Una nazione lacerata dalle divisioni interne, sempre più insicura e con un’economia al collasso. E’ l’immagine del Venezuela che ci siamo fatti dopo la chiacchierata telefonica con il mesolcinese Giorgio Tonella , attivo da più di quarant’anni nel paese sudamericano, alla Universidad de los Andes di Mérida, e già professore all’USI dal 1997 al 2008.
Una chiacchierata iniziata proprio da Mérida e dalla regione andina, da dove sono partite le proteste delle ultime settimane contro il Governo Maduro durante le quali sono morte più di 20 persone e centinaia di altre sono finite dietro le sbarre.
"Qui l’opposizione è forte – ci spiega Tonella –, il sindaco della città, eletto in dicembre, è dell’opposizione. Lo Stato da dove è partita la resistenza è però quello accanto di Tachira, alla frontiera con la Colombia. Tutto è iniziato dopo l’arresto di cinque studenti che sono stati spediti in un carcere a 800 chilometri di distanza. Gli altri giovani sono scesi nelle strade per protesta, appoggiati anche dal resto della popolazione confrontata con un’inflazione altissima e con la scarsità di cibo, benzina e altri beni”.
L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nel 2013 ha superato il 70%. E la situazione è ancora più grave nelle regioni di confine. Come ci si procura i beni di prima necessità?
“Il cambio ufficiale all’importazione, a dipendenza del tipo di prodotto, è fissato tra i 6 e i 17 bolivar per un dollaro. Il cambio sul mercato nero ha invece già superato negli ultimi tempi i 90 bolivar per un dollaro. Quindi, a dipendenza dei canali di importazione, certi prodotti si trovano a volte a prezzi bassi, altre volte altissimi. Il problema è anche che certe cose non si trovano proprio. La carta igienica manca ormai da mesi. Le medicine scarseggiano. Poi non ci sono farina, zucchero, olio. Questa mattina abbiamo trovato un litro di olio e per noi è una festa! In ogni caso le catene di supermercati sono in mano al Governo e bisogna fare delle code di diverse ore per poter comprare qualcosa”.
La coda la si fa anche in auto per le barricate dell’opposizione…
“Domenica scorsa ci hanno invitati a pranzo in una località che normalmente si raggiunge in 20-25 minuti di automobile. Questa volta ci abbiamo messo però quattro ore e mezzo: c’erano delle barricate. Ad un certo punto, quando eravamo in coda, sono arrivati in sella a delle moto dei civili armati di pistole, probabilmente appartenenti ad un gruppo controllato dal Governo. Hanno cercato di far togliere i blocchi, ma sono stati respinti dagli oppositori che erano presenti in massa”.
La situazione della sicurezza è dunque peggiorata negli ultimi tempi?
"Sì. Noi abitiamo vicino al centro e uscire dopo le sei di sera è molto pericoloso. Prima non era così. Se si passa sui viadotti che portano in città sembra di vivere in un paese in guerra per via delle barricate. In alcune case del nostro quartiere ci sono stati dei sequestri di persona in pieno giorno. Il problema è che in Venezuela ci sono molte fazioni, molti gruppi anarchici. Anche la mafia russa e i cinesi hanno i loro interessi. Mérida rimane comunque molto più sicura della capitale Caracas”.
Cosa si può dire sul fronte della censura?
“Il Governo controlla una decina di canali televisivi e molte radio locali tramite sue persone. Anche Globovision, che era una tv considerata antichavista, è diventata per così dire più moderata. I giornali, da parte loro, hanno il problema dell’importazione della carta, che è controllata dal Governo. Quelli di opposizione semplicemente non possono essere stampati perché non c’è carta. Le informazioni si raccolgono dunque in internet e la protesta si organizza nei social network, anche se certi giorni nello Stato qui vicino del Tachira la rete è rimasta bloccata per alcune ore”.
Prima della morte di Hugo Chavez, un anno fa, il Venezuela sembrava più stabile. Quali sono stati a suo avviso gli errori commessi dal nuovo presidente, e delfino di Chavez, Nicolas Maduro?
“Innanzitutto bisogna dire che Maduro non può godere dell’appoggio popolare che aveva Chavez e neppure di un appoggio compatto all’interno del suo fronte. Poi Maduro non ha l’esperienza, l’intelligenza e il carisma che aveva Chavez. Dal punto di vista economico avrebbe dovuto svalutare molto di più il bolivar in modo da avere più denaro a disposizione per l’azione di Governo, anche se non è mai facile convincere la popolazione della bontà di questa scelta. Non è riuscito a creare lavoro per i giovani. La burocrazia è aumentata notevolmente; ci sono ben 110 viceministri. Pensiamo poi che all’inizio dell’era Chavez circa il 24% delle esportazioni non era legato al petrolio, ora questa quota si è ridotta solo al 4%. La fortuna per Maduro è che il prezzo del petrolio è rimasto alto, altrimenti la ribellione sarebbe scoppiata prima”.
Professor Tonella, fra poche ore lei sarà di nuovo in Svizzera, a Grono. Considerato quanto ci ha raccontato pensa di far ritorno in Venezuela?
“Sì sì, a inizio luglio torno a Mérida".
E che situazione si aspetta di trovare?
“Non so. Discuto sempre con i miei colleghi in università. Non si vede una soluzione. Un amico ha deciso di emigrare a Panama. Tutti pensano che se dovesse accadere qualcosa sarebbe un golpe, anche se i militari sono divisi al loro interno. Questa crisi secondo me durerà almeno vent’anni. Il chavismo ha portato delle cose buone, un esempio sono le pensioni per gli anziani, ma anche grandi divisioni interne. Ho visto professori che erano molto amici e che ora non si parlano più perché sono su fronti politici opposti. E forse non si è ancora toccato il fondo di questa situazione. Ma sa, bisogna essere ottimisti".
Mattia Coste
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MODEM 0830 - La situazione in Venezuela. La testimonianza di Giorgio Tonella e le considerazioni di Walter Suter (ex ambasciatore svizzero a Caracas), Loris Zanatta (professore Universit? di Bologna) e del giornalista Maurizio Campisi.
RSI Info 10.03.2014, 10:04
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