Oro alle stelle, anche se l’impatto del metallo prezioso rappresenta quanto di più terreno si possa immaginare. La premessa della corsa al rialzo in atto è che la quantità totale di oro esistente è relativamente poca: «La Banca nazionale svizzera ne custodisce 1’040 tonnellate nelle sue riserve», ha ricordato il giornalista economico RSI Marzio Minoli ai microfoni di Millevoci. “Sono riserve che contribuiscono in maniera importante a generare utili. Una parte di questi ultimi viene distribuita a Confederazione e Cantoni, quindi a beneficio dei cittadini”.
Dalla trasmissione radiofonica di Rete Uno, che al tema ha dedicato la puntata di lunedì, apprendiamo che l’oro detenuto dalla BNS si trova per il 70% a Berna e per il rimanente tra Inghilterra e Canada. Riunito in un unico luogo, tutto questo oro costituirebbe un cubo di 3,7 metri per lato.
Al mondo, ha ricordato Minoli, “ci sono circa 200’000 tonnellate di oro estratto e si stima che ce ne siano ancora 50-60’000 tonnellate sotto terra. Quindi non tantissimo e questo ne fa il metallo prezioso per definizione”.
Il Ticino, hub mondiale della raffinazione
Nella trattativa sui dazi americani si è parlato più volte delle raffinerie ticinesi: “Siamo l’hub mondiale delle raffinerie d’oro. Importiamo oro da Londra in lingotti da 12 chili, che vengono trasformati in un formato adatto agli americani e quindi esportato negli Stati Uniti”. La presenza massiccia di questa attività nel nostro cantone affonda le radici “negli anni ’70, quando l’Italia era la maggior produttrice di gioielli al mondo. Erano gli anni di piombo e del terrorismo, dei sequestri e delle rapine. In quel contesto il Ticino rappresentava il luogo di frontiera più sicuro per lavorare l’oro. Da lì in poi è stato un evolversi ed è nata la nostra tradizione con attualmente tre raffinerie d’oro sul territorio, tra cui la Valcambi, la più grande al mondo”.
Minoli ha raccontato la sua visita alla Valcambi: “Una delle esperienze più surreali è stata quella di mettere, con il permesso naturalmente, la mano dentro una cassa di un metro per cinquanta centimetri, piena di sfere d’oro, piccoline. Quello era il risultato della purificazione di tutto il metallo raccolto”. Nelle raffinerie, ha proseguito, “ci sono misure di sicurezza molto elevate, soprattutto quando esci dallo stabilimento e vieni scannerizzato perché può rimanerti attaccato, anche involontariamente, dell’oro”. Un altro aneddoto curioso: “Gli operai cambiano le scarpe da lavoro una volta l’anno e di queste vengono fuse le suole per recuperare l’oro che vi rimane attaccato. Potrebbe sembrare una stupidaggine, ma parliamo di cifre importanti se anche solo un grammo d’oro al giorno rimanesse attaccato alle suole”.
La corsa del prezzo e il ruolo geopolitico
Quanto al recente aumento del prezzo dell’oro, la cui quotazione ufficiale oscilla attualmente attorno ai 4’100 dollari l’oncia (104’000 franchi al chilo), Minoli ha ribadito come il metallo giallo “sia un bene rifugio, un po’ come il franco svizzero. Quando ci sono momenti di incertezza, quando non si sa bene cosa succederà con il dollaro e con l’euro, a causa delle situazioni geopolitiche, l’oro rappresenta un bene sicuro”.
Le banche centrali ne stanno accumulando molto: “C’è in atto questa volontà di, tra virgolette, distaccarsi dal dollaro. Noi sappiamo che le banche nazionali detengono oro, dollari, euro come riserve. Naturalmente più oro si compra più il prezzo sale”.
Non va poi dimenticato che l’oro è anche un solido argine alla svalutazione monetaria: “Il denaro, quando c’è l’inflazione, perde di valore, l’oro no. Ed è anche un po’ paradossale, perché l’oro non paga interessi, non paga dividendi. Abbiamo un capitale fermo che non rende nulla, però se non altro non perde valore, almeno in termini di inflazione”.
Perché è importante l’oro mandato negli USA
Anche per l’oro, come per molte altre materie prime, ci sono forme di speculazione meno materiali dei lingotti, ad esempio i cosiddetti ETF (Exchange Traded Fund). Gli ETF non funzionano come i futures. Nel senso che sono degli strumenti di investimento che seguono il corso del sottostante, in questo caso l’oro, senza la necessità di avere l’oro fisico. Oppure, appunto, i futures, che trattano l’acquisto di un bene al prezzo attuale, con la promessa di ottenerlo a una determinata scadenza. “A New York c’è il mercato mondiale dei futures sull’oro. Spesso se ne parla in maniera negativa – ha ricordato Minoli –, ma è uno strumento molto utile e legittimo. Solitamente questi futures a tre mesi vengono venduti prima della scadenza, ma può anche accadere che qualcuno voglia del metallo fisico. Ecco perché l’oro che va negli Stati Uniti è così importante. Rappresenta la garanzia, il collaterale si dice, di fronte alle operazioni sui futures. Mettere dei dazi su questo oro avrebbe creato dei disastri sul mercato. Uno scenario che fortunatamente è stato evitato”.
Perché la BNS è “privata”
Bene rifugio, si è detto, la cui quotazione risente anche della situazione geopolitica. Perché l’oro, soprattutto in tempo di conflitti, ha sempre fatto gola. A tal proposito, Minoli ha ricordato la ragione per la quale la BNS non appartiene alla Confederazione: «Semplicemente perché, per le leggi di guerra, una potenza che dovesse invadere la Svizzera potrebbe prendere possesso dei beni dello Stato. Ma, essendo privata (una parte del capitale è in mano a privati, ndr), la BNS secondo le regole internazionali non potrebbe essere requisita da questo Stato invasore».







