Il valore dell’oro ha raggiunto un record, superando la barriera dei 4’000 dollari l’oncia. Ma la finanza non sarebbe la finanza se accanto a chi è soddisfatto non ci fosse chi si preoccupa. Bisogna ricordare che ogni volta che qualcuno compra c’è qualcuno che vende e viceversa. È così per l’oro ma anche per le azioni, per le valute, per le obbligazioni e così via. Ne ha parlato venerdì mattina Modem, con l’analista economica di UBS Elena Guglielmin e con il professore di macroeconomia internazionale all’USI di Lugano Edoardo Beretta.
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La situazione e l’oro come bene rifugio
Il valore dell’oro sta salendo, ma di quanto? E per quale motivo? Il professor Beretta ha riportato le stime di alcuni analisti, secondo i quali il valore raggiungerà i 5’000 dollari l’oncia entro il terzo quadrimestre del 2026. “Altri analisti si spingono addirittura al 2028, dicendo che raggiungerà i 6’000 dollari l’oncia”. Non è dello stesso avviso Elena Guglielmin, la cui stima si ferma a 4’200 dollari l’oncia a settembre 2026, 4’700 nel caso più ottimistico. L’analista di UBS rammenta comunque che “in questo percorso di rialzo dell’oro ci sono anche dei momenti di stasi o di correzione come abbiamo visto questa settimana”. La causa è una potenziale inversione di rotta da parte della Fed o Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti che nel caso dell’arrivo di dati del mercato del lavoro statunitense molto forti, potrebbe non tagliare i tassi come ha fatto. “Banche centrali che continuano a comperare, Fed che continua a tagliare, dollaro in indebolimento”, ha constatato Guglielmin, “sono tutti fattori coadiuvanti all’aumento del prezzo dell’oro”.
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L’oro è considerato un bene rifugio, se è forte è perché “si sta scappando dai rischi di stagflazione, cioè una crescita stagnante con dei prezzi al rialzo comunque importanti”, ha spiegato il professor Beretta. Secondo lui un altro rischio che giustifica l’aumento del prezzo dell’oro è “la perdita d’indipendenza della più importante banca centrale”, ovvero la Fed, così come “la situazione geopolitica in generale”.
In breve: come si forma il prezzo dell’oro?
Il prezzo dell’oro è stabilito sui mercati internazionali, soprattutto dal London Bullion Market (LBMA) e dal COMEX di New York. L’LBMA Gold Price, fissato due volte al giorno (10:30 e 15:00, ora di Londra) tramite asta elettronica, riflette domanda e offerta globali.
Cosa influenza il prezzo? Una domanda elevata (per gioielli, investimenti o banche centrali) o un’offerta ridotta (es. difficoltà nelle miniere) lo fanno salire. Un dollaro USA debole o tassi d’interesse bassi rendono l’oro, bene rifugio, più appetibile. Crisi economiche o geopolitiche ne aumentano il valore, mentre la speculazione sui mercati futures può muovere le quotazioni a breve termine.
Il prezzo, in dollari USA per oncia troy (31,1 grammi), varia in tempo reale in base a questi fattori.
“Una volta fra i tipici beni rifugio c’era il dollaro”
È un momento di svalutazione del dollaro. Secondo Beretta, complice di ciò è la situazione interna americana con lo shutdown, e la difficile prevedibilità della nuova amministrazione. “Io però in generale non vedo nel medio termine un abbandono o comunque un ridimensionamento del ruolo del dollaro”, il professore riconosce però delle incognite come i dazi. Una riduzione del commercio con gli Stati Uniti può portare a una riduzione della circolazione del dollaro. “Chiaramente l’oro torna ad essere nuovamente bene rifugio, anche in modo un po’ paradossale. In era di digitalizzazione si torna alla fisicità del metallo”.
“Quale sarà il potere del dollaro? Verrà mai sostituito? Noi riteniamo che continuerà ad essere valuta di riserva” ha affermato Guglielmin, d’accordo con Beretta. Tuttavia, il dollaro “si svaluterà verso il franco progressivamente nei prossimi trimestri per raggiungere 1:0,76 a settembre dell’anno prossimo”.

Non sempre tutto quello che luccica è oro
Modem 24.10.2025, 08:30
La risposta della BNS
La risposta della Banca nazionale svizzera che ha azzerato i tassi d’interesse preoccupa di un ritorno a quelli negativi, come è successo anni fa. Il che è problematico per i cittadini svizzeri, poiché dopo gli immobili, l’investimento preferito è il conto di risparmio e lì non ci si guadagnerebbe più niente. Beretta si inserisce nel gruppo dei preoccupati: “Non dimentichiamo che in Svizzera vi sono stati per ben 92 mesi tassi di interessi negativi, quasi otto anni”. Riconosce però che “la politica monetaria non può e non deve guardare a questo aspetto, ma appunto a quello che è il suo mandato del mantenimento della stabilità dei prezzi”. “Per un periodo dovremo essere scevri dai tassi negativi”, ha rassicurato Guglielmin, “prevediamo tassi a zero fino alla metà dell’anno prossimo. Quindi pensiamo che la BNS abbia altri strumenti a disposizione per mantenere il franco sotto controllo”.
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