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Ti licenzio. Non ti licenzio

Il mondo del lavoro, nell'Europa delle delocalizzazioni, sta diventando il mondo dell'incertezza - Storia di Tiziana e Giovanni

  • 29.03.2018, 07:40
  • 23.11.2024, 02:09
03:52

Tra vita e profitto: il caso Embraco

RSI Info 29.03.2018, 07:30

  • ©Simone Bauducco
  • RSI/Stefano Bertolino - Simone Bauducco

Tiziana Lapergola e suo marito Giovanni Antonazzo si sono conosciuti oltre vent’anni fa tra le corsie dello stabilimento torinese dell’Embraco, azienda del gruppo Whirlpool leader nella produzione di compressori per frigoriferi. Hanno due bambine piccole e il loro reddito dipende esclusivamente da questa multinazionale che il 10 gennaio ha annunciato il licenziamento di 497 dipendenti e la chiusura degli impianti.

“Non ce lo aspettavamo - racconta Giovanni, 45 anni, mentre aspetta il passaggio in macchina dei colleghi - . Quest’azienda non era in crisi, era sana, ma ha scelto di chiudere per spostarsi nell’Est Europa dove la manodopera costa meno e si pagano meno tasse”. Un processo che è iniziato nella prima metà degli anni Duemila quando l’Embraco apre uno stabilimento in Slovacchia, a Spisska Nova Ves. Qui venivano mandati alcuni lavoratori italiani per insegnare il mestiere ai colleghi stranieri: “Ci prendevano in giro - ricorda Giovanni - e ci dicevano: ‘ma che cosa venite qui che prima o poi vi chiuderanno’ ".

Così nel corso degli anni l’azienda passa da oltre duemila dipendenti a poco più di 500 fino all’annuncio dei licenziamenti all’inizio del 2018. Inizia così una lotta sindacale che vede protagonisti i sindacati, il ministro dello sviluppo economico uscente Carlo Calenda e i lavoratori come Tiziana e Giovanni che vivono sospesi in un limbo: “Non sappiamo che cosa fare, abbiamo entrambi più di quarant’anni - spiega Tiziana - . Chi ci prenderebbe a lavorare se perdiamo il nostro posto?”. Dopo due mesi di trattative serrate, all’inizio di marzo la situazione sembra sbloccarsi: l’azienda accetta di sedersi a un tavolo e congela i licenziamenti per tutto il 2018. Parallelamente viene annunciato un piano di reindustrializzazione, ma l’angoscia degli oltre 500 dipendenti non si placa: “Se non troveranno aziende disposte a impegnarsi a investire, che fine faremo?”

Stefano Bertolino - Simone Bauducco

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