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Donald Trump e la crisi dell’argomentazione politica

La scelta del presidente degli Stati Uniti di evitare il confronto con la stampa rivela una debolezza più profonda - L’analisi dell’esperto Andrea Rocci

  • Un'ora fa
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Il dibattito ai tempi di Trump

Prima Ora 30.09.2025, 18:00

Di: Prima Ora-Laura Pozzi, Gregorio Schira/AC 

Un gesto che solleva interrogativi sullo stato del confronto democratico. Durante la conferenza stampa di lunedì sera, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha invitato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a non rispondere alle domande dei giornalisti, se non a quelle provenienti da media “amici”.

Andrea Rocci, vicedirettore dell’Istituto di argomentazione dell’USI e ospite martedì a Prima Ora, ha offerto una lettura critica dell’episodio. Secondo gli studi condotti sull’interazione tra presidenti americani e giornalisti, il livello di aggressività è aumentato nel tempo, anche perché i media, prima, erano considerati “troppo buoni”. In questo contesto, blindare il confronto diventa una strategia difensiva.

Per Donald Trump, spiega l’esperto, non si tratta solo di difesa: è una precisa scelta comunicativa. Il presidente statunitense preferisce utilizzare altri canali, come i social media, dove lo stile è diretto, assertivo e privo di argomentazioni. “Argomentare significa persuadere con ragioni, cercare di farsi capire e di far sì che l’altro condivida il nostro punto di vista. Questo non fa più parte dello stile di Trump”.

Sui social media, infatti, Trump spesso afferma di dire la verità, ma senza fornire spiegazioni o motivazioni. Una comunicazione che solleva dubbi sulla diffusione di “fake news”, ma che si è dimostrata elettoralmente efficace. Andrea Rocci nota però che all’interno della “galassia trumpiana” esistono stili diversi, come ad esempio quello di Charlie Kirk, figura del movimento conservatore americano assassinato di recente, il cui approccio fu più argomentativo e aperto al confronto.

L’invito è a riflettere su chi perde in questo scenario: la crisi dell’argomentazione è sintomo di una politica sempre più polarizzata, dove il confronto si riduce a scontro. I social media, pur offrendo opportunità di approfondimento, rischiano di diventare spazi chiusi, frequentati solo da chi la pensa allo stesso modo.

Commentando il video virale del febbraio 2025 che mostra l’acceso dibattito tra Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale, Andrea Rocci esprime preoccupazione per il messaggio che arriva ai più giovani: “Potrebbe stimolare la voglia di rinunciare al confronto. Bisogna invece pensare all’altro come a qualcuno con cui è normale avere divergenze. Chi la pensa diversamente non è un mostro.”

Infine, interrogato sulla situazione in Ticino, l’esperto mostra cautamente una visione ottimista: “Non siamo messi così male. La tradizione federalista svizzera parte spesso dalle cose concrete. Bisognerebbe però associare a questo, uno slancio di visione, proporre qualcosa che guardi al futuro”. È fondamentale recuperare il valore dell’argomentazione e del rispetto reciproco per garantire una democrazia sana e funzionante, conclude l’esperto.

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