Un anno dopo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, il conflitto tra Russia e Ucraina non appare vicino alla conclusione: nonostante la boutade in campagna elettorale nell’agosto 2024, con l’affermazione di poter risolvere la guerra nel giro di 24 ore, le posizioni di Mosca e Kiev sono rimaste lontane sia da una possibile tregua, sia - ancor di più - da un vero e proprio accordo di pace. La postura degli Stati Uniti è però radicalmente mutata e Washington non è più il maggior alleato e sponsor finanziario e militare di Kiev, come sotto la presidenza di Joe Biden, ma Trump ha concretizzato il disimpegno annunciato nei mesi precedenti al voto del 5 novembre 2024. Secondo i dati dell’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, in Germania, che attraverso l’Ukraine Support Tracker monitora il flusso degli aiuti forniti dall’Occidente all’Ucraina, è evidente lo smarcamento statunitense nel corso degli ultimi 12 mesi. Trump pare invece avere assunto il compito di mediatore fra Mosca e Kiev, per ora comunque con poco successo.
Aiuti militari azzerati a Kiev
Se per il periodo ottobre-dicembre 2024, l’ultimo sotto Biden, gli USA hanno allocato 26,8 miliardi di dollari, dopo l’insediamento di Trump e la prima transizione di gennaio-marzo 2025 i flussi sono crollati a 0,48 miliardi e nei mesi successivi sono stati proprio azzerati, da aprile sino ad oggi. Le forniture militari per Kiev già approvate sono arrivate a destinazione, non ne sono però state concesse di nuove: soprattutto per quel riguarda armamenti offensivi, dai caccia da combattimento F16 ai sistemi missilistici Atacms, già giunti a Kiev con il contagocce ai tempi di Biden, Trump è rimasto molto cauto e anche di fronte alle recenti richieste ucraine dei missili Tomahawk ha risposto in maniera negativa. Al distacco statunitense dallo scacchiere ucraino, gli alleati europei hanno risposto nella prima parte del 2025 con un aumento del sostegno, passato dai 9,4 miliardi di dollari della fine del 2024 ai 18 e ai 20 dei primi due trimestri di quest’anno. Ma da luglio 2025 anche gli aiuti dei cosiddetti volenterosi si sono dimezzati, quantificati in 10,4 miliardi sino alla fine di agosto. Nonostante la retorica di Bruxelles e della NATO, la linea dettata da Trump è stata maestra.
Sanzioni deboli a Mosca
Anche per quel che concerne le sanzioni contro la Russia, l’atteggiamento della Casa Bianca è stato sempre prudente e Trump, rispetto a Biden, ha adottato una strategia di dialogo con il Cremlino basata sul riavvicinamento diretto con Vladimir Putin, culminata nel vertice ad agosto in Alaska. Washington e Mosca, grazie al lavoro dei due inviati speciali, Steve Witkoff e Kirill Dimitriev, hanno iniziato a ricostruire le relazioni interrotte nei quattro anni precedenti e, sebbene la linea di Trump non abbia avuto effetti concreti sul percorso di pace in Ucraina, i rapporti sono sensibilmente cambiati. Lo stesso dicasi per i pacchetti sanzionatori, con la Casa Bianca che solo di recente ha colpito il settore energetico russo, prendendo di mira due aziende petrolifere, Rosneft e Lukoil, replicando quello del resto che aveva fatto Biden con Gazpromneft e Surgutneftegas nel 2024.
Da questo punto di vista gli strumenti di pressione statunitensi appaiono, oggi come ieri, maggiori di quelli adottati, ma l’avvedutezza della Casa Bianca è da collegare alla complessità degli equilibri internazionali e dei rapporti con altri grandi player, vicini a Mosca, come la Cina e l’India. In ogni caso la virata statunitense ha causato il rafforzamento del ruolo europeo, della Commissione guidata da Ursula von der Leyen e dei leader europei più vicini a Kiev, dal presidente francese Emmanuel Macron al cancelliere tedesco Friedrich Merz passando per il premier britannico Keir Starmer: il gruppo dei volenterosi, sorto proprio dopo il primo disastroso incontro alla Casa Bianca lo scorso febbraio fra Trump e il capo di Stato ucraino Volodymr Zelensky, non è però stato in grado di elaborare un progetto concreto e autonomo, rimanendo di fatto agganciato alla scia statunitense. La narrazione del sostegno all’Ucraina è stata amplificata, ma non sta reggendo alla prova delle realtà, sia per quel riguarda gli aiuti, soprattutto militari, che le sanzioni, tutt’altro che determinanti.
Zelensky nella morsa
Nello scorso anno il quadro sul campo per l’Ucraina è dunque sensibilmente peggiorato, a causa del mancato sostegno occidentale e anche di decisioni tattiche poco efficaci, se non controproducenti, come quella dell’incursione dell’agosto del 2024 nella regione russa di Kursk che è finita nel nulla, favorendo la penetrazione russa nel Donbass. Zelensky si è ritrovato stretto nella morsa sia da Putin che da Trump, che di al di là della linea comunicativa zigzagante, talvolta favorevole a Mosca, talvolta a Kiev, si è astenuto nel cercare di imprimere un’altra direzione al conflitto in cui la Russia sta comunque prevalendo sul terreno.
Anche a Kiev, a causa del mancato appoggio statunitense, la situazione per Zelensky si è fatta più delicata e per ora il fiancheggiamento dei volenterosi non ha condotto all’elaborazione di un piano valido e condiviso di fronte alle richieste del Cremlino, che dovrà essere in ogni caso concordato con gli Stati Uniti. Il rapporto, fattosi più complicato, fra Washington e Bruxelles non ha prodotto risultati tangibili a favore dell’Ucraina, a tutto vantaggio della Russia, che continua a così dettare il ritmo del conflitto.

Trump dice no ai missili Tomahawk per l'Ucraina
Telegiornale 03.11.2025, 12:30









