“A nome della Danimarca: scusa”. “Scusate per il male che vi è stato fatto perché groenlandesi, scusate per quanto vi è stato tolto e per il dolore che vi è stato causato”. Sono le parole commosse che la prima ministra danese Mette Frederiksen ha rivolto mercoledì al popolo della Groenlandia. Nella capitale Nuuk si è celebrata una cerimonia per chiedere perdono alle migliaia di donne Inuit a cui -tra gli anni ‘60 e ‘70- il governo della Danimarca impose con la forza un controverso piano di controllo delle nascite.
Già il mese scorso era stato pubblicato un comunicato di scuse, prima della pubblicazione di un rapporto di inchiesta indipendente sulla vicenda, in cui 354 donne hanno raccontato le loro esperienze. Ma secondo gli esperti furono in 4’000, la metà di quelle in età fertile all’epoca, a ricevere trattamenti anche ormonali, una contraccezione forzata, somministrata anche a 12enni, nella maggior parte dei casi senza informarle né tantomeno chiedere il loro consenso.
Dopo la premier Frederiksen hanno preso la parola anche alcune di queste donne inuit, qualcuna disposta a perdonare, altre no. In Groenlandia c’è chi si chiede se queste scuse, dovute, non arrivino oggi solo perché Donald Trump ha manifestato interesse per strappare l’isola alla ex potenza colonizzatrice. La Groenlandia è stata infatti colonia danese fino al 1953, prima di diventare provincia. Dal 1979 ha acquisito maggiore autonomia, ma resta parte del regno, anche se le spinte indipendentiste sono forti.