Cultura e spettacoli

Un Palmarès sorprendente che celebra il cinema di qualità

La 77esima edizione del Festival di Cannes consegna la Palma d’oro ad “Anora”, film di Sean Baker

  • 25 maggio, 23:47
  • 25 maggio, 23:48
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Karla Sofia Gascon e Jacques Audiard, premiata interprete e regista di "Emilia Perez"

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Di: Moira Bubola

Fino all’ultimo avevo sperato nella Palma a Emilia Perez, sorprendente lavoro di Jacques Audiard che comunque si è aggiudicato due premi: la migliore interpretazione femminile, andata a tutte e quattro le attrici, e il Premio della Giuria. Un film commovente ed intenso, coraggioso nell’affrontare temi tanto delicati come il cambiamento di sesso e la violenza di una società controllata dal narcotraffico. Emilia Perez è un musical che coniuga canti e balli con riflessioni profonde su concetti come la libertà, l’identità e la memoria.

Festival di Cannes: il palmarès

Telegiornale 25.05.2024, 20:00

Il maggior riconoscimento del Festival è andato invece al regista di Tangerine e Red Rocket. Ormai da anni Sean Baker, con il suo cinema, racconta personaggi ai margini che cercano di sopravvivere ad una società individualista e feroce. Anora è un altro tassello di questo mosaico e ci racconta di una giovane spogliarellista che, in una notte di lavoro, incontra il figlio di un oligarca russo. I due dopo una settimana di relazione decidono di sposarsi a Las Vegas. I genitori di lui, come c’è da aspettarsi, non vogliono una lavoratrice del sesso come nuora, ma lei non ci sta e si scaglia con tutte le sue forze contro gli scagnozzi dei magnati. Ancora una volta Sean Baker ritrae un personaggio fuori dagli schemi, in fuga dalla precarietà alla quale l’ha condannato un sistema capitalistico vorace. Il film è ritmato, scandito da scene notturne, le luci dello strip club rispecchiano lo scintillio della villa del giovane russo creando un intelligente circuito tra i diversi luoghi del consumismo, ma Anora non convince fino in fondo perché non emoziona e patisce una lunghezza eccessiva. Peccato anche che strizzi un po’ troppo l’occhio al Pulp Fiction di Quentin Tarantino: trent’anni dopo è un po’ fuori tempo massimo.

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La Palma d'oro Sean Baker

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Davvero innovativo ed elegante è invece il lavoro di Payal Kapadia: All we imagine as light. La regista indiana tesse con abilità il linguaggio del documentario con quello della finzione per un’epopea femminista con al centro tre donne di generazioni diverse. Grazie ad un rapporto autentico di sorellanza, le protagoniste avranno il coraggio di lasciare Mumbai, città tentacolare e ingenerosa con i suoi abitanti, per mettersi alla ricerca di loro stesse e dei loro desideri. Meritato dunque il Gran Prix che celebra un talento emergente e raffinato.

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Al centro la regista Payal Kapadia

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Raffinatezza sprigionata da ogni inquadratura in Grand Tour del regista portoghese Miguel Gomes. La giuria, presieduta da Greta Gerwig, ha sorpreso incoronando una personalità poco etichettabile che lavora in maniera originale. Un film trasognato e sognante che attraversa l’Oriente sulle tracce di una coppia. Girato in parte a colori e in parte in bianco e nero, Grand Tour riesce ad imprimersi negli occhi del pubblico per audacia e fantasia. Un premio coraggioso per un regista che sovverte i canoni del cinema e si inventa nuove forme partendo dalla creazione dell’opera filmica: scritta in prima battuta per immagini grazie ad un lungo viaggio finanziato dalla produzione. Gomes è andato a caccia di evocazioni, il testo è arrivato in un secondo tempo e non ha intaccato la magia dello sguardo.

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  • : All we imagine as light
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