Ticino e Grigioni

Violenza domestica, 80 casi in Ticino da inizio anno

I casi registrati nei pronto soccorso sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno in crescita - La legge vieta al personale sanitario di segnalare le violenze domestiche senza il consenso della vittima

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03:23

Violenza domestica, un fenomeno ancora sommerso

Il Quotidiano 09.08.2025, 19:00

  • Ti Press
Di: Il Quotidiano/M. Ang. 

Sono 80 i casi di violenza domestica registrati nei 4 pronto soccorso ticinesi da inizio anno. Sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno in crescita, che rimane nell’ombra, a causa delle difficoltà delle vittime a denunciare.

“Le vittime arrivano in pronto soccorso per la “goccia che fa traboccare il vaso”, ossia per l’episodio particolarmente violento o particolarmente doloroso, anche se non necessariamente molto violento. Magari per una violenza psicologica importante o quando non ce la fanno più. Ecco, allora vengono”, dice alle telecamere del Quotidiano della RSI Roberta Petrino, primaria e direttrice medica del servizio di pronto soccorso EOC.

A frenare le vittime (il 75% sono donne) sono la vergogna, il senso di colpa, la paura. I numeri li ha forniti la polizia cantonale, parlando di cifre sotto le aspettative: agli 80 casi segnalati dai pronto soccorso ticinesi si aggiunge la decina di casi da ricondurre al nuovo diritto penale in materia sessuale, quello della norma entrata in vigore il primo luglio dell’anno scorso, conosciuta con “No significa no”: vuol dire che l’aggressione sessuale è tale quando la vittima segnala all’autore di non acconsentire all’atto, anche se paralizzata. Secondo chi lavora al pronto soccorso questa norma ha cambiato poco, innanzitutto perché la violenza sessuale “è un tema che porta la vittima in pronto soccorso molto difficilmente (solo quando c’è anche una violenza fisica o comunque uno stato di ansia, di stress, di agitazione molto importante), cosa che succedeva già anche prima”, spiega Petrino.

E quando si arriva in corsia il primo aggancio è l’infermiere che si occupa del triage. “Molti arrivano e dichiarano questa cosa, anche con l’intento magari di dire: sono qui perché voglio denunciare quello che mi è successo ma sono in minor numero - racconta Matias Ormazabal, capo reparto infermieristico -. Diciamo che la stragrande maggioranza arriva per lesioni, dolori... ed è lì che si cerca poi di capire se c’è dell’altro dietro al racconto che potrebbe essere quello di: sono caduta, mi sono fatta male....”.

La legge vieta al personale sanitario di segnalare all’autorità un caso di violenza domestica senza il consenso della vittima. “Inizialmente la vittima è molto arrabbiata, quindi magari accetta di denunciare o comunque vuole denunciare. Poi rielabora e si colpevolizza. E questo succede frequentemente. Il dare il tempo di dire: ti prendo in carico, ne parliamo, ti confronti, vediamo cosa fare... serve proprio per stemperare questo senso di colpa che subentra molto, molto frequentemente, perché purtroppo è un meccanismo della nostra mente”, sottolinea Petrino.

Di tempo ce n’è. La vittima di una sospetta violenza sessuale viene mandata in ginecologia dove vengono effettuati i prelievi biologici. I campioni vengono inviati alle strutture di medicina legale, dove vengono conservati per 15 anni.

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