anch’esse la nuova posizione di vantaggio militare, varando dure misure punitive contro i ribelli. Molti di loro, contrariamente alle clausole dell’accordo, vennero anche arrestati e, dopo un processo sommario, giustiziati, banditi o condannati alle galere o al servizio militare all’estero. Già nel giugno del 1653 le autorità cittadine avevano dunque ripreso il controllo di tutti i loro territori.

La grande guerra svizzera dei contadini fu indubbiamente la contestazione più incisiva del potere politico costituito nella Confederazione dell’età moderna; a breve termine provocò tentativi di riforma del sistema confederato di alleanze, il cui fallimento fu a sua volta corresponsabile della prima guerra di Villmergen (1656), mentre a lungo termine le conseguenze furono ancora più marcate, perché questa guerra, malgrado la sconfitta, fu simbolo della tenace lotta dei sudditi per il diritto alla partecipazione politica e contro un potere statale sempre più intenso e accentrato, che portò poi a numerose Rivolte contadine e, soprattutto, impedì che le autorità cittadine della vecchia Confederazione evolvessero ulteriormente verso l’Assolutismo.


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