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Elezioni in Moldova, in bilico tra Russia e Occidente

Domenica è previsto un testa a testa: da una parte la presidente Maia Sandu e il governo proiettati verso Occidente, dall’altra la variegata opposizione che guarda con accondiscendenza a Mosca

  • Un'ora fa
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Una tenda allestita per la campagna elettorale a Balti, Moldovia, 23 settembre 2025

  • Keystone
Di: Stefano Grazioli, giornalista esperto di Russia e paesi postsovietici 

Le elezioni parlamentari in Moldova, Paese con poco più di due milioni di abitanti al confine con l’Ucraina, sono rilevanti sia per la stabilità del quadro interno, sia nella prospettiva degli equilibri continentali. L’ex repubblica sovietica, che ha avviato le trattative per l’ingresso nell’Unione Europea nel 2024, è in bilico tra Russia e Occidente fin dai primi anni della sua indipendenza, raggiunta nel 1991. Nei decenni scorsi si sono succeduti presidenti e governi definibili, con una certa semplificazione, filorussi o filoccidentali. Dal 2020 al vertice dello Stato c’è l’europeista Maia Sandu, rieletta nel 2024, e il governo a Chisinau è attualmente retto da Dorin Recean, alla guida di un governo sostenuto dal Pas (Partito di azione e solidarietà) che detiene dal 2021 la maggioranza in Parlamento e fa riferimento alla presidente.

Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 si sono acuite le tensioni interne: da una parte la leadership e il governo proiettati verso Occidente, dall’altra la variegata opposizione che guarda con accondiscendenza alla Russia; allo stesso tempo sono cresciuti gli screzi internazionali, con le interferenze da entrambi i lati e le accuse reciproche tra Mosca e Bruxelles di combattere una guerra ibrida in territorio moldavo. Lo scenario non è certo nuovo, già visto sia a Chisinau che in altre repubbliche ex sovietiche, in primis in Ucraina, con le note conseguenze.

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Telegiornale 24.09.2025, 12:30

Il quadro interno

In questo contesto la campagna elettorale che ha condotto al voto è stata caratterizzata da una forte contrapposizione tra lo schieramento filopresidenziale del Pas e l’opposizione, costituita dal Blocco elettorale patriottico, alleanza ad hoc tra il Partito socialista dell’ex presidente Igor Dodon, il Partito comunista di Vladimir Voronin, il Partito repubblicano di Irina Vlah e il Partito per il futuro di Vasile Tarlev. In corsa c’è anche Alternativa, cartello formalmente europeista guidato dal sindaco di Chisinau Ion Ceban, dall’ex procuratore generale Alexandr Stoianoglu, sconfitto al ballottaggio per le presidenziali da Sandu nel 2024, affiancati dall’ex premier Ion Chicu e dall’ex comunista Mark Tkachuk. I 101 seggi del Parlamento verranno distribuiti fra questi partiti, a cui si aggiungerà anche Nostro popolo, movimento populista fondato da Renato Usatii, sindaco di Balti, seconda città del Paese.

I sondaggi della vigilia danno il Pas lontano dalla maggioranza assoluta raggiunta quattro anni fa, impegnato in un testa a testa con il blocco filorusso, mentre più staccati sono gli altri partiti, che saranno però fondamentali per la composizione della futura maggioranza in Parlamento e per la costituzione del prossimo governo. Se la legislatura in scadenza è stata segnata dal tandem filoccidentale fra presidente e governo, la prossima potrebbe lasciare spazio invece a una coalizione se non proprio filorussa, certamente meno europeista. D’altro canto anche il referendum dello scorso anno sull’ingresso nell’Ue, vinto per il rotto della cuffia dal partito di governo e con una scarsa affluenza alle urne, ha evidenziato come la Moldova rimanga un Paese spaccato.

Il duello internazionale

La questione delle fratture interne che si intersecano con quelle internazionali fa parte della storia della Moldova, nata con il crollo dell’Unione Sovietica e subito impegnata in una guerra interna con la separazione della Transnistria, lembo di terra al confine con l’Ucraina, che da oltre tre decenni costituisce una sorta di stato indipendente, supportato dalla Russia e non riconosciuto dalla comunità internazionale. Mosca mantiene un contingente militare a Tiraspol, che dista poco più di 100 km dal porto ucraino di Odessa. All’interno della Moldova vi è anche la Gagauzia, entità territoriale autonoma con circa 130 mila abitanti e un’affinità storica con la Russia. La governatrice Evgenia Gutul lo scorso agosto è stata condannata a sette anni di carcere per finanziamenti illegali al movimento filorusso dell’oligarca Ilan Shor: un caso che è stato presentato dall’opposizione interna e dal Cremlino come esempio di giustizia politica selettiva, mentre presidente e governo hanno negato ogni coinvolgimento politico.

È evidente comunque che il voto parlamentare potrà portare a differenti risultati: maggiore stabilità e conferma del corso europeista se il Pas sarà in grado di mantenere la barra costruendo un’alleanza solida; più instabilità se la coalizione sarà frammentata e le spinte filorusse saranno consistenti. In ogni caso è probabile che lo scenario di fondo rimarrà quello di un Paese dove le correnti saranno difficili da unificare, soprattutto se la polarizzazione verrà mantenuta e accentuata, anche dall’esterno, sia dalla Russia che dall’Unione Europea, in quello che sarà il prossimo corso del futuro governo a Chisinau.

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