La ricostruzione di Gaza potrà essere rapida. Ne è convinto Benno Albrecht, rettore dell’Università Iuav di Venezia. Da quasi due anni, coordina un team di 200 esperti, tra docenti e ricercatori, che collaborano anche con università e istituzioni presenti nella Striscia. Il modello urbano immaginato per Gaza è una costellazione organica di quartieri, funzionali e autonomi, ognuno con non più di 15’000 abitanti.
“Quando scoppia la pace scoppiano delle urgenze molto forti, perciò bisogna avere i piani pronti”, così Benno Albrecht alle telecamere del Telegiornale della RSI. “Non facciamo un progetto, ma stiamo progettando un processo, che è una cosa un poco diversa. Questa è la grande novità di questo intervento. Al metodo antico dall’alto verso il basso, noi contrapponiamo uno dal basso verso l’alto. Ciò significa piccoli prestiti, piccole imprese di costruzioni, piccoli interventi che funzionano come una sommatoria cellulare”.
Il piano prevede di spostare in loco la produzione dei materiali. E di formare la popolazione alle tecniche di costruzione, così da rendere la comunità autonoma, competente e competitiva con i Paesi vicini. “Non diamo il pesce inteso come prodotti finiti, noi invece diamo gli strumenti. Non pensiamo di importare materiale ma pensiamo a realizzare le fabbriche. Non pensiamo a fare progetti ma a fare processi”.
Benno Albrecht spiega il progetto. “Una città post-industriale, quella che chiamate periferia, viene distrutta. Si ricomincia a ricostruire proprio dagli spazi pubblici. Questo cambia le misure, si possono cambiare le dimensioni delle strade, si può cambiare la funzione di alcune cose, prende un altro carattere e perciò si evolve e diventa un luogo completamente diverso e molto più positivo”.
Albrecht ha voluto specificare che non saranno tendopoli ma verranno costruite vere e proprie case. “Una buona ricostruzione è lo strumento più efficace per far sì che non ritornino i conflitti. Negli ultimi 30 anni i conflitti ritornano sempre negli stessi posti. Probabilmente, questa è la nostra teoria, il sistema di ricostruzione non funziona bene e crea delle iniquità”.
Un grande tema è quello economico-finanziario. Chi dovrà o potrà sostenere i costi della ricostruzione? “In realtà se questo sistema produce lavoro, produce un’economia, che è come fare un mutuo per la casa. Noi abbiamo fatto dei calcoli su questi break-even, che sono abbastanza vicini nel tempo, meno di un mutuo per la casa. Gli stati più ricchi possano permettersi di investire, è una scommessa che può dare dei frutti molto buoni”.
Il progetto postbellico, già pronto nelle sue applicazioni pratiche, resta però fermo nella sua fase teorica: perché possa prendere forma, serve una pace duratura.