Analisi

L’enigma russo, da Churchill a Prigozhin

Dal golpe fallito alla strategia di guerra, in Occidente si tende a guardare alla Russia non tanto per quello che è davvero, ma per come si vorrebbe che fosse – La soluzione (di Churchill)? Gli interessi nazionali

  • Oggi, 05:34
  • Un'ora fa
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Lo storico premier britannico aveva definito la Russia "un rompicapo avvolto in un mistero dentro un enigma", fornendo però anche una chiave

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Di: Stefano Grazioli 

Il sistema putiniano non è mai stato così in bilico, almeno in apparenza, come alla fine di giugno di due anni fa, quando la rivolta di Evgeny Prigozhin ha tentato di minarne dall’interno la stabilità. Il tentativo di colpo di Stato, o presunto tale, del capo della Wagner, la compagnia privata militare affiancata alle forze regolari del Cremlino nella guerra in Ucraina, ha rappresentato non solo l’apice di un conflitto tra Prigozhin e i vertici militari, costituiti dall’allora ministro della Difesa Sergei Shoigu e dal generale Valery Gerassimov, ma appunto un attacco diretto anche a Vladimir Putin.

La rivolta di Prigozhin: un sistema in bilico?

Il capo di Stato russo si è ritrovato al centro di uno scontro, portato all’estremo dai dissidi interni per motivi prettamente militari, con l’ex fedelissimo capo della Wagner che ne ha fatto una questione di legittimità con la marcia su Mosca. Il golpe, o ritenuto tale, dato che nella genesi come nello sviluppo era parso da subito più un’operazione dimostrativa piuttosto che un vero proposito di rovesciare la leadership del Paese, si era concluso in poco più di 24 ore con Prigozhin costretto a rinunciare ai propositi velleitari e a rifugiarsi in Bielorussia dopo la mediazione del presidente Alexander Lukashenko.

La questione sarebbe stata liquidata definitivamente poco più tardi, il 23 agosto, con l’esplosione in volo dell’aereo su cui volavano il capo della Wagner e il suo vice Dmitry Utkin, classificato dal Cremlino come incidente.

La nebbia della guerra: percezioni e realtà del conflitto in Ucraina

Nel contesto del conflitto in Ucraina, la vicenda si è svolta nell’estate del 2023, il momento in cui secondo Kiev e gli alleati occidentali l’annunciata controffensiva ucraina avrebbe dovuto cambiare il corso della guerra, con l’obbiettivo di respingere le forze russe dal Donbass e dalla Crimea, come fissato anche in “Pace” di Volodymyr Zelensky pubblicato nell’autunno del 2022.

Stando alla narrazione alleata, la Russia di Putin, isolata dal resto del mondo, sarebbe dovuta andare incontro a una rapida sconfitta sul terreno, messa in ginocchio sia militarmente che attraverso le sanzioni economiche; il pur fallito putsch di Prigozhin avrebbe successivamente innescato faide all’ombra del Cremlino e il regime putiniano sarebbe crollato in pochi mesi. Come la realtà fosse e sia un po’ diversa è evidente a tutti: da una parte è la propaganda, la nebbia della guerra, che quando si dirada mette in chiaro la situazione sul terreno; dall’altra è il principio generale per cui in Occidente, sia nelle cancellerie come a livello mediatico, si tende a guardare alla Russia non tanto per quello che è davvero, ma per come si vorrebbe che fosse.

L’enigma di Churchill e gli interessi nazionali

Il problema non è nuovo. Winston Churchill nel 1939 l’aveva definita “a riddle wrapped in a mystery inside an enigma”, un rompicapo avvolto in un mistero dentro un enigma. La Russia e la sua leadership come un rebus di difficile se non impossibile risoluzione. Ai tempi si trattava di Stalin, oggi è Putin, ma il punto non è cambiato: Europa e Stati Uniti hanno sempre difficoltà a interpretare le vicende russe e le mosse del Cremlino sia all’interno che sulla scacchiera internazionale.

Non è però che Stalin ieri e Putin adesso fossero e siano imprevedibili, tutt’altro: e il meccanismo principale di comprensione l’aveva offerto proprio lo stesso Churchill, che completando la sua definizione passata alla storia aveva aggiunto, per capire cosa avrebbe fatto Mosca nel corso della Seconda guerra mondiale: “But perhaps there is a key. That key is Russian national interest”. La chiave per capire il Cremlino sono insomma i suoi interessi nazionali, allora come adesso.

Dal fallimento di Prigozhin al Piano B: la strategia di Putin

L’architettura russa, pur su vari pilastri come tante sono le torri del Cremlino, è dunque più stabile di quel che spesso viene raccontato con una buona dose di wishful thinking, e soprattutto la strategia del Cremlino è più facilmente interpretabile di quanto non si pensi o non si voglia alla fine ammettere, visto che quello degli interessi nazionali è il principio che guida le relazioni di ogni stato, a parte quelle mediate dall’appartenenza a blocchi o alleanze.

Il futuro del conflitto: tra logoramento e possibili escalation

Il caso Prigozhin ha dimostrato quanto fosse solido appunto il sistema Putin, con nessuno che si è schierato a fianco del capo della Wagner, e il Cremlino prosegue ora la guerra in Ucraina con la stessa strategia che ha assunto nell’aprile del 2022, dopo la fallita Blitzkrieg (guerra lampo): la vittoria nel cosiddetto Piano B, quello della guerra di logoramento e del raggiungimento degli obbiettivi sul medio e lungo termine, è considerata a Mosca esistenziale ed è per questo che sono stati messi in conto costi elevati ed è stata modificata la dottrina militare sull’utilizzo delle armi atomiche. Per come si sta prolungando il conflitto in questa fase, con il disimpegno statunitense e i dissidi all’interno dell’Unione Europea, è probabile però che non si giunga a una definitiva escalation.

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