Un’enorme collina, lo sguardo che spazia dal Mar Morto in lontananza alla vicina periferia di Gerusalemme. È in quest’angolo della Cisgiordania ai bordi del deserto e della Città Santa che il governo di Netanyahu ha deciso di ampliare l’occupazione dei territori palestinesi.
Nei giorni scorsi è stato approvato il controverso progetto “E1”: nessun esecutivo israeliano aveva finora reso operativa questa espansione negli ultimi 30 anni, per timore delle critiche internazionali. La colonia ebraica – di fatto una città - di Maale Adumim si unirà a Gerusalemme creando continuità territoriale. La comunità internazionale e le organizzazioni per i diritti umani denunciano: taglierà in due la Cisgiordania.

Il sindaco di Maale Adumim, Guy Yifrach, dichiara alla RSI: “Non è vero, ci sarà una strada dove i palestinesi potranno circolare”. Una rassicurazione che non basta. Anche perché altri piani di espansione di Maale Adumim sono già in preparazione. Uno in particolare – secondo quanto appreso dalla RSI - avrebbe un impatto devastante: quello in direzione dell’insediamento di Kedar, dove verranno probabilmente costruite 7’000 nuove unità abitative per altri 30’000 israeliani.
Siamo andati a vedere quella zona: lì da generazioni vive una piccola comunità di beduini, con capre e capanne precarie tra non poche difficoltà. Sull’altro lato della collina spicca una striscia di vegetazione verde: erba e arbusti crescono lungo lo scarico fognario dell’insediamento di Kedar.
Da questa parte della collina, a poche decine di metri dalla casa di Ziad, un paio di settimane fa i coloni hanno collocato cinque nuovi container: sono gli avamposti di un’ulteriore espansione, ritenuta illegale da gran parte della comunità internazionale. Quelle terre – secondo il diritto internazionale – sono dei palestinesi. Secondo Israele, no.

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