La vicenda del cosiddetto arrocchino, lo scambio di competenze tra i due consiglieri di Stato leghisti Claudio Zali e Norman Gobbi, non smette di tenere banco, in particolare con le molte critiche – politiche e non – piovute addosso al governo ticinese dopo la decisione presa mercoledì sera e comunicata con una nota stringata che ha lasciato spazio anche a molti dubbi sui motivi di questa operazione.
Sulla decisione del Consiglio di Stato ticinese e sugli interrogativi che ha aperto, il capo del Dipartimento informazione RSI Reto Ceschi ha affidato il proprio commento ai microfoni di SEIDISERA. Partendo da una semplice domanda: ci sono dei vincitori in questa vicenda?
Non ne vedo neanche uno. Con le pagelle iniziamo dai due attori principali, il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi e Claudio Zali, l’altro leghista in governo. Senza di loro questa vicenda dai contorni anche un po’ assurdi non ci sarebbe stata. Gobbi non esce bene da questa storia che, per lui, ha un po’ i contorni della fuga dalle responsabilità e per di più dall’uscita di emergenza. Il comunicato del Consiglio di Stato, chissà perché, gira il coltello nella piaga ed evoca persino il processo ci sarà per i due agenti della polizia cantonale intervenuti sul luogo dell’incidente stradale che ha coinvolto Gobbi il 14 novembre del 2023 sulla A2. Zali, col suo silenzioso cinismo, sembra uscirne un po’ meglio: assume più responsabilità di quante ne cede, ma potrebbe essere solo un’illusione ottica, anche perché questo piccolo scambio non fuga dubbi e interrogativi sul suo futuro politico. Il suo discorso all’apertura dell’anno giudiziario resterà una mancanza di rispetto istituzionale che verrà ricordata per parecchio tempo.
I testimoni della vicenda sono gli altri tre consiglieri di Stato e non escono bene neppure loro. Per quieto vivere, hanno accettato un rimescolamento delle carte senza obiettivi concreti, un capriccio a metà che non rafforza certo il Governo. Hanno perso le istituzioni, tirate per la giacca dai loro massimi rappresentanti, e ha perso la politica che consegna al vento un altro pezzo di credibilità. Ne valeva la pena? Sembra proprio di no.
Si può quindi dire, come fanno in molti in queste ore, in questi momenti, che la legislatura sia già finita?
C’è in effetti la tentazione di dirlo, ma credo che sia ancora un po’ presto per farlo. L’autunno 2025 sarà politicamente caldissimo in Ticino. La votazione sulle due iniziative sui premi di cassa malati si svolgerà il 28 settembre. Un’iniziativa del PS e una della Lega, due partiti di governo, e il risultato di quella domenica sarà lo spartiacque della legislatura. Poi, subito dopo ci sarà il preventivo per l’ultimo anno pieno della legislatura. Di sicuro si è già cominciato a guardare alle elezioni della primavera del 2027. Lo ha fatto la Lega, lanciando e di fatto bruciando l’arrocco. Lo fa l’UDC, che dall’opposizione fa e rifà i conti per capire se può farcela a entrare in Consiglio di Stato da sola, senza la lista congiunta con la Lega. E anche tutti gli altri, chi più chi meno, sono già nella trance agonistica che precede la campagna elettorale vera e propria. È difficile fare buona politica in un contesto del genere.
Ma tornando all’arrocco diventato un pasticcio, il Consiglio di Stato non può dare la colpa a nessuno, né al Parlamento, né ai partiti, il Governo ha fatto tutto da solo e ora è ancora più in solitudine di fronte alle proprie responsabilità.

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