In due settimane abbiamo assistito dapprima alla chiusura dell’autostrada viaggiante, poi alla soppressione di 8 terminal da parte di FFS Cargo. Cosa sta succedendo al trasporto delle merci su rotaia in Svizzera? Lo abbiamo chiesto ad un esperto del settore, l’ex consigliere nazionale, economista e professore universitario Remigio Ratti.
È di inizio maggio la notizia dell’addio al trasporto dei camion su rotaia dal 2026. L’operatore che fornisce il servizio - la cosiddetta autostrada viaggiante - nel 2024 ha registrato dei conti in rosso per 2,2 milioni e chiuderà anzitempo. Era inevitabile?“
“La soppressione dell’autostrada viaggiante non è una grande sorpresa per gli addetti ai lavori. E comunque rappresenta solo una piccola fetta del trasferimento strada-ferrovia. Una parte che piace molto al pubblico e a certi politici, perché vedono un autocarro transitare caricato sulla ferrovia… e questo rende bene l’idea del trasferimento. Però dal punto di vista economico è inefficiente, perché per trasportare una tonnellata di merce, devo caricarne altre tre, calcolando anche il peso del vagone e della motrice dell’autocarro. È molto più efficiente trasportare solo il carico (in gergo, il bilico) o meglio solo i container”.
Martedì FFS Cargo ha comunicato che chiuderà 8 terminal - tra cui le stazioni di trasbordo di Lugano e di Cadenazzo - e taglierà 65 posti di lavoro. Il deficit è di 12 milioni all’anno. Vuole dire che il settore delle merci su ferrovia in Svizzera è in crisi?
“Purtroppo sì. Bisogna distinguere il settore delle merci internazionale da quello interno, ma sì: quello svizzero è in crisi. E da parecchio tempo. C’è però una forte contraddizione che si può notare tra la pianificazione di lungo termine, che si concretizza nel documento “Prospettiva ferroviaria 2050”, recentemente approvato dal Parlamento nazionale, che insiste sul trasferimento strada-ferrovia per necessità sia ambientali che climatiche, e la pianificazione di questi giorni con la quale si è cambiata la direzione. Nella decisione di FFS Cargo sono prevalsi criteri di breve e medio termine. Da una parte è chiaro che se sul cargo interno si incassano 18 milioni, ma ce ne sono 12 di perdita il problema è grosso. Dall’altra questo è un ragionamento puramente aziendale. Se la politica chiede alle FFS di essere autosufficienti è normale che poi loro propongano questo tipo di politiche. In realtà a Cadenazzo ci sono delle nuove infrastrutture private molto efficienti, come Camion Transport AG. Si lascerà al privato decidere se valga o meno la pena fare un determinato tipo di trasporto tramite il proprio binario di raccordo ferroviario. Questa sembra essere, in generale, la nuova strategia. La concorrenzialità dell’offerta puramente ferroviaria è ormai condizionata dall’esistenza di una rete di piattaforme logistiche private ben affermate su tutto il territorio nazionale”.
Remigio Ratti, economista ticinese, storico dei trasporti ed ex consigliere nazionale
In termini di traffico, vorrà dire 25’000 mezzi pesanti in più all’anno sulle strade svizzere. Secondo Pro Alps, le FFS stanno sabotando il trasferimento del traffico pesante dalla strada alla ferrovia…
“Il problema è politico. E Pro Alps ha ragione a farsi sentire. La politica da tempo concede dei sussidi per il trasferimento strada-ferrovia. E se in principio si diceva che dopo l’entrata in funzione delle gallerie di base non ci sarebbe più stato scopo di sussidiare ulteriormente il trasferimento, gli aiuti finanziari sono invece stati prolungati fino al 2032 e già ci si muove per prorogarli ulteriormente. In più la Confederazione partecipa agli investimenti per infrastrutture intermodali in Italia – come a Busto Arsizio 1 e 2, Novara, Piacenza, e presto Milano, Brescia – e al nord in altri terminali dell’asse renano. Ecco, in questo caso la politica c’è. Però bisogna dire che l’autotrasporto sta facendo notevoli progressi anche dal punto di vista dell’inquinamento. Anche perché l’UE è diventata sempre più severa al riguardo. Inoltre, c’è la prospettiva dei camion ad idrogeno, perlomeno senza emissioni di CO2. La gomma è sempre più concorrenziale. Pro Alps dunque fa bene a mettere le mani avanti”.
L’apertura della galleria di base del Brennero è prevista per il 2032 e la TAV Torino-Lione l’anno dopo. Dunque ben prima del 2050, quando al momento attuale il completamento di Alptransit non è nemmeno considerato. A quel punto cosa succederà al corridoio attraverso le Alpi svizzere?
“Con la galleria di base, gli accessi tra Fortezza e Verona e l’aggiramento di tutte le città - Rovereto, Trento, Bolzano, cosa che non si prevede a livello svizzero - il Brennero sarà presto molto competitivo. Stessa cosa, sia pur con minor impatto, ad Occidente con il Frejus ed il nuovo corridoio Torino-Lione, un progetto fortemente sostenuto dall’UE. La Svizzera avrà dunque una concorrenza molto forte da parte di questi due itinerari alternativi. Certo si può dire: “tanto meglio, così il traffico è ripartito su più assi”. Ma c’è un problema. All’estero, sia in Italia che in Germania, non c’è il favore che si riscontra in Svizzera per il trasferimento strada-ferrovia. Noi abbiamo investito miliardi per le infrastrutture e per sussidiare il trasferimento perché finora il popolo svizzero ha votato a favore del sostegno a questa strategia. Ma le cose possono cambiare. E anche velocemente. L’aggiramento è un dato di fatto nel traffico viaggiatori di lunga distanza. Ci siamo posti un obiettivo ambientale, uno climatico e abbiamo deciso di proteggere la popolazione dal rumore, ma per la politica è sempre più difficile perseguire questi risultati. Non si può non notare un’ulteriore contraddizione”.

Ticino e Lombardia vogliono AlpTransit a sud
Il Quotidiano 10.03.2025, 19:00
In questo contesto la richiesta inoltrata al Consiglio federale per il completamento anticipato di Alptransit portata avanti dall’alleanza formata da Ticino, Lombardia, Piemonte e Liguria (uniti per il far sì che venga completato il corridoio Rotterdam-Genova) ha chances di essere accolta?
“Il mio obiettivo, apertamente o dietro le quinte da ricercatore, è sempre stato questo. E devo dire che l’ex primo cittadino del canton Ticino, Michele Guerra, è riuscito ad arrivare là dove i tecnici ed altri politici non sono mai arrivati. Lo riconoscono tutti: si tratta di un bel passo in avanti a livello politico. Però credo che gli ostacoli, prima che Berna decida di poter accettare queste rivendicazioni, siano ancora grossissimi. Il prossimo anno sarà cruciale: la Confederazione dovrà rivedere la propria strategia e decidere se giocare la carta dell’essere un’isola o se continuare a vivere - come dice la storia - al centro dell’Europa. Berna dovrà decidere se avere una politica dei trasporti che permetta un transito attraverso le Alpi, via delle merci e delle genti, nel modo più efficiente possibile oppure no. Ricordo che lo storico ed economista Jean-François Bergier diceva una cosa giustissima: se la Svizzera esiste, in quanto tale, è perché è stato uno spazio aperto, e riconosciuto tale dalle varie potenze del mondo, per facilitare le comunicazioni attraverso le Alpi. Per me è un obiettivo storico, ma non per tutti è così: c’è una Svizzera che si sta ripiegando su sé stessa”.

FFS Cargo taglia posti di lavoro in Ticino
Il Quotidiano 20.05.2025, 19:00