Intervista esclusiva

Hamas: “Nessun disarmo, Israele occupa ancora la nostra terra”

Incontro con Ahmed Abdel Hadi, leader in Libano del movimento palestinese - Respinte molte proposte del piano di pace americano: non vogliamo un ruolo politico a Gaza, ma neppure tutori calati dall’alto

  • Un'ora fa
  • 49 minuti fa
Ahmed Abdel Hadi durante l'intervista con RSI
11:03

Hamas dice no al piano Trump

SEIDISERA 14.11.2025, 18:00

  • Mattia Capezzoli - RSI
Di: Naima Chicherio, inviata RSI in Libano

Il sì all’incontro è arrivato quasi subito. Per la data e l’orario esatto è stata invece tutta un’altra storia. Un ultimo momento che però non è stato seguito da istruzioni particolari o particolari misure di sicurezza. Ahmed Abdel Hadi si è fatto trovare nell’ufficio di Hamas della periferia di Beirut. Nella Dahye, quartiere bombardato a ripetizione da Israele perché roccaforte di Hezbollah, importante alleato del gruppo palestinese.

“È chiaro che non ci sentiamo sicuri qui”, dice all’inizio dell’intervista, “ma abbiamo i nostri protocolli e poi Hamas è molto organizzato. Abbiamo perso diversi dei nostri massimi leader in questi due anni, ma Hamas è ancora integro e non è cambiato nulla perché nessuno qui prende decisioni da solo”, racconta alla RSI davanti a una carta da parati che replica all’infinito il combattente anonimo delle Brigate al Qassam.

E allora cosa state decidendo? Cosa sappiamo di questa seconda fase del cessate il fuoco a Gaza? Quali sono le vostre rivendicazioni? “Rifiutiamo la presenza di una forza internazionale dentro Gaza. Abbiamo le nostre forze di sicurezza e la nostra polizia, si occuperanno loro del mantenimento dell’ordine”.

Nessuna interferenza neanche a livello politico. Il piano americano prevede la creazione di un “comitato per la pace” e sono stati fatti dei nomi non palestinesi, che Hamas ha rifiutato. “Non abbiamo bisogno di tutori paracadutati dall’alto”, dice Hadi che garantisce che il gruppo non vuole alcun ruolo nel futuro politico della Striscia.

Durante l'intervista

Durante l'intervista

  • RSI - Mattia Capezzoli

In realtà, quale attore principale nei negoziati in corso, Hamas propone personaggi alternativi, mantenendo così una certa influenza anche sul comitato di otto membri e del suo supervisore. A questo si aggiunge la pressione delle armi. “Noi non saremo disarmati perché Israele occupa ancora il nostro territorio. Gli Stati Uniti e Israele vorrebbero distruggere i tunnel e le nostre armi, ma non succederà. Non ci sarà neanche un disarmo parziale”, dice.

Alla domanda sul consenso popolare – in forte calo secondo i sondaggi e testimonianze dalla Striscia – risponde dicendo che i palestinesi sono ancora più vicini a Hamas perché è l’unico che possa dare garanzie. Alla richiesta di un commento sulle immagini di civili puniti per aver ringraziato gli Stati Uniti per il cessate il fuoco, si va in negazione. Sono video “non corretti”. La valutazione su decine di migliaia di morti è quella ufficiale: “in tanti Paesi in cui si è combattuto per la liberazione, ci sono state tante vittime. Il 7 ottobre è il massimo successo di Hamas. Israele stava soffocando la causa palestinese di cui oggi, invece, parlano tutti. È stato un sacrificio necessario”.

Sappiamo che Netanyahu vorrebbe continuare a combattere, ma gli USA non glielo lasceranno fare

Ahmed Abdel Hadi, Leader di Hamas in Libano

La popolazione, di sacrifici dovrà probabilmente farne altri. “Stiamo negoziando affinché i nostri combattenti bloccati nella zona occupata da Israele possano tornare nell’area attualmente controllata da Hamas”, dice Hadi. Il 53% della Striscia è in mano all’esercito israeliano, che non si ritirerà se Hamas non depone le armi come dichiara. Ciò significa che questa situazione temporanea potrebbe congelarsi, che due milioni di persone a Gaza potrebbero essere compresse in metà di 365 chilometri quadrati. Una vita che era già stretta prima di questa guerra.

Beirut: a sinistra, Ahmed Abdel Hadi

Beirut: a sinistra, Ahmed Abdel Hadi

  • IMAGO / Agencia EFE

Hamas ha scelto il testa a testa. “Sappiamo che Netanyahu vorrebbe continuare ad esprimere se stesso sul campo di battaglia”, dice Hadi con un tono che non è di evidente sprezzo e neanche di ironia, ma forse di entrambe le cose. “Ma siamo sicuri che gli Stati Uniti non glielo lasceranno fare”. No, perché gli interessi americani per una pace che consenta l’ampliamento dei suoi accordi con i Paesi arabi sono troppo grandi. Più grandi degli obiettivi delle parti in causa che ancora sperano di distruggersi.

Legato a SEIDISERA del 14.11.2025

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