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Dalla Russia arriva ancora gas per miliardi

Un rapporto di Greenpeace evidenzia le contraddizioni della politica europea - Ma anche legarsi al GNL statunitense è “una trappola”

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Dai gasdotti al GNL

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Di: Stefano Grazioli 

I Paesi membri dell’Unione Europea continuano a importare gas dalla Russia. Sebbene i flussi attraverso i gasdotti si siano ridotti, le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) tramite navi cisterna sono aumentate negli ultimi anni, con un trasferimento costante di miliardi di euro dall’Europa verso Mosca. Una nuova ricerca di Greenpeace, intitolata “La trappola del GNL, la dipendenza dell’Europa dal gas della Russia e degli Stati Uniti”, ha messo in evidenza le contraddizioni di Bruxelles nella politica, energetica e delle sanzioni, dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina nel 2022. L’aggressione russa in questo senso ha segnato una svolta per l’Europa, ne ha messo in luce le significative debolezze e ha scosso profondamente il sistema energetico del continente.

La cesura del 2022

Per decenni, l’UE ha fatto affidamento sulle importazioni di gas fossile russo a basso costo, acquisendo quasi il 45% del proprio approvvigionamento da Mosca. I proventi delle esportazioni - la questione vale sia per il gas che per il petrolio e i loro derivati - hanno riempito le casse del Cremlino, contribuendo secondo Greenpeace a finanziare il regime autoritario di Vladimir Putin, con le sue ambizioni imperiali, culminate nella sua guerra contro l’Ucraina, e minacciando la sovranità, la sicurezza e la pace dell’Unione e nei Paesi limitrofi. La cesura è giunta appunto nel 2022, quando sono state comminate da Bruxelles le prime sanzioni riguardanti carbone e petrolio, e i flussi di gas sono stati progressivamente ridimensionati, sia per le chiusure unilaterali delle pipeline da parte della Russia, sia per il sabotaggio del gasdotto Nord Stream da parte di un commando ucraino, sia per la decisione di Kiev di non rinnovare con Mosca i contratti di transito attraverso l’Ucraina.

L’Europa fra Putin e Trump

Attualmente, stando alla ricerca di Greenpeace, che non ha evidenziato una situazione certo nuova, ma ne ha solo puntualizzato qualche aspetto, le importazioni di gas dalla Russia sono sostenute dai contratti di fornitura a lungo termine che diverse società energetiche con sede in Europa, tra cui TotalEnergies (Francia), Shell (Paesi Bassi), Naturgy (Spagna) e Sefe (Germania), hanno stipulato con i produttori russi e che garantiscono ed estendono le forniture di gas dalla Russia all’Europa per gli anni a venire, in alcuni casi anche oltre il 2040. Questo quadro si pone in primo luogo in netta contrapposizione non solo con le dichiarazioni fatte sino ad ora dall’Unione Europea e dei singoli Paesi volenterosi di star facendo di tutto per prosciugare le entrate del Cremlino derivate dall’export di idrocarburi, ma pone un grande punto di domanda sui piani della completa eliminazione di queste importazioni, sia di petrolio che di gas, nel giro dei prossimi due anni, come espresso nel progetto della Commissione europea illustrato qualche settimana fa.

In secondo luogo, come ha sottolineato Greenpeace, parlando letteralmente di “trappola”, l’Unione e i suoi Stati membri dopo il 2022 si sono rivolti sempre di più agli Stati Uniti, incoraggiando le società europee a firmare accordi di acquisto a lungo termine per il gas statunitense. Questo sviluppo ha tuttavia creato un nuovo paradosso e dopo aver mirato a tagliare i legami con Mosca, l’Europa è adesso maggiormente vincolata a Washington e questo rende il continente fortemente dipendente da un altro fornitore sempre più inaffidabile e dal suo imprevedibile presidente, Donald Trump.

I furbetti del gas

La ricerca di Greenpeace, che non fa altro che confermare i rapporti degli ultimi tre anni stilati dal CREA (Center for Research on Energy and Clean Air – centro finlandese indipendente che dall’inizio del conflitto ha monitora le esportazioni energetiche dalla Russia e gli effetti delle sanzioni occidentali) ha evidenziato quindi in dettaglio la doppia dipendenza dell’Europa dalle importazioni di GNL dalla Russia e dagli Stati Uniti, con il terminal belga di Zeebrugge ad esserne diventato il simbolo, per il fatto di essere il più grande hub di importazione di gas russo nell’UE, con circa un quarto dei volumi totali, e rilevando un aumento esponenziale di GNL dagli USA. Solo nella prima metà del 2025, 52,7 miliardi di metri cubi di GNL statunitense sono stati importati nell’UE, mettendo sulla buona strada per raddoppiare entro la fine dell’anno il record stabilito nel 2023. Per Greenpeace, affinché possa sfuggire da questa trappola e aumentare davvero la propria indipendenza, l’Unione Europea e i suoi membri dovrebbero porre rapidamente fine all’uso del gas e passare completamente a un sistema energetico basato sulle energie rinnovabili prodotte internamente. La sfida però non solo si gioca sul medio e lungo periodo, ma pare impossibile da vincere sino a quando i colossi energetici continentali cambieranno davvero rotta.

Dal 2022 al giugno 2025, i quattro principali Paesi europei importatori di GNL russo, vale a dire Francia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi, hanno speso complessivamente più di quanto abbiano fornito in aiuti bilaterali all’Ucraina nello stesso periodo di tempo: hanno importato gas per un valore di 34,3 miliardi di euro, mentre hanno fornito 21,2 miliardi di euro in aiuti a Kiev. La Francia del presidente Emmanuel Macron, insieme con il cancellerie tedesco Friedrich Merz e il premier britannico Keir Starmer tra i più accaniti sostenitori della linea dura contro la Russia, è uno dei maggiori clienti di Yamal Lng, joint venture controllata dal colosso Novatek dell’oligarca Leonid Mikhelson, con cui TotalEnergies è vincolata sino al 2041. Secondo i calcoli di Greenpeace, Mosca solo con i 9,5 miliardi di dollari stimati di gettito fiscale derivante dalle esportazioni di Yamal Lng tra il 2022 e il 2024, ha potuto finanziare 9,5 milioni di proiettili di artiglieria da 152 mm, equivalenti a circa tre anni dell’attuale produzione annuale casalinga di 3 milioni di proiettili.

01:40

Nuovi attacchi in Ucraina

Telegiornale 28.09.2025, 20:00

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