Salute

Perché il nostro corpo non si autodistrugge?

La risposta arriva dai premi Nobel 2025 per la medicina: Brunkow, Ramsdell e Sakaguchi. Per l’IRB di Bellinzona “hanno rivoluzionato il nostro sguardo sul sistema immunitario”

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Ogni giorno il nostro corpo respinge un numero enorme di virus e batteri, eppure il nostro sistema immunitario non distrugge i nostri organi. Come mai?

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Di: red. giardino di Albert/Fabio Meliciani  

Stoccolma, 6 ottobre 2025: il Premio Nobel per la Medicina 2025 è andato a Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi “per le loro scoperte sulla tolleranza immunitaria periferica”, cioè quei meccanismi che impediscono al sistema immunitario di attaccare i nostri stessi tessuti. È un Nobel che sposta il riflettore dalle sole “armi” dell’immunità ai freni che mantengono l’equilibrio tra difesa e autodistruzione.

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È sempre difficile prevedere chi saranno i vincitori del Nobel, e anche questa volta l’Accademia ha sorpreso tutti premiando una scoperta di base, che risponde a una domanda cruciale: come fa il sistema immunitario a distinguere cosa attaccare e cosa proteggere? Tanti dei microrganismi che popolano il nostro corpo sono indispensabili per noi esseri umani, altri sono pericolosi, alcuni addirittura imitano le cellule umane, eppure, il nostro sistema immunitario è così efficace e potente da proteggerci ogni giorno dall’attacco di un numero enorme di virus e batteri, senza distruggere i nostri organi, come avviene invece nelle cosiddette malattie autoimmuni. Esistono cioè dei “freni”, dei “guardiani” che evitano che ciò accada.

Un enigma immunologico

Negli anni ‘90 gli immunologi cercano di capire questi meccanismi di difesa. Il timo — una piccola ghiandola dietro lo sterno dove maturano i linfociti T — elimina in partenza le cellule pericolose: è la cosiddetta tolleranza centrale. Nel 1995 Shimon Sakaguchi (allora all’Aichi Cancer Center Research Institute di Nagoya) prova a togliere chirurgicamente il timo a topi neonati e si accorge che se la rimozione avviene al 3° giorno, molti animali sviluppano malattie autoimmuni. Questo perché nei primissimi giorni escono dal timo soprattutto i linfociti, le cellule T destinate a difendere l’organismo dagli attacchi esterni, mentre i veri freni arrivano un po’ dopo. Da qui l’ipotesi di un secondo livello di controllo fuori dal timo, chiamato tolleranza periferica.

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Cercando questi freni, Sakaguchi identifica una piccola squadra di linfociti: le cellule T regolatorie (Treg). Il loro compito è semplice e vitale: spegnere le risposte eccessive contro i propri tessuti. Ma non basta. Un altro indizio arriva dallo studio di un particolare ceppo di topi, “scurfy”, che per una mutazione genetica si ammala gravemente e muore giovane. Negli anni ‘90 Mary E. Brunkow e Frederick J. Ramsdell (allora alla Celltech Chiroscience, Bothell, Washington) cercano la causa genetica e la trovano in un gene, il FOXP3: un interruttore che accende il programma delle Treg. Quando FOXP3 è mutato, le Treg non nascono o non funzionano: i freni saltano, l’immunità deraglia.

Nel 2003 il gruppo di Sakaguchi conferma il quadro: FOXP3 è il regolatore dei Treg. Se togliamo il timo nel momento sbagliato o alteriamo il gene FOXP3, i freni saltano: il sistema immunitario attacca il corpo. Ed è esattamente questo il cuore scientifico premiato dal Nobel.

Modulare l’immunità per sconfiggere le malattie

Un premio inatteso, ma non per la comunità immunologica, il campo Treg/FOXP3 è uno dei pilastri della moderna immunologia. “Come ogni anno – dice la prof.ssa Mariagrazia Uguccioni, Vicedirettrice dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina di Bellinzona - il premio va a chi ha saputo guardare oltre il conosciuto. Il lavoro di Sakaguchi, Brunkow e Ramsdell, ipotizzando e scoprendo cellule e geni in grado di cambiare il nostro modo di vedere il sistema immunitario, ha ispirato tanti immunologi che hanno lavorato nell’implementare, ad esempio nel campo dell’autoimmunità, nuove strategie terapeutiche per ristabilire la funzione di queste cellule che impediscono a quelle aggressive di attaccare organi e tessuti sani.”

E così si è visto per esempio che le cellule T regolatorie proteggono addirittura i tumori dal nostro sistema immunitario, e i ricercatori stanno cercando di capire come smantellare questa barriera di Treg; di contro, nel caso di malattie autoimmuni si tratta di promuovere la formazione di cellule T regolatorie. Tutte sfide aperte. I tre premiati divideranno 11 milioni di corone svedesi (circa 940.000 euro), ma al di là della cifra e dell’onore, da parte dell’Accademia svedese è arrivato un messaggio potente per la pratica clinica e la salute pubblica: la medicina che verrà sarà sempre più capace di modulare l’immunità, non solo di potenziarla. Ed è in questa capacità di equilibrio – tra attacco e controllo, tra guarigione e rischio – che si gioca una parte decisiva del futuro della cura delle malattie che più temiamo.

Mary E. Brunkow, nata 1961, Ph.D. da Princeton University, Senior Program Manager all’Institute for Systems Biology, Seattle.

Fred Ramsdell, nato 1960, Ph.D. 1987 dall’University of California Los Angeles, Scientific Advisor presso Sonoma Biotherapeutics, San Francisco.

Shimon Sakaguchi, nato 1951, M.D. 1976 e Ph.D. 1983 dalla Kyoto University, Distinguished Professor all’Immunology Frontier Research Center, Osaka University. Nel 2015, l’agenzia Thomson Reuters aveva segnalato Sakaguchi tra i potenziali destinatari del Nobel.

Le pubblicazioni fondamentali

1995 - Sakaguchi S. et al., “Immunologic self-tolerance maintained by activated T cells expressing IL-2 receptor alpha-chains (CD25)“, Journal of Immunology

2001 - Brunkow ME, Ramsdell F et al., “Disruption of a new forkhead/winged-helix protein, scurfin, results in the fatal lymphoproliferative disorder of the scurfy mouse”, Nature Genetics

2001 - Wildin RS, Ramsdell F, Brunkow M et al., “X-linked neonatal diabetes mellitus, enteropathy and endocrinopathy syndrome is the human equivalent of mouse scurfy”, Nature Genetics

2003 - Hori S, Sakaguchi S et al., “Control of regulatory T cell development by the transcription factor Foxp3”, Science

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