Il nuovo Papa Leone XIV è un Papa di dialogo, è un Papa delle Americhe. E viste le posizioni assunte dall’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulla questione migratoria è presumibile che ci potrebbero essere tensioni molto forti. Così Mario Del Pero, professore di Storia degli Stati Uniti e Storia della politica estera americana a SciencesPo di Parigi, intervenuto ai microfoni di Modem della RSI, in occasione dell’elezione a Pontefice dello statunitense Robert Francis Prevost, considerato fedelissimo del suo predecessore, Papa Francesco.
È presumibile che si ripresenteranno le tensioni con Trump
Prevost è un Papa “cosmopolita” e “delle Americhe, con una lunghissima esperienza in Perù. E questo è un elemento, uno dei tanti, che sembra metterlo in continuità con il suo predecessore. Al contempo è un Papa di nascita statunitense. La forza simbolica è evidente”, spiega Del Pero, esponendo due riflessioni. La prima: tutto indica che sia un Papa in continuità con Francesco rispetto alla relazione con chi guida la potenza americana, cioè Trump e la sua amministrazione. Ed è presumibile che su alcuni temi (quello dei migranti, della povertà, delle guerre), non abbia posizioni convergenti con l’amministrazione Trump, anzi. Ed è altresì presumibile che si ripresenteranno le tensioni che abbiamo visto in questi ultimi anni con Papa Francesco nei confronti dell’attuale presidente USA.
Papa Leone XIV e il mondo cattolico USA, lacerato e diviso
La seconda riflessione di Del Pero è che un mondo, quello cattolico statunitense, così lacerato, così diviso, dove forti sono state anche nelle gerarchie posizioni critiche verso Bergoglio, “forse si ritrova per la prima volta nella sua storia a relazionarsi con un’autorità superiore e ultima, che è essa stessa americana”. E allora “figure politiche cattoliche come J.D. Vance e altri, che hanno cercato di cavalcare queste divisioni del cattolicesimo americano, forse faranno più fatica oggi a intervenire perché anche da un punto di vista banalmente gerarchico istituzionale, di struttura della Chiesa, c’è un americano che sta sopra a tutti gli altri americani”, spiega il professore.
In particolare Del Pero ricorda che Papa Leone XIV ha già usato i social anche in maniera abbastanza diretta, esplicita, non mediata. “E ha corretto il vicepresidente USA J. D. Vance in questa disputa para-teologica che c’è stata quando Vance ha ripreso, diciamo così, una lettura molto selettiva e discriminatoria dell’ordo amoris, secondo la quale alcune categorie fuori dal cerchio familiare, locale, nazionale sarebbero escluse da questo amore religioso, cristiano. Robert Francis Prevost l’aveva corretto, molto duramente, anche rilanciando, sempre sui social, le critiche alla politica rispetto ai migranti, alle deportazioni di Trump”.
Prevost, lo scorso febbraio, aveva scritto: “Vance sbaglia: Gesù non ci chiede di dare una valutazione al nostro amore per gli altri”.
Adesso - dice Del Pero - vedremo come Prevost si muoverà. “Si muoverà con grande attenzione istituzionale, presumiamo, perché il ruolo glielo impone, però l’impressione è che si muoverà anche nel solco della continuità rispetto a Papa Francesco”.
La Chiesa cattolica, negli USA, ha retto meglio il crollo di religiosità rispetto alle chiese evangeliche
Un altro aspetto che, secondo il professore, deve essere sottolineato è quello del crollo di religiosità negli Stati Uniti. “Mille indicatori lo mostrano: negli ultimi due decenni (negli ultimi 10/15 anni in particolare) la Chiesa cattolica ha retto meglio, negli Stati Uniti, questo crollo di religiosità rispetto alle chiese evangeliche, bianche, del sud che sono forse tra le principali vittime; appoggiano Trump per tante ragioni ma anche per la paura che questo crollo della religiosità sta generando”. Secondo Del Pero la capacità della Chiesa cattolica di reggere l’urto è molto legata anche alla presenza di immigrati di prima e seconda generazione, “legali e finanche illegali negli Stati Uniti, dal Sud America, dal Centro America e dal Messico. Immigrati che hanno portato con sé anche la propria religione, la propria fede cattolica. Questo è un altro elemento che va considerato e che probabilmente condizionerà, inciderà sull’agire di Papa Leone rispetto ai rapporti con gli Stati Uniti”.
L’influenza del Papa
In un mondo sconvolto dal susseguirsi di guerre e stragi continue, sordo agli inviti alla pace, sempre più persone vedono nella figura del Papa l’ultima speranza. Secondo Del Pero è molto complicato “misurare” l’influenza che può avere il Papa. Sul tema della pace, “che è un tema fondativo per l’esperienza cristiana e quindi cattolica, credo che le parole papali poco abbiano potuto negli ultimi decenni - sottolinea il professore -. In fondo anche Papa Giovanni Paolo II si espresse tante volte sulle guerre del XXI secolo con pochi o scarsi effetti: pensiamo all’Iraq 2003”.
È vero però - spiega Del Pero - che il Papa “ha una forza morale, ha capacità di condizionamento delle opinioni pubbliche e degli statisti, di chi prende decisioni. Ha una rete diplomatica capillare e straordinariamente efficiente”. E con tutti i suoi nunzi la Chiesa Cattolica non va sottovalutata: “con questa rete diplomatica e la sua capacità di mediare e di promuovere, innesca processi diplomatici, processi di pace e dialoghi che a volte mancano”.
Un Papa dalle Americhe più che a “stelle e strisce”
Modem 09.05.2025, 08:30