La Svizzera non è pronta a difendersi in modo adeguato nel caso di un attacco militare. A ribadirlo al Telegiornale è Thomas Süssli, secondo il quale l’evoluzione degli scenari mondiali impone una ridefinizione delle priorità per le forze armate. Il capo dell’esercito, che lascerà l’incarico a fine anno, ha preso parte al LAC nella serata di ieri, martedì, alla conferenza annuale dell’Associazione per la rivista militare della Svizzera italiana: un’occasione per fare il punto su minacce reali in un contesto sempre più instabile.
Süssli continua a ripeterlo: la Svizzera non è pronta a difendersi con i suoi obici blindati di 60 anni fa e un’artiglieria che spara fino a 20 km, a fronte dei 60 che raggiungono i sistemi moderni. Inoltre, più in generale, è possibile oggi equipaggiare solo un soldato su tre. Che dire però dei quasi 30 miliardi di franchi che il Parlamento ha destinato alla difesa per il quadriennio 2025-2028? Per il dimissionario comandante dell’esercito, non bastano. “Servirebbero circa 40 miliardi per sostituire tutto ciò su cui abbiamo risparmiato negli scorsi anni” e poi “altri 10 miliardi per le munizioni”. Nell’insieme, quindi, circa 50 miliardi “per equipaggiare completamente l’esercito di oggi”.
Cifre, quelle citate ai nostri microfoni, che appaiono esagerate a una parte della popolazione. Ma il punto è che l’esercito pensa sempre allo scenario peggiore. “La situazione in Europa negli ultimi anni è molto peggiorata, e questo non ce lo saremmo mai aspettato”, spiega Süssli. Fra il 2018 e il 2019 “parlavamo per lo più di cyberminacce”. Poi “siamo stati sorpresi” dalla crisi pandemica e quindi “dall’aggressione della Russia” all’Ucraina. Questo dimostra “che le cose possono cambiare molto in fretta”.
E la Russia, va rilevato, ha già avviato una guerra ‘ibrida’ nei confronti dell’Europa con provocazioni, sabotaggi, spionaggio e disinformazione. Inoltre si sta armando pesantemente: lo scorso anno, ad esempio, ha prodotto o rimesso in servizio 1’500 carri armati, mentre chi in Germania fabbrica i Leopard ne ha prodotti appena 40...
Ma quali sono le possibili minacce all’orizzonte? Si parte dal presupposto, afferma Süssli, che Mosca potrebbe essere pronta a un’ escalation nei confronti dell’Europa fra il 2027 e il 2029: questo “non significa che lo farà, ma che avrà la possibilità di farlo”. Uno degli scenari possibili consiste quindi in una sorta di sondaggio: “l’occupazione di una piccola porzione” di territorio, “magari un Paese baltico,” con l’obiettivo di “mettere alla prova l’Occidente”. E in uno scenario del genere “può anche darsi che la NATO decida di non intervenire” e che la Russia porti così avanti “altre aggressioni in Europa”.
Nel nuovo ordine mondiale c’è poi l’incognita rappresentata dalla Cina, che punta a una totale influenza sull’Indopacifico e rivuole Taiwan entro il 2049. Intanto anche la Repubblica popolare spicca sul terreno del riarmo: ogni anno, infatti, “la Cina produce più navi da guerra di quelle che ha in totale il Regno Unito”. E già oggi, sottolinea Süssli, “ne ha di più degli Stati Uniti”.
La Confederazione però, conclude il capo dell’esercito, ha comunque una carta da giocare: perché con l’avvento dei droni è in atto la più grande rivoluzione bellica di sempre. E in questo ambito la Svizzera dispone delle tecnologie e delle competenze giuste.

I ministri della difesa NATO a Bruxelles
Telegiornale 15.10.2025, 20:00