Sono sollevati i familiari degli ostaggi che ancora si trovano a Gaza: con l’annuncio dell’accordo tra Israele e Hamas, per loro nella notte sono scattati i festeggiamenti, come riferisce al Radiogiornale, da Gerusalemme, il giornalista Michele Giorgio. “È un accordo che hanno atteso per tutta la notte e hanno espresso gratitudine nei confronti del presidente statunitense Donald Trump, tanto che lo hanno invitato a tenere un discorso nella piazza degli ostaggi di Tel Aviv”.
I familiari degli ostaggi israeliani dopo l'annuncio dell'accordo
Si tratta ora della prima fase del piano di pace, che prevede appunto il rilascio degli ostaggi israeliani e di quasi 2’000 detenuti palestinesi. E poi? Nella seconda fase, lo ricorda Giorgio, è previsto il disarmo di Hamas. Un disarmo che secondo Israele dovrà essere totale, con i leader di Hamas a Gaza che dovrebbero andare in esilio. “Il movimento islamico vorrebbe invece cedere missili, razzi e le armi più pesanti, per conservare quelle leggere. Un elemento, questo, che potrebbe mettere a rischio l’attuazione dell’intero piano di pace”. E non va dimenticato, aggiunge Giorgio, che anche Israele “non sembra intenzionato a ritirare le sue truppe in futuro”.
Soldati israeliani lungo il confine della Striscia di Gaza
Fatto sta che l’accordo sulla prima fase è giunto presto. “Mi aspettavo molte più difficoltà, molti più ostacoli e che questa trattativa sarebbe andata avanti per giorni nel tentativo di raggiungere un accordo” dice ancora Giorgio, che mette in evidenza gli aspetti che hanno verosimilmente pesato di più. In primis “la determinazione di Donald Trump nello spingere le due parti a trovare un’intesa”. Poi da parte di Hamas “ha pesato molto la condizione della popolazione palestinese a Gaza che vive una crisi umanitaria catastrofica a causa dell’offensiva israeliana e allo stesso tempo anche Netanyahu ha capito che non poteva andare avanti con la guerra”. E infine “l’opinione pubblica, non solo delle famiglie degli ostaggi, che vuole la fine delle ostilità”.
Ma i meriti principali vanno attribuiti al presidente statunitense Donald Trump? “La considerazione che possiamo fare - dice Giorgio - è che il presidente USA, più lontano dal rispetto delle regole internazionali, delle leggi internazionali e del lavoro delle Nazioni Unite, è stato però quello in grado di prendere una decisione forte che è riuscita - almeno pero e speriamo che prosegua così - a fermare la guerra. E questo ci porta anche a un’altra considerazione, cioè che la diplomazia internazionale avrebbe potuto fermare questo conflitto ben prima, evitando tanto morti e tante distruzioni”.