È il tracciato che un tempo collegava l’Alta Leventina alla Valle di Blenio, in ogni stagione dell’anno: la Via Storica del Ritom, che si stacca da Altanca, piccola frazione di Quinto, per inerpicarsi fino ai pascoli di Piora, celebri da secoli per il loro formaggio d’alpe. Un cammino remoto e prezioso, oggi restituito alla comunità grazie al recente restauro promosso dal patriziato locale.
E lungo il suo tracciato si conservano ancora enigmatiche iscrizioni scolpite nella roccia, testimonianze mute di un passato che continua a sfidare la comprensione degli studiosi.
Le tre vie per la Val Piora
Uno dei modi più suggestivi, e pragmatici, per raggiungere i laghi della Val Piora resta sicuramente la celebre funicolare rossa del Ritom - che con la sua pendenza massima dell’87,8% diventa la più ripida al mondo tra quelle accessibili al pubblico - mentre la seconda via d’accesso è la carrozzabile che sale da Altanca.
È però la terza opzione, la meno conosciuta, che racchiude il vero respiro della storia: l’antica mulattiera che risale le gole del fiume Foss, che per secoli rappresentò il collegamento vitale tra l’Alta Leventina e gli alpeggi di Ritom, Tom e Cadagno. Attraverso il passo dell’Uomo, la via proseguiva poi verso la strada del Lucomagno, scendendo nella Val Camadra, tributaria della Val Medel. Fino ai primi decenni del Novecento costituì dunque un’arteria fondamentale per il traffico alpestre e il trasporto di merci, tanto da essere inclusa nell’Inventario federale delle vie di comunicazione storiche della Svizzera.
Con la costruzione dell’impianto idroelettrico del Ritom, tuttavia, la funicolare e la nuova carrozzabile assorbirono la maggior parte del traffico, relegando la mulattiera a un ruolo secondario. La mancanza di manutenzione e gli eventi meteorologici estremi provocarono così frane, cedimenti e un progressivo degrado del percorso.
Altanca
Fu nel 2021 che il Patriziato di Altanca, sostenuto dall’Ufficio dei beni culturali, decise di invertire la rotta avviando i lavori per un vasto progetto di recupero conservativo. Il restauro comprendeva il rifacimento del selciato, la ricostruzione dei muri di sostegno, la sistemazione delle acque e il consolidamento dei tratti più esposti.
L’investimento complessivo - circa mezzo milione di franchi - venne coperto grazie ai contributi della Confederazione, del Cantone, del Comune, di varie fondazioni e del patriziato stesso, permettendo non solo un restauro rispettoso della struttura originaria, ma anche la valorizzazione del percorso sotto il profilo storico, culturale e paesaggistico. Il progetto, ormai pressoché ultimato, amplia anche l’offerta escursionistica della regione e al contempo sostiene le attività agricole che ancora oggi dipendono da questa antica via d’accesso.
Il cammino ritrovato
La mulattiera «era la via di accesso agli alpeggi: sull’Alpe di Piora venivano caricate circa 290 mucche da latte e un centinaio di capi più piccoli», racconta Arturo Mottini, presidente del Patriziato di Altanca (intervistato da Davide De Nigris). «Era una via trafficata, essenziale per il trasporto del latte e dei prodotti d’alpeggio».
E fin dai primi metri il percorso mostra il suo carattere: il selciato - un materiale robusto, necessario in un tracciato che d’inverno veniva percorso solo con la slitta per portare a valle letame e fieno - accompagna quasi tutta la salita. Molti tratti, franati negli anni, sono stati ricostruiti con una cura tale che oggi l’intervento si percepisce appena. I lavori, durati tre anni con cantieri brevi ma intensi, hanno richiesto infatti soluzioni tecniche complesse, come ancoraggi nascosti nei muri a secco, per rispettare le prescrizioni delle vie storiche che vietano l’impiego di calcestruzzo o altri materiali moderni.
Da Altanca il tracciato si impenna subito. In mezz’ora si raggiunge un bosco di larici e si supera il primo scoglio verso i maggenghi del paese. Poco oltre si incontra la celebre “curva dal Pasqual”: la tradizione narra di un uomo del posto che, scendendo con una slitta carica di latte, mancò la curva e finì nel bosco sottostante. I compaesani lo trovarono vivo, intento ad accendere un fuoco per riguadagnare le forze e risalire.
Superata questa temibile curva, oggi parte della memoria collettiva del villaggio, la mulattiera raggiunge Valle, il primo maggengo di Altanca. È qui che si incontra anche la prima delle incisioni misteriose del percorso: la cosiddetta “scritta di Valle”, costituita da una serie di incisioni con parole come Jesus e Mater Dei scolpite nella pietra, forse parte di un’antica preghiera. Gli studi sono ancora in corso e il Patriziato auspica in futuro di poter affiancare alla scritta una targa informativa.
All’uscita dal nucleo, la leggenda racconta poi anche di due impronte rimaste nella roccia, secondo la tradizione appartenute ai piedi di San Carlo Borromeo. Un racconto verosimile essendo il santo transitato davvero per queste valli, tanto che a Cadagno è ancora presente un oratorio seicentesco a lui dedicato.
https://rsi.cue.rsi.ch/srg/notrehistoire/%C2%ABLe-tre-valli-stregate%C2%BB-di-Raffaella-Laorca--1816324.html
Più avanti si raggiungono le cosiddette “cantine”, anfratti riparati, umidi e freschi, un tempo utilizzati per conservare il formaggio. E poco oltre, in un passaggio sotto roccia, affiora anche la seconda iscrizione, ancor più enigmatica della prima: profondamente incisa, sembra recare la data 1749, anche se l’interpretazione non è sicura. Ciò che invece non lascia dubbi è che le incisioni di Altanca costituiscano un unicum in Ticino, tuttora avvolto da un persistente alone di mistero.
L’ultimo tratto risale infine ancora una zona ripida, dove d’inverno le slavine rappresentavano - e rappresentano ancora - un pericolo reale. Da qui la diga degli impianti idroelettrici del Ritom appare in tutta la sua imponenza: la via storica terminava proprio in questo punto, aprendo ai pascoli di Val Piora, dell’Alpe di Piora e di Tom. Oltre la diga, lo sguardo si apre su un paesaggio di struggente maestosità e bellezza. «Nessuno passava di qui senza accordarsi con la comunità di Altanca.», spiega lo storico dell’arte Giulio Foletti (incontrato sempre da Davide De Nigris) «La manutenzione era essenziale e bastavano dieci o quindici anni senza interventi perché il clima rendesse la via impercorribile».
Attraversare oggi la Via Storica del Ritom significa dunque immergersi in un paesaggio che non è solo geografia, ma memoria viva. Ogni tornante restituisce frammenti di un’economia alpina, di un sapere tecnico, di una religiosità popolare, di un equilibrio ancestrale tra uomo e montagna.
È una strada che non vuole essere ricordata come un monumento immobile, ma come un dialogo con il territorio: una via che continua, ancora oggi, a raccontare la storia di chi l’ha costruita, percorsa, custodita.

La via storica del Ritom
Prima Ora 24.11.2025, 18:00








