Analisi

Il consenso incrollabile di Russia Unita

Sondaggi (anche indipendenti) e risultati delle ultime elezioni regionali e municipali confermano il sostegno al “sistema Putin” da parte della grande maggioranza dei russi

  • Un'ora fa
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Il consenso si fonda su due ragioni principali: l'autocrazia in sé e il buon andamento economico

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Di: Stefano Grazioli 

Dal 12 al 14 settembre in Russia si sono tenute le elezioni regionali e municipali, con le votazioni in varie zone del paese per i governatori e i parlamenti regionali, i sindaci delle città e le relative assemblee municipali, oltre al voto suppletivo per alcuni seggi alla Duma, il parlamento nazionale, e a quello legislativo in alcuni oblast. Dopo il voto presidenziale, che lo scorso anno ha confermato Vladimir Putin al Cremlino con l’88% dei voti, questa tornata elettorale è stato il secondo appuntamento dei russi alle urne dall’inizio dell’invasione su larga scala in Ucraina, cominciata nel 2022. Pur nel contesto di un sistema rigido e severamente controllato, che ha stretto le maglie e accentuato la repressione proprio parallelamente al conflitto, le elezioni rimangono comunque uno degli indicatori che contribuiscono a chiarire le dinamiche interne della Russia.

Meccanismi democratici condizionati

Anche se i processi democratici sono fortemente condizionati, con diritti politici e libertà civili di fatto limitate, il quadro politico generale può essere delineato facendo ricorso da una parte ai risultati del voto, scontati con le vittorie dei candidati del partito del potere, Russia Unita, che fa riferimento al presidente; dall’altro al complesso delle ricerche sociologiche e dei sondaggi politici effettuati da istituti indipendenti, come il Levada Center di Mosca che da anni monitora la situazione nel paese. I segnali che arrivano dalla Russia, pur suscettibili di cambiamento nel prossimo futuro, indicano in ogni caso un sistema ancora stabile, con le redini del comando tenute dappertutto da Russia Unita e l’elettorato che si è in definitiva adeguato alla poca flessibilità e alla mancanza forzata di alternative.

Sistema solido e opposizione assente

Il successo complessivo di Russia Unita è spiegato anche dai numeri del Levada Center, bollato come agente straniero e difficilmente sospettabile di essere putiniano, secondo cui sia il presidente che il governo, così come la Duma e i governatori regionali, godono tutti di buona fiducia. Al di là dei valori di Putin (87% di approvazione ad agosto), è significativo che il consenso sia condiviso anche con il premier Mikhail Mishustin (76%), il governo (74%), il parlamento (63%), i governatori (72%). Se il leader non ha rivali, il sistema alle sue spalle non solo appare solido, ma è visto altrettanto positivamente dai russi, o comunque dalla grande maggioranza della popolazione.

Da questo punto di vista, politico e a livello nazionale, non sono evidenti frizioni tra i vari attori in campo, che fanno tutti parte dello stesso schieramento: tra i politici che godono maggiore fiducia dopo Putin (47%), ci sono il ministro degli Esteri Sergei Lavrov (21%) e il primo ministro Mishustin (20%), mentre più lontani sono l’ex presidente Dmitry Medvedev (4%) e il ministro delle Difesa Andrei Belousov (4%), davanti al sindaco di Mosca Sergei Sobianin (2%). L’opposizione in sostanza non esiste, fatta eccezione per quella sistemica, cioè di facciata, che stabilizza l’architettura del potere, e che risponde alle sigle del Partito comunista, del Partito liberaldemocratico e di altre formazioni non veramente alternative, presenti alle elezioni dello scorso fine settimana. Il Cremlino, già nello scorso decennio, dopo il ritorno di Putin nel 2012 e a partire dalla prima crisi ucraina tra il 2013/14 ha progressivamente chiuso gli spazi al dissenso, già in precedenza minoritario, in seguito e ora totalmente assente.

Le ragioni del consenso

Due sono comunque in sostanza le ragioni per il consenso di cui godono Putin e Russia unita ancora oggi a livello interno: la prima è la forza e l’efficienza di un sistema, creato nel corso dei decenni, che ha traghettato il paese dall’anarchia degli anni Novanta alla pseudo-democrazia, o democratura, dei primi tre lustri dei Duemila, per poi passare alla fase attuale, accelerata dal conflitto in Ucraina, verso un modello autoritario e monocolore simile a quello cinese, ma privo di ideologia. L’elettorato russo, uscito scosso e letteralmente affamato alla fine del Secondo millennio, dopo la fine della Guerra fredda e il collasso del sistema comunista, pare essersi adattato all’autocrazia del Terzo millennio e aver rinunciato, anche per forza di cose, all’idea di democrazia occidentale.

La seconda ragione della tenuta di Putin è economica: nonostante le ripetute, anche nei decenni passati, previsioni di collasso, il sistema russo è ancora in piedi. Se prima si appoggiava all’Europa, ora e nel futuro lo farà verso Oriente. Lo spostamento degli equilibri geopolitici mondiali è un fattore, indotto anche da Mosca con la guerra in Ucraina, che ha permesso, nonostante l’isolamento sul fronte occidentale e le sanzioni di Stati Uniti e Unione europea, di mantenere un livello di crescita sufficiente per garantire i progressi effettuati a partire dal default del 1998, che sotto la presidenza di Boris Yeltsin aveva sancito il tracollo internazionale della Russia. Secondo il Cremlino, rafforzato dalla tornata elettorale, la Russia potrà tranquillamente resistere agli eventuali giri di vite decisi tra Washington e Bruxelles e, anche grazie ad alleati come la Cina, potrà proseguire nel suo percorso, spostando il suo baricentro sempre più verso est. 

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