Dossier

Dignità come resistenza

Incontro con padre Douglas Bazi a Erbil

  • 15.11.2014, 09:21
  • 07.06.2023, 01:06
Padre Bazi, Chiesa caldea in Iraq

Padre Bazi, Chiesa caldea in Iraq

  • (c) 2014 weast productions / Gianluca Grossi

"La mia missione è di non mollare mai. Mai. Conserveremo la nostra dignità, almeno quella. Abbiamo un valore. Siamo poveri, è vero, ci costringono a fuggire, ad emigrare, ma la nostra vita ha un valore. Questo è importante". Padre Douglas Bazi lascia lunghe pause fra le parole, perché cerca quelle giuste o forse perché uscendo fanno male. Questo prete caldeo si occupa di centinaia di profughi cristiani ospitati dentro una tendopoli cresciuta nel piazzale della Chiesa di Sant’Elia, a Erbil.

Il campo profughi cresciuto nel piazzale della Chiesa di Sant'Elia a Erbil, Iraq del Nord

Il campo profughi cresciuto nel piazzale della Chiesa di Sant'Elia a Erbil, Iraq del Nord

  • (c) 2014 weast productions / Gianluca Grossi

Avevo incontrato padre Douglas nel 2010: era stato rapito da uomini di Al Qaida, selvaggiamente picchiato, torturato. Era stato infine rilasciato, si era ripreso, determinato a non lasciare Bagdad, a nessun costo. Ha tenuto duro, finché ha potuto. Oggi vive a Erbil, nell’Iraq del Nord: la sua vita sono i rifugiati fuggiti dalla violenza degli islamisti. C’è un’amarezza profonda non soltanto nelle parole di padre Douglas, anche nell’analisi che dà della situazione dei cristiani in Medio Oriente, nelle sue conclusioni. Non c’è più spazio per la coesistenza, spiega. “Mi sembra di essere ancora a Bagdad: la gente è terrorizzata, preoccupata per il proprio futuro. Uguale a Bagdad, anche se sono trascorsi quattro anni”.

Gianluca Grossi

Per saperne di più:

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