I pazienti svizzeri dovranno pagare di più i loro farmaci per compensare le concessioni delle aziende agli Stati Uniti? È la domanda che sorge dopo l’annuncio del presidente Donald Trump di un accordo con diverse case farmaceutiche, comprese Novartis e Roche che, per scongiurare dazi statunitensi sui loro prodotti garantiranno il miglior prezzo agli Stati Uniti. Una dinamica legata al complesso e poco trasparente sistema che porta a stabilire i prezzi dei medicinali.
Secondo Donald Trump l’accordo firmato venerdì sera con 9 multinazionali, tra cui Novartis e la filiale di Roche, Genentech, porterà grandi benefici ai suoi cittadini. Approfitteranno del prezzo più basso al mondo su alcuni farmaci. E ammette, probabilmente a scapito di altri. Durante l’annuncio Trump ha fatto un esempio ipotetico: in un altro Paese il costo di una pillola aumenterà da 10 a 20 dollari ma negli Stati Uniti diminuirà da 130 a 20 dollari.
In effetti gli Stati Uniti sono il Paese con i prezzi più alti dei farmaci. “Per decenni - ha detto Trump - siamo stati costretti a pagare i prezzi nettamente più alti al mondo. Siamo il 4% della popolazione globale, consumiamo il 13% dei farmaci riconosciuti ma le case farmaceutiche fanno il 75% dei loro utili grazie al consumatore statunitense”.
In linea di massima gli esperti concordano che in effetti sia così. La consigliera federale responsabile per la sanità pubblica, Elisabeth Baume-Schneider, qualche settimana fa, in un’intervista radiofonica a SRF aveva anticipato la questione, con un’affermazione politica forte: non toccherà agli assicurati svizzeri, tramite i loro premi di cassa malati, pagare le concessioni fatte negli Stati Uniti.
Ma la pressione su Baume-Schneider non arriva solo dagli Stati Uniti. Anche il settore farmaceutico svizzero chiede con urgenza un aggiornamento dei modelli che portano a definire i prezzi dei farmaci. L’associazione del ramo Interpharma ha lanciato l’allarme a novembre, quando gli Stati Uniti avevano creato una lista di Paesi di riferimento, per confrontare e stabilire il prezzo dei farmaci sul loro mercato. Tra gli 8 Paesi scelti, c’è anche la Svizzera. Conseguenza: le case farmaceutiche se ne guarderanno bene da offrire prezzi bassi in Svizzera.
Si può discutere sempre sui meccanismi, aveva già detto Baume-Schneider. Aggiungendo che però non si possono dimenticare gli sforzi approvati anche dal Parlamento per diminuire la spesa sanitaria nel suo complesso.
Le trattative sui prezzi di nuovi farmaci sono complicate e soprattutto confidenziali. Spesso c’è un prezzo cosiddetto “di vetrina” ma poi l’azienda ne restituisce una parte all’assicuratore o allo Stato. In questo modo l’importo preso come riferimento dagli altri Paesi resta elevato.
Per la Svizzera, sede di diverse importanti case farmaceutiche, la questione è delicata. Il settore afferma che per fare ricerca e trovare nuovi prodotti, innovativi, c’è bisogno di margini di guadagno elevati. Nessuno lo contesta ma i critici indicano i dividendi versati agli azionisti, altrettanto elevati.
La spesa per farmaci è una delle voci in maggiore aumento dei costi sanitari. Rappresenta circa un quinto dei costi dell’assicurazione di base. In Svizzera i prezzi, nel confronto con altri Paesi europei, sono in media più alti. Per l’Ufficio federale della sanità pubblica è la dimostrazione che l’innovazione viene abbondantemente premiata. Ora però, indirettamente, si impone un legame anche col mercato statunitense. Un legame poco favorevole.

Farmaci, Trump annuncia un accordo
Telegiornale 20.12.2025, 12:30








