“Migliori grotti del Ticino”. “Come allontanare talpe dal giardino”. “Notizie guerra Ucraina”. Ricerche che abbiamo fatto tutti su Google per poi aprire i primi link proposti e leggere le informazioni che cercavamo. Sembra assurdo, ma è un gesto destinato a scomparire. Il fenomeno si chiama “Google zero” e potrebbe avvenire prima di quanto immaginiamo. Il termine è stato coniato a maggio 2024 dal direttore della rivista online americana The Verge Nilay Patel e sta facendo sempre più parlare di sé.
Solo un grande schema del lavoro umano
Alphaville 27.08.2025, 11:45
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Più precisamente Google zero significa che tutto il traffico che oggi arriva ai media e alle testate giornalistiche tramite Google potrebbe sparire nei prossimi anni, perché sempre più persone si rivolgeranno agli strumenti di intelligenza artificiale (IA) per informarsi, come i riassunti IA di Google o ChatGPT. Le persone, quindi, fruiranno la notizia o le informazioni senza effettivamente entrare nel sito web che contiene l’articolo, ma lasciando che sia l’IA a farlo per loro. «Questo rappresenta un potenziale problema enorme per gli editori, dal momento che gran parte delle entrate che finanziano il giornalismo proviene proprio da lì. Siamo quindi di fronte a un cambiamento profondo dell’ecosistema, per il quale occorre trovare una strategia» commenta Patrick Swanson, giornalista austro-statunitense e cofondatore dell’azienda di consulenza Verso specializzata nell’applicazione dell’intelligenza artificiale al giornalismo.
Il cambiamento sta colpendo la vita di tutti noi, non solo dei professionisti dell’informazione. «È molto difficile dire quando avverrà il Google zero, ma in realtà in alcuni ambiti è già successo. Per esempio, nella ricerca di prodotti», spiega Patrick Swanson. Ad esempio, se vogliamo sapere quale computer acquistare per lavorare da remoto, una volta avremmo scritto su Google “miglior computer portatile 2025”, avremmo trovato un articolo di qualche sito di recensioni e lo avremmo letto per trovare la risposta. Adesso, moltissime persone vanno su ChatGPT e chiedono “qual è il miglior computer portatile del 2025?” lasciando che sia direttamente l’IA a fornire la soluzione. L’acquisto della merce è una categoria dove il cambiamento è già parzialmente avvenuto, spinto dai sommari IA sulle recensioni che fornisce Google. «Per le notizie invece la situazione è diversa, perché Google non ha ancora introdotto queste funzioni IA sui contenuti giornalistici. Stamattina, ad esempio, ho provato a cercare “guerra a Gaza” su Google e non ho ricevuto alcuna panoramica generata dall’AI», precisa il giornalista.
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Nel frattempo, il mondo dell’editoria corre ai ripari con strategie spesso antitetiche. Alcuni cercano di fare accordi con OpenAI, la società che gestisce ChatGPT, per darle accesso ai propri contenuti, che possono così essere inclusi nella piattaforma pagando un prezzo equo. Il celebre New York Times, invece, ha scelto la strategia diametralmente opposta e ha fatto causa all’azienda californiana, chiedendo un risarcimento economico per l’uso a sue dire improprio dei contenuti. Dunque «le strade sono diverse, ma il punto centrale è che sta cambiando il comportamento del pubblico: le persone si rivolgeranno sempre di più agli strumenti di intelligenza artificiale per informarsi e sempre meno a Google», commenta Patrick Swanson.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/scienza-e-tecnologia/Come-l%E2%80%99IA-generativa-sta-cambiando-le-ricerche-online--2972261.html
Google zero porterà anche a dei cambiamenti rilevanti nel mercato del lavoro in ambito editoriale. Se tutti i contenuti prodotti, siano articoli, interviste o recensioni, vengono semplicemente riassunti dagli strumenti di intelligenza artificiale, allora per molti giornalisti non sarà più sostenibile economicamente scrivere. «Potrebbe innescarsi così un circolo vizioso che si autoalimenta: le aziende di AI raccolgono i contenuti, ma se gli autori non vengono retribuiti, col tempo ci saranno sempre meno persone disposte a produrre nuovi contenuti - racconta Patrick Swanson, che continua - e questo finirà per diventare un problema anche per le stesse aziende tecnologiche, perché ci sarà meno giornalismo disponibile online e quindi meno materiale su cui i modelli di IA possano basarsi. È proprio per questo che alcune grandi aziende di intelligenza artificiale, come Perplexity ad esempio, hanno lanciato programmi per condividere parte dei ricavi con giornalisti ed editori, così che possano continuare a esistere».

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In futuro, sistemi come chatGPT potrebbero quindi diventare lo strumento di base per accedere a internet, sostituendo non solo Google, ma anche il concetto di browser stesso. «Mi aspetto anche un aumento delle interfacce vocali: magari, quando accade una notizia importante, sul portatile compare una notifica e una voce ti dice “c’è appena stato un evento importante nella tua città”, e tu puoi parlare con quella voce per sapere che cosa è successo. Penso che un futuro del genere sia molto probabile», conclude Patrick Swanson.