Scienza e Tecnologia

Come l’IA generativa sta cambiando le ricerche online

L’intelligenza artificiale mette in secondo piano i link riducendo il volume di traffico versi i siti web

  • Oggi, 09:53
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Se il trend continua, l’impatto sul web potrebbe essere profondo

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Di: Philip Di Salvo* 

L’intelligenza artificiale (IA) generativa sta contribuendo a riscrivere diversi assunti della nostra vita online ed è sempre più incorporata nelle nostre abitudini. Non fa differenza Google, il cui motore di ricerca è, per la stragrande maggioranza delle persone, il principale punto di ingresso a Internet. Google, infatti, dopo un iniziale ritardo nella corsa allo sviluppo dell’IA generativa – un ritardo, rispetto a OpenAI, la “protetta” di Microsoft, che ha sorpreso molti e gli stessi leader di Google – ha progressivamente recuperato terreno: Gemini, il suo ecosistema IA, è ora uno dei più utilizzati al mondo e la sua integrazione nei servizi dell’azienda di Mountain View è ormai vastissima.

Qualche mese fa, Google ha embeddato la sua IA anche all’interno del suo motore di ricerca: grazie alle Overview generate dall’intelligenza artificiale, molte risposte alle nostre domande nella barra di ricerca di Google producono una risposta in forma di testo, preparata dall’IA, capace di riassumere ciò che è disponibile su Internet e di fornirci un riscontro pronto all’uso, al posto di una lista di link da esplorare. Se questa soluzione può risultare comoda a una prima vista, ha però anche delle conseguenze esplicite su come stiamo online e sull’ambiente digitale nel complesso. L’affidabilità di questi riassunti automatici, inoltre, è discussa.

I dati, intanto, iniziano a parlare chiaro: diverse statistiche stanno registrando un calo importante nel volume di traffico verso i siti web, ad esempio. Secondo quanto riportato dall’edizione italiana di Wired, tra marzo e aprile 2025 si è registrato un calo del traffico verso alcuni dei principali siti web: YouTube avrebbe perso circa il 2%, mentre Wikipedia ha subito una contrazione pari, addirittura, al 6%. Questi dati si inseriscono in un contesto più ampio, confermato anche dal vicepresidente di Apple, Eddy Cue, che durante un’audizione al Senato statunitense ha dichiarato come, lo scorso aprile, per la prima volta in oltre vent’anni, le ricerche su Google effettuate tramite Safari abbiano mostrato un calo.

Avendo a disposizione un servizio, per di più dialogante, come l’IA generativa, sempre accomodante e rassicurante nel dare risposte, molti utenti si affidano a quanto ChatGPT e gli altri servizi hanno da dirci, facendo perdere terreno ai motori di ricerca e facendoci anche perdere familiarità con i link, uno degli elementi fondativi del web. Come ha scritto la BBC, in un articolo dal titolo inquietante “Google sta per distruggere il web?”, le AI Overviews già oggi generano molto meno traffico verso il resto di Internet, e in molti temono che questo servizio possa amplificare ulteriormente questa tendenza. Se ciò dovesse accadere, rischierebbe di mettere in crisi il modello di business che ha sostenuto i contenuti digitali che abbiamo fruito negli ultimi trent’anni.

Altri dati sono anche più impressionanti. Secondo i dati riportati dal Wall Street Journal, ad aprile 2025 la quota di traffico proveniente dalla ricerca organica verso il del New York Times è scesa al 36,5%. Secondo un’analisi di Press Gazette di questa settimana, nel maggio 2025, 32 delle 100 principali parole chiave che generano traffico verso il sito del tabloid britannico Daily Mail attivavano una AI Overview nei risultati di ricerca. In quel mese, nel 68,8% delle ricerche contenenti una AI Overview associate a queste parole chiave, gli utenti non hanno cliccato alcun link per accedere al sito. Il problema si inserisce nei sempre più tesi rapporti tra le aziende che producono servizi di IA generativa e gli editori, sul terreno del copyright. Come è noto, i large language model, i motori dei principali servizi di IA generativa, sono stati costruiti e formati sulla base dei contenuti testuali (e non) disponibili online, molti dei quali protetti dal copyright e utilizzati senza consenso. Il tema è in fase di dibattito e fioccano i contenziosi legali, ma il problema è più ampio del solo diritto d’autore e riguarda i rapporti di forza su Internet e gli assetti di potere sull’ecosistema digitale.

ChatGPT, ad esempio, ha cercato di ovviare al problema linkando a più contenuti giornalistici quando dà una riposta alle nostre domande. Secondo quanto riportato da TechCrunch, tra gennaio e maggio 2024 i rimandi di traffico da ChatGPT ai siti di informazione erano appena sotto il milione. Nel 2025, però, sono saliti a oltre 25 milioni, un incremento di 25 volte in un solo anno. Tra i siti che hanno registrato i maggiori aumenti di traffico proveniente da ChatGPT figurano Reuters (+8,9% su base annua), New York Post (+7,1%) e Business Insider (+6,5%). Il New York Times, pur rientrando ancora tra i primi dieci siti per traffico referral da ChatGPT, ha visto invece un incremento più contenuto, pari al 3,1%. Sono numeri incoraggianti, ma che difficilmente possono compensare le perdite per un settore che, nonostante la deviazione verso modelli alternativi e in abbonamento, dipende ancora in buona parte dalla pubblicità online, basata sui click.

Le aziende sviluppatrici di sistemi di IA generativa non sono immuni alle dinamiche di platformization e di accentramento tipiche dell’economia digitale. OpenAI sta lanciando segnali chiari su come voglia diventare il centro delle nostre vite online. Google, dal canto suo, occupa già quel ruolo e l’integrazione dell’IA nel suo motore di ricerca spinge affinché gli utenti restino quanto più possibile all’interno dei suoi servizi. Se questo trend dovesse continuare, le conseguenze per il web, per come lo abbiamo conosciuto dalla sua invenzione, potrebbero essere sistemiche.

*Philip Di Salvo è senior researcher e docente presso l’Università di San Gallo. I suoi temi di ricerca principali sono i rapporti tra informazione e hacking, la sorveglianza di Internet e l’intelligenza artificiale. Come giornalista scrive per varie testate.

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Radiogiornale 12:30 del 04.07.2025: L’IA non può essere iscritta come inventore - Il servizio di Roberto Scolla

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