Svizzera

Astinenza oppiacei, dal Fentanyl una prospettiva per la cura

Uno studio dell’Università di Ginevra sull’analgesico ha permesso di comprendere meglio il rapporto tra ricompensa e dipendenza

  • 24 maggio, 15:05
  • 24 maggio, 15:08
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RG delle 12.30 - Il servizio di Lucia Mottini

RSI Svizzera 24.05.2024, 15:00

  • Reuters
Di: RG/RSI Info

Potrebbe aprire nuove prospettive di cura per le persone che soffrono di tossicodipendenza da oppiacei. Uno studio dell’Università di Ginevra sul Fentanyl, pubblicato venerdì sulla rivista Nature, mostra che la droga non agisce solo sul meccanismo della ricompensa, ma anche su un’altra zona del cervello, responsabile dei disturbi da astinenza.

Ma cosa significa concretamente? In passato si poteva credere che gli spiacevoli effetti dell’astinenza fossero legati all’assenza di ricompensa, quest’ultima a sua volta legata alla mancata assunzione della sostanza.

Oggi invece sappiamo che non è vero: da una parte c’è una zona del cervello che si occupa di regolare la ricompensa, responsabile dell’effetto euforizzante della droga; poi c’è invece una seconda parte del cervello, che gestisce invece la dipendenza e la relativa astinenza.

“Finora si pensava che il sistema di ricompensa, dapprima stimolato eccessivamente dalla sostanza, entrava in depressione in sua assenza” racconta ai microfoni RSI il docente di neuroscienza e capo dello studio Chrsistan Locher. “Questo, in passato, spiegava gli effetti spiacevoli dell’astinenza. Noi abbiamo invece visto sui topi che, pur annullando l’effetto del Fentanyl sul sistema di ricompensa, il problema dell’astinenza e della dipendenza continua a sussistere”. Le aree colpite dagli oppiacei sono quindi due.

Le ricerche dell’Università di Ginevra, in collaborazione con quelle di Strasburgo e Montpellier, hanno permesso di individuare nei topi transgenici un’altra area del cervello che reagisce al Fentanyl, l’amigdala centrale cui è legata l’ansia e la paura.

“La scoperta dovrebbe riguardare tutti gli oppiacei, come la morfina, l’eroina o anche il metadone”, ha detto ancora Locher. “Conoscendo meglio il meccanismo – continua il neuroscienziato - possiamo migliorare in particolare le terapie sostitutive. Ci possiamo ad esempio chiedere se è davvero necessario agire sulle due zone del cervello. Agire su una sola potrebbe essere più efficace”.

Svizzera: allarme Fentanyl

Telegiornale 17.05.2024, 20:00

  • Chrsistan Locher
  • Università di Ginevra
  • Fentanyl
  • morfina
  • metadone

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