Analisi

I problemi dell’Ucraina (anche) fuori dalla porta di casa

Nei Paesi confinanti è in corso un indebolimento progressivo delle forze europeiste a scapito di quelle nazionaliste, e in parte filorusse – In aumento anche gli screzi tra Kiev e Varsavia

  • Oggi, 06:08
  • Un'ora fa
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Ungheria, Slovacchia, Romania, Moldova e Polonia, ma indirettamente anche la Repubblica Ceca, costituiscono l’anello più vicino all’Ucraina

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Di: Stefano Grazioli, giornalista esperto di Russia e paesi postsovietici 

Il fianco orientale della NATO corrisponde in larga parte a quello occidentale dell’Ucraina ed è costituito dai Paesi che dopo il crollo dell’Unione Sovietica sono entrati gradualmente nell’Alleanza Atlantica: tra chi confina direttamente con l’Ucraina la lista comprende la Polonia, la Slovacchia, l’Ungheria e la Romania, tutti Stati che fanno parte anche dell’Unione Europea; inoltre l’Ucraina confina a sudovest con la Moldova, né nella NATO né nell’UE, e a nordovest con la Bielorussia, a sua volta a ridosso dei Paesi baltici, che a settentrione rappresentano l’avamposto dell’Occidente verso la Russia. Sono gli Stati della Mitteleuropa a definire comunque l’anello più vicino all’Ucraina, quello che, anche solo per ragioni geografiche e sotto vari aspetti, ha risentito maggiormente del conflitto cominciato nel 2022 con l’invasione russa. Si tratta di Paesi che sino alla caduta dell’URSS hanno fatto parte del blocco sovietico, hanno avuto una lunga storia di rapporti difficili con Mosca e nel corso degli ultimi decenni sono rimasti legati, in misura differente, alla Russia.

Populismo filorusso in Mitteleuropa

Non c’è quindi da stupirsi se a Budapest o Bratislava, oppure anche a Praga - visto che la Repubblica Ceca non è confinante con l’Ucraina, ma lo era la Cecoslovacchia prima della Rivoluzione di velluto del 1989 - vi sono partiti politici, movimenti e parte della società, che, nonostante la guerra in corso, hanno assunto una posizione che, semplificando, può essere definita filorussa. Victor Orban in Ungheria e Robert Fico in Slovacchia sono premier che, partendo dal consenso a casa propria, all’interno dell’Unione si sono contraddistinti per la linea accondiscendente nei confronti del Cremlino, rallentando anche il processo delle sanzioni condotto in prima linea dalla Commissione e dai cosiddetti volenterosi. La recente vittoria del populista di destra Andrej Babis in Repubblica Ceca, al di là del fatto che non è ancora ben chiaro quale sarà il prossimo governo a Praga, è la dimostrazione che il Paese è oggi comunque diviso tra chi contesta duramente Bruxelles, sia sulla strategia tenuta sino ad ora nel conflitto sia su altri piani, e chi invece vede nell’UE comunque un baluardo contro la Russia.

06:51

Elezioni in Repubblica Ceca

SEIDISERA 03.10.2025, 18:00

  • Keystone

Eredità del passato e legami economici

Lo stesso discorso può essere fatto per gli altri Paesi dell’anello, come la Romania, dove il voto dello scorso anno ha evidenziato la crescita esponenziale della destra filorussa, e come la Moldova, che, nonostante il successo della scorsa settimana del partito europeista della presidente Maia Sandu, rimane spaccato in due. A Chisinau c’è anche il problema irrisolto della Transnistria, repubblica proclamatasi indipendente dopo la fine dell’URSS, ma non riconosciuta dalla comunità internazionale e diventata una sorta di protettorato di Mosca. Anche la Polonia, uno dei principali alleati dell’Ucraina, sia a livello politico che militare, dopo oltre tre anni e mezzo di conflitto, e con l’arrivo del nuovo presidente populista Karol Nawrocki, sta mostrando due anime differenti.

Da un lato gli screzi tra Varsavia e Kiev sono in crescita, derivanti dal passato della Seconda guerra mondiale e dai massacri dei nazionalisti ucraini in Volinia, e dall’altro ci sono dossier più attuali, come quello dell’elevato numero di immigrati ucraini in Polonia, circa un milione, verso cui i partiti e l’elettorato di destra mostrano sempre più insofferenza. Se la Russia rimane il nemico, l’Ucraina non è proprio un Paese amico, almeno per i nazionalisti polacchi. In Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca i legami con la Russia sono ancora saldi anche per ragioni energetiche, a partire, oltre dal gas e petrolio, dal nucleare e dalle centrali di costruzione sovietica in funzione ancora adesso. In una fase di crisi, come quella cominciata dopo la pandemia e l’arrivo del conflitto in Ucraina, questi paesi non hanno potuto e voluto tranciare i rapporti con la Russia, come del resto sul nucleare non l’hanno fatto paesi come la Francia e la Germania.

Problemi per UE e NATO?

Non è ancora chiaro quanto l’indebolimento progressivo delle forze europeiste a scapito di quelle nazionaliste, e in parte filorusse, nei paesi dell’anello intorno all’Ucraina, potrà influenzare davvero la strategia attuale dell’Unione Europea e dell’Alleanza atlantica. Più che altro è però da evidenziare lo slittamento dell’elettorato verso posizioni meno radicali di quelle delle leadership volenterose che proseguono nel muro contro muro contro Mosca e promettono di stare al fianco dell’Ucraina sino a una vittoria che rimane un miraggio.

È possibile che con il proseguimento del conflitto aumentino così le divisioni a Bruxelles sulla prossima tattica da adottare, influenzate dalla polarizzazione, che sta avvenendo non solo nei Paesi dell’anello orientale, ma un po’ ovunque, di fronte a un semi-stallo che giova più alla Russia di Vladimir Putin, impegnata in una guerra di logoramento e avvantaggiata dalle maggiori risorse disponibili, che non all’Ucraina di Volodymyr Zelensky, sempre più in difficoltà. Il presidente ucraino si è ancora lamentato degli scarsi aiuti militari, con la NATO che sembra più impegnata a rafforzare il suo lato orientale, mentre Kiev si prepara ad affrontare il quarto inverno di guerra.

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