Negli scorsi giorni, l’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF) ha deciso di evacuare il personale attivo a Gaza City: il motivo è che la sicurezza degli operatori non è più garantita, dopo l’intensificarsi delle operazioni militari israeliane. In merito a questa decisione, il nostro Telegiornale ha intervistato il direttore generale di MSF in Svizzera, Stephen Cornish, che ai microfoni della RSI ha spiegato: “Abbiamo dovuto lasciare l’ospedale di Gaza City a causa degli intensi bombardamenti aerei e via terra. La struttura è circondata, l’artiglieria è a un chilometro di distanza. Il nostro ospedale, come altre strutture, è a corto di rifornimenti e personale...per i nostri pazienti è sempre più difficile raggiungerlo e non possiamo più garantire la sicurezza: è un colpo al cuore doversi rassegnare a sostenere l’ospedale a distanza.”
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Cornish aggiunge inoltre che si può accettare che durante un conflitto capiti un incidente ma che “è inammissibile è che le strutture siano prese di mira, che il personale e i pazienti siano sotto minaccia diretta. Secondo il diritto internazionale e umanitario l’ospedale dovrebbe poter continuare a operare indisturbato per le centinaia di migliaia di persone bloccate a Gaza City. Solo nell’ultima settimana abbiamo curato oltre 3’500 persone, di cui 1500 per malnutrizione”.
“Cooperare con l’esercito israeliano è complicato”
Cosa sta succedendo, quindi, da quando è iniziata l’offensiva su Gaza City? “Centinaia di migliaia di persone sono riuscite, dopo un lungo e pericoloso viaggio, a raggiungere le cosiddette aree sicure nel sud della Striscia, dove stiamo operando in diverse strutture, anche di fortuna. – risponde il direttore di MSF Svizzera – Anche lì però la sicurezza non è garantita: difficilmente si trova cibo o acqua e le persone dormono ormai per terra”.
C’è bisogno di un cessate il fuoco immediato
Stephen Cornish, direttore MSF Svizzera
Inoltre, cooperare con l’esercito israeliano è complicato, sottolinea Stephen Cornish: “Non abbiamo nemmeno libero accesso agli aiuti umanitari, ai rifornimenti essenziali. Alcuni ospedali non hanno più antibiotici, lavano e riutilizzano le bende, operano senza avere anestetici a sufficienza: sono condizioni praticamente disumane, ma noi continuiamo comunque a lavorare al massimo della nostra diligenza. Quello però di cui c’è davvero bisogno è un cessate il fuoco immediato”.
L’organizzazione chiede inoltre l’evacuazione di oltre 19’000 pazienti gravemente feriti che necessitano cure urgenti fuori da Gaza. A questo proposito, sottolinea Cornish, MSF saluta con favore l’iniziativa della Svizzera di accogliere pazienti e i loro accompagnatori (si tratterebbero, tuttavia, solo di 20 minorenni, ndr.), in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“Fondamentale non perdere la speranza”
Le scene che arrivano dalla Striscia di Gaza sono orribili, ma MSF è ancora in grado di operare, curare e salvare migliaia di persone, ribadisce Cornish al Telegiornale: “Riusciamo ancora a dare cibo e acqua a tantissimi individui e tutto questo è importante, perché ogni vita conta. È davvero fondamentale non perdere la speranza, mostrare empatia verso una popolazione prigioniera di una situazione orrenda che nessuno dovrebbe mai vivere. Penso anche ai nostri operatori sanitari sul posto che ogni giorno, dopo aver riposato in qualche modo in una tenda o in un edificio diroccato, si alzano e vanno al lavoro per aiutare e dico che noi non possiamo essere da meno”.
“Servono quindi donazioni e voci, dobbiamo continuare a insistere perché i politici facciano qualcosa. I medici non possono fermare un genocidio, i leader mondiali che sono all’ONU a New York in questi giorni invece possono e devono farlo”, spiega, per poi concludere con un appello all’empatia e all’azione: “Incoraggerei la popolazione svizzera a fare come sta facendo. Le persone hanno manifestato, hanno scritto ai loro politici, hanno finanziato le organizzazioni. E credo sia molto importante non perdere la speranza”.