Sebastiao Salgado, considerato il più importante fotografo autore di documentari del nostro tempo, fa capire che il suo lavoro, il suo ultimo progetto cominciato una decina di anni fa alle Galapagos e sviluppatosi in angoli 'perduti' del mondo, è un inno alla vita, al mondo “com'era e com'è”. Un viaggio alla scoperta del “nostro ambiente”, con una forte valenza spirituale nei confronti della natura, ma anche un grido di allarme: “ci deve essere l'impegno di tutti per lavorare per salvare il nostro pianeta”.
Salgado è a Venezia, ai 'Tre Oci' alle Zitelle, per la vernice della mostra "Genesi" - aperta dal 1° febbraio all'11 maggio - che, attraverso 240 fotografie, documenta la sua ricerca tesa a contribuire alla salvaguardia del pianeta, a un cambio dello stile di vita, a creare una nuova armonia tra uomo e natura.
Il fotografo parla del suo prossimo progetto, del fatto che i soldi per i grandi interventi a favore di un nuovo rapporto tra uomo e natura si possono trovare, basta cambiare prospettiva, del bisogno di lavorare “per non lasciare un deserto attorno a noi”. Ma a 'urlare' sono soprattutto le sue foto.
ATS/Swing