Non sarà indennizzata una coppia che fra il 10 e il 15 marzo del 2023, fidandosi a proprio dire delle rassicurazioni fornite dal Consiglio federale, aveva investito in borsa acquistando 38’000 azioni del Credit Suisse. L’operazione si era conclusa in perdita, dopo l’acquisizione dell’allora seconda banca svizzera da parte dell’UBS, annunciata pochi giorni più tardi. Il Tribunale federale ha respinto venerdì la querela presentata dai due coniugi contro la Confederazione.
Per la precisione, la coppia aveva speso 84’636 franchi in tre distinti acquisti sull’arco di pochi giorni. Quando era arrivata notizia che ha cambiato il panorama bancario elvetico, il 19 marzo, avevano rivenduto i titoli per 30’187 franchi. La richiesta era quindi di essere indennizzati con la differenza, a cui avrebbero dovuto essere sommati gli interessi.
Nel corso dei dibattimenti l’avvocato dei due ha sottolineato che in numerose occasioni il Consiglio federale, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale svizzera (BNS) avevano rilasciato dichiarazioni rassicuranti sulla situazione della grande banca.
Per il legale, non solo il fallimento del Credit Suisse era tutt’altro che certo, ma il ricorso al diritto d’urgenza e la pressione esercitata su Credit Suisse e UBS dimostrano che l’acquisizione non era necessaria. Il successivo aumento del valore delle azioni UBS aveva dimostrato inoltre che quest’ultimo istituto stava in realtà facendo un buon affare.
Dal canto suo, l’avvocata della Confederazione ha ricordato che chi acquista e vende delle azioni deve assumersene i rischi. Affinché la responsabilità dello Stato sia chiamata in causa, è necessario che uno dei suoi agenti abbia commesso un atto illegale e che ne sia derivato un danno. Queste condizioni non sono soddisfatte.