L’11 novembre segna il giorno di San Martino, una ricorrenza che, nel Mendrisiotto, evoca immediatamente l’immagine della sua storica sagra annuale, una festa che affonda le sue radici in antiche tradizioni agricole. Ma quale volto assume San Martino al di fuori del Ticino? Attraverseremo la Romandia e la Svizzera tedesca per scoprire come viene celebrato l’11 novembre, quali tradizioni gastronomiche lo accompagnano e perché la figura di San Martino ha mantenuto una tale importanza nel corso dei secoli.

La Fiera di San Martino si allarga
Il Quotidiano 09.11.2025, 19:00
Un piccolo cenno storico
San Martino di Tours, vescovo e soldato romano del IV secolo originario dell’attuale Ungheria, è commemorato l’11 novembre, giorno della sua sepoltura. La sua fama è legata a numerosi episodi della sua vita, tra cui il celebre gesto di carità in cui condivise il proprio mantello con un mendicante infreddolito. Questo atto di generosità lo rese un simbolo universale di solidarietà e compassione. Oltre alla figura storica del Santo, la festa di San Martino affonda le sue radici nelle antiche tradizioni contadine, segnando la fine del raccolto e la chiusura dell’anno agricolo. Un giorno che, per certi versi, può essere accostato al concetto del Giorno del Ringraziamento.
Il gesto del mantello fu raffigurato sulle banconote svizzere tra il 1957 e il 1980, a testimonianza della grande popolarità del Santo, al quale sono dedicate circa 4.000 parrocchie e 500 villaggi, che lo scelsero come patrono o ne portarono il nome.
L’oca di San Martino: le origini di una tradizione
A Sursee, nel Canton Lucerna, l’autunno si anima con un fitto calendario di eventi. Tra questi, spicca il Gansabhauet, un’antica usanza medievale che vede al centro un’oca (già abbattuta) protagonista di un rituale tradizionale. Da qui l’ispirazione per i ristoranti e le osterie della zona, che propongono menù e piatti a base di carne d’oca. Fino all’epoca moderna, infatti, questo volatile era considerato un animale particolarmente prezioso, e la sua carne era apprezzata come una vera prelibatezza.

Dietro la tradizione culinaria dell’oca di San Martino si celano due racconti che spiegano il legame tra questo animale e la festa. In passato, in questo periodo dell’anno, i contadini erano tenuti a versare ai propri signori una parte del raccolto e dei beni prodotti. Tra i tributi più comuni figuravano proprio le oche, destinate ad arricchire le tavole nobiliari e a simboleggiare l’abbondanza di fine stagione.
La seconda spiegazione affonda invece nella leggenda: si narra che Martino, per sfuggire alla nomina a vescovo – un incarico che riteneva di non meritare – cercò rifugio nascondendosi tra un branco di oche. Ma la sua presenza mise in agitazione gli animali, che cominciarono a starnazzare rumorosamente, rivelando il suo nascondiglio. Fu così che, in una sorta di “vendetta” per il “tradimento” delle oche, o forse più semplicemente per celebrare questa curiosa vicenda, questo volatile iniziò ad essere identificato come l’“oca di San Martino”, e la sua carne divenne la protagonista dei banchetti in onore del Santo.

San Martino è la Festa del maiale: un’abbuffata di tradizione e convivialità
Nel Canton Giura, nella regione dell’Ajoie, la festa di San Martino assume un significato del tutto particolare. Qui, il maiale, più che il Santo, diventa il protagonista delle celebrazioni. Non a caso, questo giorno è noto anche come la Fête du Cochon, un’occasione per un ritrovo conviviale che termina in un banchetto pantagruelico, una scorpacciata che si protrae fino al fine settimana successivo, tradizionalmente chiamato Revira.
In passato, il maiale rappresentava ben più di un semplice alimento: era un simbolo di prosperità e un pilastro del sostentamento. In un’epoca di risorse limitate, la capacità di allevare questi animali e averne in abbondanza per l’inverno era una vera e propria garanzia di sicurezza alimentare. La festa offriva l’opportunità di consumare carne fresca in abbondanza, mentre una parte veniva meticolosamente conservata per i mesi freddi attraverso tecniche come la salatura, l’affumicatura e l’insaccatura.

Ancora oggi, come un tempo, ogni singola parte dell’animale viene valorizzata per creare molteplici piatti tipici, dagli insaccati al tradizionale sanguinaccio. Questi piatti vengono preparati dai ristoranti e dalle locande della zona, testimoniando non solo l’importanza economica del maiale, ma anche l’ingegno e la filosofia contadina del “non si butta via niente”.

Nella Svizzera tedesca, con l’arrivo dell’autunno, soprattutto nel mese di novembre, si rinnova la tradizione della Metzgete. Il termine, che deriva da un antico vocabolo dialettale, significa “macellare”, indica l’utilizzo di consumare la carne fresca appena lavorata.
Oggi la Metzgete si celebra soprattutto in ristoranti e osterie, che durante la stagione propongono menu o buffet tematici ricchi di specialità suine: sanguinaccio, salsicce di fegato, costine, piedini e vari tagli di bollito. Pur non essendo direttamente legata alla festa di San Martino, questa tradizione cade nello stesso periodo e presenta molte affinità con la “festa del maiale” dell’Ajoie.

