Intervista

I segreti social dietro la vittoria di Zohran Mamdani a New York

Il nuovo sindaco della Grande Mela si è calato nella vita quotidiana delle persone - Il professore dell’USI Jean Patrick Villeneuve ci parla dell’efficacia della sua campagna elettorale

  • Un'ora fa
Attraverso i social media, Mamdani è riuscito a parlare efficacemente a una nuova generazione di elettori

Attraverso i social media, Mamdani è riuscito a parlare efficacemente a una nuova generazione di elettori

  • Keystone
Di: Sara Giacomini 

Se ne parlava da settimane, ma lo scorso 5 novembre quella che all’inizio era un’ipotesi è diventata realtà: Zohran Mamdani è stato eletto sindaco di New York. La sua campagna elettorale è stata seguita in tutto il mondo, proprio perché il candidato ha saputo distinguersi dai suoi antecedenti democratici così come dai suoi avversari politici.

La corsa di Zohran Mamdani per la carica di sindaco ha rappresentato un rovesciamento rispetto a quelle tradizionali a cui gli elettori sono abituati: ha saputo coniugare attivismo di base, comunicazione visiva d’impatto e un uso sapiente dei social media, rompendo gli schemi della politica istituzionale. Mamdani è riuscito a parlare a una nuova generazione di elettori, ridefinendo il linguaggio e l’estetica della comunicazione. Sono moltissimi i video che ha pubblicato sui social, incisivi per diverse ragioni e mai fini a sé stessi: con il sorriso sempre sul volto, è riuscito a creare contenuti che unissero simpatia, carisma, ma anche attenzione politica e linguaggio ben ponderato.

Non solo la campagna elettorale di Mamdani è stata singolare, ma anche i fondi che raccolti per finanziarla lo sono stati. Al contrario degli altri candidati sostenuti dai cosiddetti “grandi donatori”, la sua campagna è stata finanziata principalmente da piccoli donatori, che hanno contribuito con somme al di sotto di 100 dollari. La città di New York, tramite un programma che corrisponde il valore delle piccole donazioni con fondi pubblici, ha devoluto una notevole somma alla campagna di Mamdani, che è risultata quella più finanziata (16,7 milioni di dollari, rispetto ai 12,5 milioni dell’avversario Cuomo).

Della particolare efficacia della sua comunicazione mediatica abbiamo parlato con Jean-Patrick Villeneuve, professore ordinario di Amministrazione e management pubblico presso l’Università della Svizzera italiana (USI) a Lugano:

Perché molti osservatori politici hanno definito così particolare se non addirittura “rivoluzionaria” la campagna di Mamdani?

“Quando Mamdani ha iniziato la sua campagna era uno sconosciuto, eppure è riuscito a vincere nella città di New York, la città dei democratici. In questa elezione c’erano due figure importanti: da un lato Cuomo, che proviene da una famiglia politica molto conosciuta, un democratico conservatore, tradizionale, parte dell’establishment; dall’altro Mamdani, che ha condotto una campagna rivoluzionaria sotto diversi aspetti, rompendo con le modalità abituali.

Non ha seguito il gioco tradizionale. Ha scelto di mobilitare i volontari e di concentrarsi sui bisogni concreti dei cittadini di New York. Non si è focalizzato sulle grandi parole o sui grandi temi, ma sulla vita quotidiana. E, al di là di questo, lui stesso fa parte di quella vita quotidiana.

Nella sua comunicazione è presente tra le persone, nelle strade, nei diversi boroughs di New York. C’è questo elemento di partecipazione diretta, di linguaggio inclusivo, e anche un’identità visiva molto diversa rispetto a quella, molto più tradizionale, della politica americana.”

Mamdani ha adottato uno stile grafico originale nei suoi post, più vicino a quello di un “content creator” che di un politico tradizionale. Nella sua campagna elettorale, qual è stato il ruolo di queste scelte visive e, più in generale, dell’uso dei social media?

“La sua idea, a livello visivo, è quella di sottolineare che non è un democratico tradizionale. All’interno del partito c’è una grande battaglia tra i più tradizionalisti, come Cuomo o Clinton, e i giovani innovatori come Cortes e Mamdani. Questi ultimi vogliono evidenziare la loro differenza e l’uso di nuovi colori nelle campagne elettorali trasmette questo segnale. Questo è evidente in tutti i contenuti online di Mamdani.

L’approccio da “content creator” è importante, si collega alla sua storia personale: ha fatto musica, sua madre lavorava a Bollywood. Quindi, quando entra in politica, conosce già bene i linguaggi del mondo artistico e della comunicazione di alto livello. Al contrario, Andrew Cuomo è molto più anziano, molto più tradizionale. E quando ha provato a imitare Mamdani, non ha funzionato. Con Mamdani funziona perché quello è il suo stile, la sua persona. Quando qualcun altro prova a fare la stessa cosa, non funziona.”

Mamdani ha abbandonato l'uso esclusivo del blu, tipico dei democratici, scegliendo una palette vivace di blu, arancione e giallo

Mamdani ha abbandonato l'uso esclusivo del blu, tipico dei democratici, scegliendo una palette vivace di blu, arancione e giallo

  • Forge

Pensa che una campagna elettorale del genere possa essere imitata altrove, per esempio in Svizzera?

“Gli americani fanno le cose in modo diverso rispetto all’Europa. L’idea generale è che qui una campagna del genere non arriverà mai, oppure che arriverà con cinque anni di ritardo. Da un lato, però, alcuni politici europei cercano di seguirlo: per esempio, alcuni in Inghilterra hanno già adottato un approccio simile. Mamdani sta diventando un modello di comunicazione politica. La difficoltà, poi, è capire: funziona o non funziona? Per Mamdani ha funzionato, ma in un sistema politico diverso da quello svizzero, con un sistema di votazione diverso. Qui abbiamo un sistema politico molto più consensuale, più frammentato.

Credo che questa logica partecipativa e comunitaria dia un bel segnale. Per Mamdani ha funzionato perché c’è un elemento di autenticità quando lo fa: è tutta una campagna, un personaggio, e anche un contesto particolare. New York è una cosa, ma fare la stessa cosa in un altro posto – anche rimanendo negli Stati Uniti, come in Vermont o in New Hampshire – bisogna vedere se funziona o no.”

Quali sono i limiti di questo tipo di campagna? E come ha fatto Mamdani ad aggirarli?

“La cosa più difficile è tentare di curare l’aspetto “cool” della comunicazione cercando, al contempo, di portare contenuti politici. Questo è un mix un po’ difficile da realizzare. Tanti sono molto bravi in uno dei due aspetti: magari sono stati molto comunicativi, ma sulle politiche pubbliche sono un po’ deboli; altri, invece, l’opposto. Lui è capace di essere al top su entrambi i fronti. Ma vincere le elezioni è una cosa, e – come si dice spesso negli Stati Uniti – le regole del gioco per diventare presidente o sindaco di una città enorme come New York hanno poco a che fare con le qualità necessarie per svolgere davvero quel lavoro.

E oggi molti hanno un po’ di timore: Mamdani ha vinto, fantastico, ha fatto promesse straordinarie, ma sono promesse che possono funzionare a New York? Da vedere. Perché sì, sono d’accordo con le politiche pubbliche più generose. Ma ci sono i soldi? Funziona? E a livello politico, come potrà andare avanti con tutta l’opposizione, anche all’interno del suo stesso partito, oltre che da parte dei repubblicani?

La grande sfida, la prossima tappa, sono le elezioni di metà mandato del 2026. Mamdani avrà abbastanza tempo? Abbastanza per iniziare… e magari anche per fallire. Questo periodo sarà cruciale. Se sarà capace di mettere sul tavolo delle politiche concrete, di portare un cambiamento a New York, di andare oltre le promesse e avere un impatto reale sul terreno, allora potrebbe essere positivo per i democratici nel 2026. Se non sarà così, darà un segnale terribile per il partito.

Quindi è un challenging moment, come dicono negli Stati Uniti. Da vedere se lui è davvero capace di fare questa cosa. Anche perché c’è Donald Trump che cercherà di bloccare diverse iniziative. Già oggi alcuni parlano di togliergli il passaporto americano. Accadranno tante, tante cose nei prossimi mesi. Un gioco super interessante per la stampa. Per chi non vive negli Stati Uniti, sarà molto interessante vedere se una campagna di comunicazione politica che ha permesso di vincere, permetterà anche di governare efficacemente come sindaco.”

Il “caso” Zohran Mamdani

Il democratico Zohran Mamdani, 34enne socialista e di religione musulmana, è il nuovo sindaco di New York. I suoi genitori sono indiani: suo padre è un professore universitario, mentre sua madre, Mira Nair, è una nota regista e produttrice. Zohran nasce in Uganda, trascorre la sua infanzia in Sudafrica e ottiene la cittadinanza statunitense nel 2018. Nel giugno del 2025, contro ogni previsione, vince le primarie del partito democratico con promesse che per i suoi avversari paiono irrealizzabili: trasporti pubblici gratuiti, affitti calmierati, aumento delle tasse ai cittadini più ricchi. La sua lotta, insomma, è nei confronti del carovita nella Grande Mela. Il 5 novembre vince le elezioni con il 50,4% dei voti, al termine della più seguita fra le diverse elezioni statali e locali che si sono svolte negli Stati Uniti. A favorirlo è anche la sua comunicazione brillante sui social media e una capacità di mobilitare i giovani volontari per le avenue e le street newyorkesi.

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Il significato dell'elezione di Mamdani

Telegiornale 05.11.2025, 20:00

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