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“Dobbiamo scegliere la vita: ci serve una leadership diversa”

Avi Dabush, presidente dei “Rabbini per i diritti umani”, è un sopravvissuto del 7 ottobre 2023 - È da poco tornato a vivere nel suo kibbutz e al Telegiornale ha condiviso le sue speranze di pace

  • 2 ore fa
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7 ottobre: il ricordo del rabbino

Telegiornale 07.10.2025, 20:00

Di: Telegiornale-Emiliano Bos/DC 

Del 7 ottobre di due anni fa il rabbino Avi Dabush ricorda ogni dettaglio, inclusa la fuga precipitosa dal suo kibbutz situato nel sud di Israele, a ridosso della Striscia di Gaza. Con la famiglia, vi ha fatto ritorno da meno di un mese. E nella sua casa a Nirim ha accolto i colleghi del Telegiornale Emiliano Bos e Massimo Piccoli, per condividere ricordi ed esporre riflessioni sull’approccio da seguire perché la guerra finisca. Perché lui, presidente del gruppo “Rabbini per i diritti umani”, nella pace ci crede ancora.

“È iniziato tutto con il lancio di missili”

Avi Dabush rievoca quel giorno: “Ci siamo precipitati nel rifugio. Dopo 5 minuti abbiamo iniziato a sentire gli spari… Non sapevo esattamente se gli uomini di Hamas fossero dentro il kibbutz o solo vicino. Ma ho capito che stava accadendo qualcosa di grave.” Indica i luoghi in cui si sono svolti i fatti e spiega: “Li sentivamo parlare in arabo, erano lì, accanto alle nostre finestre. Sono entrati nella casa della nostra vicina e sono rimasti lì per diverse ore. Noi siamo rimasti nel nostro rifugio per 8 ore, fino all’arrivo dell’esercito”.

Il ritorno

Quasi due anni dopo, il rabbino ha fatto ritorno nel suo kibbutz. “I primi giorni sono stati davvero terribili. Era come svegliarsi ogni mattina con un nuovo 7 ottobre. Si sentivano così tanti spari… Ora è più calmo, ma c’erano anche un sacco di bombardamenti che facevano tremare tutto. Siamo a meno di 2 km da Khan Younis, nella Striscia di Gaza”. Bombardamenti che oggi sembrano diminuiti. La sua speranza, oggi, è che questa guerra possa cessare del tutto.

“Penso che l’unica via sia quella diplomatica”

“Parlo spesso con i giovani in Israele e loro sono sorpresi: mi chiedono come io faccia a crederci dopo essere sopravvissuto al 7 ottobre”, spiega Dabush. Per lui, quella diplomatica è l’unica strada percorribile, “con un accordo di pace e la riconciliazione tra le persone” spiega. Certo, la priorità è il ritorno degli ostaggi. Ma il presidente del gruppo “Rabbini per i diritti umani” non condivide la prospettiva di Netanyahu e dell’ultradestra nazionalista. “Secondo questa coalizione di governo serve più potere per cacciar via i palestinesi, per ucciderli tutti, e riprendersi la terra. Secondo noi è sbagliato dal punto di vista umanistico, ebraico, sionista”, spiega.

Il coraggio della pace

Il rabbino suggerisce quindi un approccio del tutto diverso: “Capisco che la gente sia confusa. Dico sempre di saper cogliere le diverse voci degli israeliani: vendetta, disperazione, paura. Ma alla fine la Torah dice che bisogna scegliere tra la vita e la morte. Dobbiamo scegliere la vita. Per questo ci serve una leadership diversa”.

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A due anni dalla strage del 7 ottobre

SEIDISERA 07.10.2025, 18:00

  • Keystone
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