Diversi attacchi israeliani hanno ucciso una cinquantina di persone nella Striscia di Gaza. Circa 13 palestinesi sono morti a Deir al-Balah e quattro sono invece stati uccisi vicino a una stazione di benzina della stessa zona. Altre 15 persone sono morte a Khan Yunis, nel sud della Striscia, e oltre 20 vicino a Rafah, mentre si dirigevano verso i centri di rifornimento di aiuti umanitari. Lo hanno comunicato le autorità ospedaliere e dei testimoni.
L’esercito israeliano (IDF) ha dichiarato che nelle ultime 48 ore le truppe hanno colpito circa 250 obiettivi di Hamas nella Striscia, tra cui militanti, strutture con trappole esplosive, depositi di armi, postazioni di lancio di missili anticarro, postazioni di cecchini, tunnel e altri siti infrastrutturali.
Carenza di carburante, ulteriore minaccia per i palestinesi
Nel frattempo, le Nazioni Unite (ONU) hanno comunicato che la penuria di carburante a Gaza ha raggiunto un “livello critico”, e questo potrebbe aumentare significativamente le sofferenze nel territorio palestinese devastato dalla guerra.
“Dopo quasi due anni di guerra, la popolazione di Gaza sta affrontando difficoltà estreme, tra cui una diffusa insicurezza alimentare”, hanno avvertito sette agenzie dell’ONU in una dichiarazione congiunta, perciò “quando il carburante finisce, un nuovo e insopportabile fardello viene posto su una popolazione sull’orlo della fame”. “Il carburante è la spina dorsale della sopravvivenza a Gaza”, hanno rimarcato nella nota le agenzie, poiché è indispensabile per “alimentare gli ospedali, il sistema di approvvigionamento di acqua, le reti igienico-sanitarie, le ambulanze e tutti gli aspetti delle operazioni umanitarie”.
Si continua ad aspettare un cessate il fuoco
I colloqui in corso a Doha tra Israele e Hamas sono attualmente in fase di stallo, a causa di profonde divergenze sul ritiro delle truppe israeliane da Gaza, hanno riferito delle fonti. Hamas ha respinto le mappe proposte da Israele, che prevedono il mantenimento del controllo su parte del territorio, mentre Israele insiste sullo smantellamento del gruppo prima di fermare i combattimenti. Nonostante le difficoltà, le trattative su una proposta statunitense per un cessate il fuoco di 60 giorni proseguono.