Sono passati quasi due mesi dal primo colloquio diretto di pace tra Russia e Ucraina, avvenuto a metà maggio, ma la guerra continua senza che si intravedano possibilità né per una tregua né tanto meno per una pace duratura. Dopo che al secondo round ai primi di giugno le delegazioni si sono scambiate i documenti con i rispettivi piani per la pacificazione, anche la diplomazia ha segnato uno stallo, rotto solo nei giorni scorsi da un giro di telefonate incrociate tra Mosca, Kiev e Washington.
Il ruolo degli Stati Uniti
Il presidente statunitense Donald Trump ha tentato di riprendere il filo della mediazione, senza apparente successo. Se Vladimir Putin ha ribadito che in assenza delle condizioni richieste per la fine del conflitto l’operazione militare andrà avanti, Volodymyr Zelensky ha mostrato preoccupazione per il progressivo disimpegno degli Stati Uniti dopo le notizie di ulteriori blocchi per quanto riguarda le forniture di missili di difesa Patriot. Al di là delle dichiarazioni, spesso contrastanti, della Casa Bianca la realtà è che dall’arrivo del nuovo presidente gli USA hanno praticamente azzerato il sostegno militare e finanziario all’Ucraina e ora anche il supporto già approvato dalla precedente amministrazione sembra arrivare in modo discontinuo a Kiev.

Colloquio Zelensky - Trump
SEIDISERA 04.07.2025, 18:00
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La situazione sul campo
Per Zelensky, con il dossier della guerra nell’ex repubblica sovietica relegato in secondo piano, sia ai recenti vertici di NATO e Unione Europea, a causa sia dello spostamento delle priorità che delle divergenze tra i partner europei, lo spazio di manovra si è ulteriormente ristretto. Mentre ha aumentato la pressione sia nelle regioni del nord, tra Sumy e Kharkiv, oltre che nel Donbass, completando la conquista dell’oblast di Lugansk e spingendosi al confine di quello di Dnipropetrovsk, la Russia ha intensificato la guerra dei droni e dei missili che sta mettendo a dura prova le difese ucraine.
Strategie e contromisure
Se a Kiev riescono spettacolari colpi come quello dell’operazione Spiderweb, con l’attacco multiplo all’inizio di giugno a varie basi aeree in territorio russo, l’iniziativa è sempre in mano a Mosca, che, pur con alti costi, prosegue nella strategia di logoramento. Il presidente ucraino, che nel corso degli ultimi tre anni ha dovuto accantonare prima la formula di pace che nell’autunno del 2022 prevedeva colloqui con la Russia solo dopo il respingimento delle forze russe dal Donbass e dalla Crimea, poi il piano della vittoria presentato a Joe Biden nel 2024, è messo adesso in maggiore difficoltà sia dallo smarcamento netto di Trump sia dalla debolezza intrinseca della frazione dei volenterosi europei, che il Cremlino non prende nemmeno in considerazione.
Nuova telefonata tra Putin e Trump
Telegiornale 03.07.2025, 20:00
La posizione di Putin e le divisioni europee
Putin, forte della posizione sul terreno e avvantaggiato anche dalla piega che hanno preso le relazioni russo-statunitensi, in via di rimodulazione al di là della scacchiera ucraina, può contare sul fatto che anche all’interno dell’Unione le posizioni siano diversificate: se la Commissione e i cosiddetti volenterosi, trainati da Francia, Germania e Gran Bretagna, hanno lanciato a metà maggio un ultimatum per costringere la Russia alle trattative minacciando un nuovo giro di sanzioni, a giugno non sono stati capaci di approvare il previsto 18esimo pacchetto, che comunque al Cremlino non avrebbe fatto cambiare strategia.
L’inefficacia delle sanzioni e l’allarme ucraino
Anche nel caso delle restrizioni economiche e finanziarie, senza l’appoggio degli Stati Uniti, i provvedimenti non sono in grado di far correggere la rotta a Mosca come si vorrebbe a Bruxelles e nelle varie cancellerie europee. Da parte ucraina è stato lanciato più volte l’allarme per una situazione in via di deterioramento, sia per quanto concerne le vicende sul terreno e i deficit militari sempre maggiori, sia per un’unità diplomatica molto più di facciata che nei fatti: ma Zelensky non è in grado di condizionare le mosse degli alleati.
Il cambio di narrazione e le prospettive future
Quello che sta accadendo, con la guerra della propaganda che Kiev non sta più vincendo, pare essere invece il contrario: nonostante la retorica dei leader europei più vicini all’Ucraina, è cambiata in ogni caso la narrazione, che non prevede più la sconfitta della Russia e la riconquista dei territori occupati, bensì il raggiungimento della pace, con l’inizio delle trattative partendo dalla situazione attuale, come indicato anche nel piano ucraino consegnato a Mosca già a maggio.
Le decisioni militari e le loro conseguenze
Le decisioni, come quelle della Germania di non inviare i missili a lungo raggio Taurus, armi in grado di colpire direttamente la capitale russa, oppure quelle di limitare le forniture di altri sistemi offensivi - dagli Atacms (Army Tactical Missile System, missili balistici tattici statunitensi) agli Scalp-Storm Shadow (missili da crociera a lungo raggio) franco-britannici - hanno condizionato le capacità di reazione ucraine, costringendo Kiev allo status attuale.
Nell’ottica della proxy war (la guerra per procura, in cui le potenze maggiori si confrontano indirettamente attraverso il sostegno a parti opposte in un conflitto), sono gli alleati dell’Ucraina che ne hanno determinato in larga parte le possibilità di contrastare l’invasione russa e ora devono decidere cosa voler fare: se per gli USA la strada sembra essere imboccata, i volenterosi europei devono ancora mettersi d’accordo sui passi futuri. Nei prossimi giorni sono in calendario sia un summit dei volenterosi a Londra che un vertice per la ricostruzione a Roma, ma intanto il conflitto va avanti e l’ex repubblica sovietica è sempre più lacerata.
Gli ultimi reportage degli inviati RSI in Ucraina