Analisi

Dazi, la prospettiva cinese sul possibile grande accordo

Dopo i colloqui di Ginevra, Washington e Pechino si mostrano disponibili al dialogo per mettere fine alla guerra commerciale ma restano divergenze significative da superare

  • Oggi, 15:58
  • Un'ora fa
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Verso la fine della guerra commerciale?

  • Keystone
Di: Lorenzo Lamperti, collaboratore RSI da Taiwan

Da Ginevra non si esce con una vera e propria intesa, ma con una de-escalation che comunica comunque una cosa importante: sia Cina che Stati Uniti sono d’accordo sull’obiettivo di raggiungere un accordo con la A maiuscola. Magari che vada oltre il fronte commerciale, in ossequio alla concezione olistica delle relazioni bilaterali teorizzata da Xi Jinping. È sostanzialmente questo, per Pechino, il risultato dei colloqui tenuti in Svizzera. Un risultato non banale, visto che consente alla Cina di muovere i primi, decisi, passi nel dialogo commerciale con l’amministrazione Trump. E senza aver mostrato segni di debolezza. È proprio questa la chiave narrativa proposta dal Partito comunista. La riassume perfettamente il super influencer Hu Xijin: “Si tratta di una grande vittoria per la Cina. Finora nessun altro Paese aveva raggiunto il principio di parità negoziale che abbiamo raggiunto noi con gli Stati Uniti”, ha scritto su Weibo l’ex direttore del Global Times, che rilancia auspicando che altri seguano l’esempio di quella che Xi chiama “prova di resistenza” contro il “bullismo” commerciale: “Questo accordo costituisce un esempio che sicuramente ispirerà altri Paesi a difendere i propri diritti”.

In realtà, il documento congiunto prodotto dalla due giorni di colloqui riporta la situazione ad appena prima dello scorso 2 aprile, il cosiddetto “giorno della liberazione” di Donald Trump. Non è poco, visto che entrambi i Paesi hanno temporaneamente abbassato del 115% i dazi sui rispettivi prodotti. Si tratta di un passo del tutto simmetrico, ma c’è una differenza: la Cina mantiene tasse aggiuntive del 10%, gli Stati Uniti invece del 30%, perché restano in vigore anche i precedenti round imposti dalla Casa Bianca a febbraio e marzo. Ma se dopo la tregua di 90 giorni venisse reintrodotto il 24% attualmente sospeso, il totale di tasse doganali anti cinesi salirebbe a un totale del 54%, molto vicino al 60% minacciato da Trump in campagna elettorale e che Pechino ha sempre giudicato del tutto inaccettabile.

03:56

USA-Cina, i dazi tornano al 10% per tre mesi

Telegiornale 12.05.2025, 12:30

In ogni caso, l’ampia sospensione e l’effettivo taglio del 91% dei dazi da parte di entrambi i Paesi è un passo avanti significativo, che ferma la spirale di sfiducia e crea le condizioni necessarie per condurre un negoziato ambizioso. Il governo cinese presenta il documento congiunto, significativo già di per sé al di là del contenuto, come frutto di una posizione di forza. Il messaggio è che la linea dura e le ferme contromisure adottate dalla Cina contro i dazi sono state efficaci e hanno scoperto il “bluff” della “tigre di carta” (definizione di stampo maoista rilanciata nelle ultime settimane) di Trump, descritto in una posizione di debolezza. In tal senso, taglio e sospensione dei dazi rappresenterebbero una sconfitta per la Casa Bianca, che si sarebbe arresa nel giro di poco più di un mese senza nemmeno ottenere il vertice con Xi.

In realtà, più elementi suggeriscono che Pechino volesse questa prima intesa quanto Washington. He Lifeng, vicepremier e zar delle politiche economiche, ha infatti garantito alla delegazione statunitense una maggiore cooperazione per fermare il flusso delle sostanze chimiche utili alla produzione dell’oppioide fentanyl. A diversi commentatori cinesi non è passato inosservato il passaggio del documento congiunto in cui la Cina si impegna ad annullare le ritorsioni non fiscali prese dopo il 2 aprile. Queste includono la sospensione agli acquisti di aerei e dispositivi prodotti dal colosso statunitense Boeing, nonché l’ultimo pacchetto di restrizioni all’esportazione di terre rare e loro derivati. Su quest’ultimo punto, in realtà, potrebbe rivelarsi una mossa altamente simbolica. All’annuncio dei controlli aggiuntivi all’export dei metalli (cruciali per elettronica, difesa e industria tecnologica verde) non hanno ancora fatto seguito regolamenti precisi. Ciò significa che Pechino potrà impegnarsi ad allentare una stretta dai contorni ancora incerti e che sarà “aggiustata” in un modo o nell’altro a seconda di come andranno i futuri colloqui con Washington.

03:18

Le reazioni USA alla tregua commerciale con la Cina

SEIDISERA 12.05.2025, 18:00

  • Keystone

In cambio, però, la Cina ha ottenuto garanzie sul fatto che la Casa Bianca non cerca il “disaccoppiamento economico” e ripetute rassicurazioni sul “rispetto reciproco”, pilastro retorico della politica estera del Partito comunista. Fondamentale l’istituzione di un meccanismo di consultazione, un obiettivo primario. La nuova piattaforma, che sarà guidata da parte cinese dallo stesso He, rappresenta proprio quel canale comunicativo “protetto” che Pechino desiderava per tutelare l’immagine del presidente Xi, che potrà diventare protagonista e parlare con Trump senza mostrare le debolezze che secondo la Cina hanno mostrato i leader di altri Paesi.

Nel frattempo, giovedì potrebbe esserci un nuovo contatto, quando in Corea del Sud si dovrebbero ritrovare i ministri del Commercio delle due potenze per un incontro della Cooperazione Economica Asia-Pacifico. La strada per un accordo con la A maiuscola sarà lunga e non priva di ostacoli, ma Pechino e Washington hanno mostrato disponibilità a provare a percorrerla.  

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